Io ho l'impressione che le regole grammaticali nascano perché abbiamo bisogno di loro... cioè di inquadrare in maniera sistematica i problemi, classificare le strutture, categorizzare il molteplice. Serve al cervello per avere a portata di mano dei "cassetti" in cui trovare risposta agli infiniti casi reali che gli si presenteranno nella comunicazione, ma che non può avere già studiato - tutti - a memoria.
In effetti, accanto alle "regole" esistono quasi sempre le espressioni idiomatiche, cioè tutte quelle frasi che non si riescono a spiegare con nessuna regola, ma che funzionano, e basta, nel senso che il parlante le usa, le sa usare, capisce perfettamente il loro uso da parte di altri.
Del resto, se torniamo indietro nella storia delle lingue, si vede che in genere prima nasce la comunicazione (è una necessità primaria), poi si tenta di "normarla" in modo da renderne stabili le forme, e quindi condivisibili da un maggior numero di utenti e per tempi più lunghi.
Viceversa, lingue studiate "a tavolino" e poi immesse nel mondo hanno sempre attecchito a fatica (tipo l'esperanto, che esiste, ma pochi lo usano).
Istintivamente, sento differenza fra:
- penso che mi piacerà lavorare -> è un pensiero molto concreto, legato alla realtà: so che domani andrò a lavorare, e penso che questo mi piacerà;
- penso che mi piacerebbe lavorare -> è un pensiero che resta ipotesi: non so se realmente riuscirò a lavorare, ma se questo accadesse, penso che mi piacerebbe. Non ho nessuna certezza, quindi l'ipoteticità è implicita nel senso che voglio esprimere, nella mia realtà di fatto, indipendentemente che la forma grammaticale e la frase lo sottintendano o lo esprimano.
- penso che mi piaccia lavorare -> è un pensiero, concreto, nell'attuale: sto lavorando e penso che mi piaccia. Grammaticalmente corretto, però se stessi correggendo un tema, un commentino glielo farei: "deciditi!". Perché a logica se sto facendo una cosa, mi vien da pensare che la valuto e basta: mi piace / non mi piace. Suona strano questo indugio: sto lavorando, quindi dovrei avere un'idea ben precisa, a meno che veramente non stia ancora valutando e cercando di capire il mio gradimento verso le azioni che svolgo. Insomma, è un po' amletico, e limitato a situazioni particolari: azione in atto e dubbio su di essa, o giudizio sospeso.
Sceglierei una delle tre a seconda della singola situazione, perché hanno sensi precisi e diversi.
Credo che sia la differenza intercorrente fra il madre-lingua e l'ottimo parlante "di scuola" (alla medesima maniera, faticherò sempre a discernere cosa usare in inglese fra frasi apparentemente simili... solo che con l'inglese ci tranquillizziamo pensando "è una lingua primitiva che non ha grammatica... poverini...")

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