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«In iscena»

Inviato: ven, 26 giu 2015 22:20
di Ivan92
Un mio amico possiede diverse locandine di spettacoli teatrali. Sono dei veri e propri reperti storici, cimeli introvabili: il bisnonno le ha custodite gelosamente e ha voluto che venissero tramandate di generazione in generazione. L'altro giorno me n'è capitata una sotto mano: «Una silfide al celeste impero. Opera messa in iscena da Vattelapesca». Quest'i prostetica fa pensare che a quell'epoca —non so a quale anno risalga la locandina in questione— la sequenza -nsc-, con sc equivalente a /ʃ/, fosse inaccettabile. Oggi invece la percezione delle cose è cambiata e s'accetta tutto indistintamente. Da piccolo non sopportavo parole come inconscio, che riuscivo a pronunciare a malapena proprio a causa di questo nesso. Ora, se è vero che una parola come inconscio è, al giorno d'oggi, italiana a tutti gli effetti, sarei curioso di sapere quale sarebbe stato un suo possibile adattamento alla fonotassi italiana.

Re: «In iscena»

Inviato: sab, 27 giu 2015 9:49
di Infarinato
Sí, il nesso /nʃ/ è [tuttora] estraneo alla fonotassi piú genuina dell’italiano.

L’adattamento completo di (in)conscio sarebbe ovviamente *(in)coscio, come del resto testimonia il piú antico / meno tecnico coscienza. ;)

Inviato: sab, 27 giu 2015 16:52
di Ivan92
La ringrazio. :) /'kɔʃʃo/ è una realizzazione del tutto teorica o le è capitato di sentirla da qualche parte?

Inviato: ven, 03 lug 2015 14:59
di Infarinato
A dire il vero, no… perlomeno non ci ho fatto caso. D’altra parte, (in/sub)conscio appartiene al linguaggio specialistico o comunque alla lingua colta. La maggior parte di chi lo usa tende quindi a pronunciarlo correttamente…

Inviato: sab, 04 lug 2015 0:43
di Ivan92
La ringrazio. :)