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[xMAR] Terza persona plurale dei verbi

Inviato: lun, 05 ott 2015 0:58
di Ivan92
Nella provincia d'Ancona, i verbi coniugati alla terza persona plurale presentano una e finale al posto della o, vocale cólla quale, in italiano, terminano tutt'i verbi coniugati in questa guisa: vànne (vanno), dícene (dicono), pàrlane (parlano), vòlene (vogliono), ecc. È un fenomeno riscontrabile in altre zone? E quale potrebbe essere la sua origine?

Inviato: lun, 05 ott 2015 14:10
di Millermann
Interessante! Nel mio dialetto, invece, è la terza persona singolare dei verbi a uscire sempre in -e, anche per quelli della prima coniugazione, che normalmente (in italiano, e anche in altri dialetti della provincia di Cosenza) hanno la desinenza -a. :)
Cosí: parle, mange, dice, vène...
Fanno eccezione solo i monosillabi, come fa, va, (vuole).
La terza persona plurale si forma sempre aggiungendo la desinenza -nu a quella singolare, ottenendo: pàrlenu, màngenu, dícenu, vènenu, e anche fanu, vanu, vònu (laddove, in altri dialetti, si direbbe: fannu, vannu, vònnu).

Inviato: lun, 05 ott 2015 14:24
di Pugnator
Io so che in alcuni dialetti abruzzesi della lingua napoletana spesso la sceva si scrive in -e mentre invece in altri dialetti abruzzesi del napoletano la e non solo si scrive ma si pronuncia pure. Ad esempio il grido usato dai rivoltosi durante la rivolta di Sulmona era "Jamme mo" e sentendo varie canzoni di gruppi popolari ho notato che alcuni pronunciano la e come una e di tono normale mentre altri la pronunciano con la sceva.

Inviato: lun, 05 ott 2015 14:39
di Ferdinand Bardamu
Si tratta di un diverso trattamento della -NT latina rispetto all’italiano, con l’aggiunta epitetica della vocale -e a una desinenza che perdette la dentale nel latino volgare.

Quanto alla sovrestensione di -ene a verbi di altre coniugazioni diverse dalla seconda, essa è dettata dall’analogia. Come d’altra parte a ragioni analogiche è dovuto l’allargamento di -ono anche ai verbi della seconda coniugazione latina (es. vedono VĬDENT) e la vocale finale -o della desinenza italiana. A quest’ultimo riguardo riporto le parole del Rohlfs (Grammatica storica dell’italiano e dei suoi dialetti, vol. II Morfologia, Torino: «Einaudi», 1968, § 532):
  • La -o finale delle forme attestate sin dai piú antichi documenti (cantano, vedono, sentono) potrebbe essere analogica a quella di sono ‹ s u n t, la quale a sua volta è dovuta ad analogia a sono ‹ s u m, stabilitasi in un tempo in cui accanto all’antico son (‘io sono’) andava sempre piú prendendo piede la forma analogica sono (canto, vedo)1.

    1 Secondo altri, l’o di sono sarebbe un’eco della vocale tonica, cosí come in este ‹ e s t […].

Inviato: lun, 05 ott 2015 15:20
di Ivan92
La ringrazio, caro Ferdinand. :) Sa se è un fenomeno galloitalico o dei dialetti centro-meridionali?

Inviato: lun, 05 ott 2015 15:36
di Ferdinand Bardamu
Nell’Italia settentrionale, dopo una fase antica in cui la desinenza non presentava epitesi, in corrispondenza con quanto accade nelle lingue romanze occidentali, es. cantan, si è avuto il dileguo della nasale, con conseguente conguaglio di terza e sesta persona in un’unica forma.

In veneto, ad esempio, si dice el magna (=[egli] mangia) e i magna (=[essi] mangiano).

Inviato: lun, 05 ott 2015 15:52
di Ivan92
Ferdinand Bardamu ha scritto:In veneto, ad esempio, si dice el magna (=[egli] mangia) e i magna (=[essi] mangiano).
Anche qui accade piú o meno la stessa cosa: lu magna e lora magna/lora màgnane.

Comunque, non credo d'aver capito bene. Mi riferivo all'epítesi della vocale -e. È un fenomeno prettamente galloitalico oppure no? Per esempio, in quest'articolo si legge: mo isti dicene ca volene 3 milioni di euru, che credo equivalga al mio adè quessi dicene che volene 3 mijjoni de euro. Insomma, sembra sia un fenomeno linguistico che riguarda gran parte della penisola.

Inviato: lun, 05 ott 2015 16:12
di Ferdinand Bardamu
Ma intende chiedere se la e paragogica o, in generale, qualunque suono epitetico siano tipici di qualche zona particolare? Infarinato ci potrà dare informazioni piú dettagliate e corrette, ma da quel che leggo nel Rohlfs (op. cit., vol. I Fonetica, Einaudi: «Torino», 1966, § 335) credo che sia un fenomeno pressoché esclusivo dell’Italia centromeridionale. Al Settentrione fa eccezione forse solo il veneto, in cui una parola come sport può essere adattata nella pronuncia anche in sporte (ma piú spesso in spor).

Inviato: lun, 05 ott 2015 16:15
di Ivan92
Ferdinand Bardamu ha scritto:Ma intende chiedere se la e paragogica o, in generale, qualunque suono epitetico siano tipici di qualche zona particolare?
Esattamente. :)
Ferdinand Bardamu ha scritto:Infarinato ci potrà dare informazioni piú dettagliate e corrette…
Bene, lo aspetteremo. :P

La ringrazio ancora, caro Ferdinand. :)

Inviato: lun, 05 ott 2015 16:40
di Ferdinand Bardamu
Son quasi certo, comunque, che al Settentrione — con la parziale eccezione del veneto, come dicevo — la e paragogica sia sconosciuta. Infarinato ne parlò, se non vado errato, in qualche luogo che non riesco a ritrovare.

L’assenza d’epitesi vocalica al Norde si spiega con la presenza nei dialetti di parole uscenti in consonante o in gruppi consonantici. In trentino si dice fort per forte; ricordiamo anche il titolo della famosa canzone di Jannacci, El purtava i scarp del tennis.

Il veneto, fra tutti i dialetti settentrionali, è quello che conserva meglio le vocali finali, soprattutto il veneto centrale, nel quale le uniche vocali finali che cadono sono quelle che seguono -n: si dice infatti mestièro invece che mestièr, magnare invece che magnar, ninzolo invece che ninzol (=lenzuolo), ma can e pan per cane e pane.

Re: [xMAR] Terza persona plurale dei verbi

Inviato: lun, 05 ott 2015 21:11
di valerio_vanni
Ivan92 ha scritto:Nella provincia d'Ancona, i verbi coniugati alla terza persona plurale presentano una e finale al posto della o, vocale cólla quale, in italiano, terminano tutt'i verbi coniugati in questa guisa: vànne (vanno), dícene (dicono), pàrlane (parlano), vòlene (vogliono), ecc. È un fenomeno riscontrabile in altre zone?
L'ho sentito anche nella valle del Cesano.

Paragoge nei dialetti liguri

Inviato: lun, 05 ott 2015 22:04
di Ligure
La paragoge di -e esiste nei dialetti liguri. Nel socioletto popolare genovese i monosillabi - non, però, quelli verbali - subivano l'epitesi di -e. Regolarmente se il monosillabo chiudeva la frase. A causa della stigmatizzazione sociale il fenomeno risulta in forte regresso. Si avevano ciűe, lâe, lîe, mîe, tîe per ciü = più, la = là, li = lì, mi = io, ti = tu ... . Si passava da vocale breve a vocale lunga seguita dall'-e epitetica. Se il monosillabo era “chiuso”, avveniva lo stesso fenomeno del toscano popolare. La vernice nera non era quasi mai pronunciata come u brèk - da black -, ma si diceva quasi sempre u brèkke et c. . Quindi - anche in questo caso - si passava da una a due sillabe. Ad es.: "dagghe d'u brèkke" = dipingila/lo di nero. Non ricordo se il Rohlfs ne tratti.

Re: [xMAR] Terza persona plurale dei verbi

Inviato: lun, 05 ott 2015 22:06
di Ivan92
valerio_vanni ha scritto:L'ho sentito anche nella valle del Cesano.
Interessante. Ma che zone frequenta di preciso? Quelle del pesarese? Se fosse cosí, non tutti i dialetti gallo-italici sarebbero immuni dall'epítesi.

Re: [xMAR] Terza persona plurale dei verbi

Inviato: mar, 06 ott 2015 0:39
di valerio_vanni
Media valle del Cesano: San Lorenzo in Campo e Pergola.
Lì di gallo-italico non c'è molto.

Inviato: gio, 08 ott 2015 15:53
di Ivan92
La ringrazio dell'informazione, caro valerio. Sí, Pergola può essere considerata una propaggine della zona anconitana, nonostante si trovi nel pesarese. Questo confermerebbe quel che ha detto il buon Ferdinand. Ma, a questo punto, che valenza dovremmo dare al contributo di Ligure (che ringrazio d'essere intervenuto)? È l'eccezione che conferma la regola?