La scomparsa degli arcaismi
Inviato: ven, 26 giu 2015 11:30
Prendo spunto da quest’articolo del professor Luigi Matt, nel quale si esaminano gli stili dei narratori italiani contemporanei, per avviare una discussione sulla scomparsa degli arcaismi. Nell’articolo, in particolare, si legge:
Inesorabilmente attratte nell’orbita della lingua comune paiono essere anche quelle narrazioni che guardano alla tradizione: rispetto a qualche anno fa sembra in netto regresso la tendenza ad impreziosire la prosa attraverso l’inserimento di elementi desueti. Gli scrittori che perseguono un ideale di scrittura improntato alla classicità sfruttano le risorse dell’italiano innalzando il registro attraverso soluzioni lessicali e sintattiche che rimangono pur sempre all’interno dei confini della lingua d’uso. […] Il processo di distacco dalla lingua della tradizione appare definitivamente compiuto: il passato non può più essere riattualizzato, ma solo citato. Gli arcaismi, ormai, si trovano quasi unicamente nei testi che si rifanno a qualche forma di plurilinguismo, o comunque in contesti che rendono il loro impiego esibitamente artificiale.
La letteratura italiana dei nostri giorni è ormai separata dalla tradizione, dunque, sí perché gli scrittori perseguono altri ideali, e sí perché, forse, i grandi autori della tradizione non fanno piú parte del canone letterario e del bagaglio culturale di chi si getta nell’impresa di scrivere.
Mi chiedo come possa servire alla letteratura una lingua che si priva di mezzi espressivi come quelli della lingua tradizionale, per imitare la lingua povera, zeppa di frasi fatte, della quotidianità o, peggio, del giornalismo.
Inesorabilmente attratte nell’orbita della lingua comune paiono essere anche quelle narrazioni che guardano alla tradizione: rispetto a qualche anno fa sembra in netto regresso la tendenza ad impreziosire la prosa attraverso l’inserimento di elementi desueti. Gli scrittori che perseguono un ideale di scrittura improntato alla classicità sfruttano le risorse dell’italiano innalzando il registro attraverso soluzioni lessicali e sintattiche che rimangono pur sempre all’interno dei confini della lingua d’uso. […] Il processo di distacco dalla lingua della tradizione appare definitivamente compiuto: il passato non può più essere riattualizzato, ma solo citato. Gli arcaismi, ormai, si trovano quasi unicamente nei testi che si rifanno a qualche forma di plurilinguismo, o comunque in contesti che rendono il loro impiego esibitamente artificiale.
La letteratura italiana dei nostri giorni è ormai separata dalla tradizione, dunque, sí perché gli scrittori perseguono altri ideali, e sí perché, forse, i grandi autori della tradizione non fanno piú parte del canone letterario e del bagaglio culturale di chi si getta nell’impresa di scrivere.
Mi chiedo come possa servire alla letteratura una lingua che si priva di mezzi espressivi come quelli della lingua tradizionale, per imitare la lingua povera, zeppa di frasi fatte, della quotidianità o, peggio, del giornalismo.