Precisazioni sugli stereotipi delle parlate regionali
Moderatore: Dialettanti
- Millermann
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Giusto per mia curiosità (scusate se insisto ): di frasi «no state desmentegar» ci sono numerosi esempi in Rete.
Siete proprio sicuri che non può essere al singolare? Perché qui, ad esempio, un amico dice all'altro:
«Ciao, me racomando, meti tuto in valisa e no state desmentegar niente, non soeo e papusse da camera o el spassoin da denti, ma sopratuto no state desmentegar a machina fotografica!!!»
Ora, anche se non parlo veneto, mi sembra di capire che le raccomandazioni siano in seconda persona singolare: non dimenticare le pantofole, lo spazzolino, eccetera. Come mai, allora, usa no state? Vuole forse dire no sta te?
Siete proprio sicuri che non può essere al singolare? Perché qui, ad esempio, un amico dice all'altro:
«Ciao, me racomando, meti tuto in valisa e no state desmentegar niente, non soeo e papusse da camera o el spassoin da denti, ma sopratuto no state desmentegar a machina fotografica!!!»
Ora, anche se non parlo veneto, mi sembra di capire che le raccomandazioni siano in seconda persona singolare: non dimenticare le pantofole, lo spazzolino, eccetera. Come mai, allora, usa no state? Vuole forse dire no sta te?
In Italia, dotta, Foro fatto dai latini
- Ferdinand Bardamu
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Ma certo che è al singolare. Infatti ciò che contesto a Rohlfs non è tanto la forma dell’esempio veneto, quanto la traduzione che ne ha fatto: no state desmentegar(e) vuol dire non dimenticarti non non dimenticate.
Il valore di èssare in via fare è progressivo e vale èssare indrio fare. Sicuramente ho sbagliato nell’analisi del costrutto (effettivamente la pronuncia varia da èssare invià fare a èssare in via fare, secondo il ritmo) ma sul suo valore non ho alcun dubbio. E, le assicuro, non è per nulla idiolettale.
Carissima Sixie, da me si dice èssare indrio fare: non so che dirle, so solo che tutti dicono cosí, che la mia nonna diceva cosí, cosí pure i miei genitori, i miei amici della Bassa e anch’io.Sixie ha scritto:Ferdinand , non può essere indrio, che significa indietro/addietro ( Piero l'è restà indrio), ma solamente drio - dietro - in funzione di componente verbale dei tanti verbi come : andar drio ( seguire, prendersi cura); dar drio ( dare, affidare); èssare drio (stare per+infinito).
No, non è affatto lessico famigliare! È un uso proprio della Bassa veronese, e il fatto che lei, che è polesana, non l’abbia mai sentito non è affatto probante. Riguardo ai miei amici, ho omesso di precisare «i miei amici che non sono della Bassa veronese».Sixie ha scritto:Il suo èsare invià fare non l'ho mai sentito, ( e d'altra parte, se nemmeno i suoi amici del veronese lo dicono, deve essere proprio un suo lessico famigliare), ma potrebbe anche essere un èsare in via (de) fare, questo sì, l'ho sentito, per stare per+infinito.
Il valore di èssare in via fare è progressivo e vale èssare indrio fare. Sicuramente ho sbagliato nell’analisi del costrutto (effettivamente la pronuncia varia da èssare invià fare a èssare in via fare, secondo il ritmo) ma sul suo valore non ho alcun dubbio. E, le assicuro, non è per nulla idiolettale.
Personalmente, credo che abbia ragione Millermann: si tratta di una svista del Rohlfs, che ha tradotto male. Mi pare molto strano che Rohlfs possa aver confuso non solo due zone geografiche diverse, ma anche due stadi diversi della lingua; e che, per soprammercato, ci abbia messo dentro anche un bel refuso, ossia state per stade. Una serie di sfortunati eventi piuttosto improbabile, non crede?Sixie ha scritto:Forse ho trovato anche il motivo di quel no state dexmentegar del Rohlfs : è congiuntivo presente stade, ma non del veronese, come aveva giustamente notato, ma del bellunese arcaico, come avevo intuito.
Non è lei che insiste, caro Millermann, è Ferdinand che 'l va senpre drìo, ma a ragione, questa volta , ché l'ho trovato, infine, quel èsare indrìo fare, fare, stare facendo, nel Vocabolario polesano di Giovanni Beggio, autore di Badia Polesine, località dell'Alto Polesine a poca distanza dalla Bassa veronese.Millermann ha scritto:Giusto per mia curiosità (scusate se insisto )
L'altro modo per dire "cosa stai dicendo", invece, non lo trovo in nessun dizionario in mio possesso; cossa sito invià fare ...
còssa sì-to in via fare ... còssa sìto in (via) volta (a) fare ....
Vìa per dire modo, maniera; o anche volta (de) per indicare un movimento.
We see things not as they are, but as we are. L. Rosten
Vediamo le cose non come sono, ma come siamo.
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-
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La Sua osservazione m'ha rivelato l'esistenza del verbo dismenticare, oramai antico nell'italiano, ma in piena vigoria in qualche parlata regionale.Millermann ha scritto:Giusto per mia curiosità (scusate se insisto ): di frasi «no state desmentegar» ci sono numerosi esempi in Rete.
Siete proprio sicuri che non può essere al singolare? Perché qui, ad esempio, un amico dice all'altro:
«Ciao, me racomando, meti tuto in valisa e no state desmentegar niente, non soeo e papusse da camera o el spassoin da denti, ma sopratuto no state desmentegar a machina fotografica!!!»
Ora, anche se non parlo veneto, mi sembra di capire che le raccomandazioni siano in seconda persona singolare: non dimenticare le pantofole, lo spazzolino, eccetera. Come mai, allora, usa no state? Vuole forse dire no sta te?
Resto dell'opinione che il non insegnare ai ragazzi le lingue strettamente materne, quelle regionali, assieme all'italiano, è uno spreco di millenni di cultura.
Io nella mia lingua ci credo.
- u merlu rucà
- Moderatore «Dialetti»
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- Millermann
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- Località: Riviera dei Cedri
Visto che finora si è parlato di alcuni usi particolari di stare nei vari dialetti, vorrei aggiungere che, oltre al significato, già citato, di abitare, nel mio dialetto questo verbo è quello che si usa tradizionalmente per costare.
Vi faccio qualche esempio:
«Quantu sta [n:]u chil'i pani?» (Quanto costa un chilo di pane?)
«Sta [p:]icca/sta [c:]aru» (Costa poco/è caro)
«Sta [d:]eci èuru» (Costa dieci euro)
Questo significato, già presente in latino, è simile (ma non uguale) all'italiano «a quanto sta?», che però richiede la preposizione «a». Anche in altri dialetti esiste un uso analogo?
Tornando invece all'argomento iniziale, facendo piú attenzione ho notato che (sebbene non lo faccia mai parlando in dialetto), quando parlo in italiano colloquiale, mi capita spesso d'usare stare nelle frasi interrogative introdotte da dove, specie se riferite a oggetti: «dove sta la penna?»
Evidentemente, quest'uso centro-meridionale, riguardando anche la capitale, è sempre piú percepito come normale, almeno nelle varianti popolari della nostra lingua.
Vi faccio qualche esempio:
«Quantu sta [n:]u chil'i pani?» (Quanto costa un chilo di pane?)
«Sta [p:]icca/sta [c:]aru» (Costa poco/è caro)
«Sta [d:]eci èuru» (Costa dieci euro)
Questo significato, già presente in latino, è simile (ma non uguale) all'italiano «a quanto sta?», che però richiede la preposizione «a». Anche in altri dialetti esiste un uso analogo?
Tornando invece all'argomento iniziale, facendo piú attenzione ho notato che (sebbene non lo faccia mai parlando in dialetto), quando parlo in italiano colloquiale, mi capita spesso d'usare stare nelle frasi interrogative introdotte da dove, specie se riferite a oggetti: «dove sta la penna?»
Evidentemente, quest'uso centro-meridionale, riguardando anche la capitale, è sempre piú percepito come normale, almeno nelle varianti popolari della nostra lingua.
In Italia, dotta, Foro fatto dai latini
«Quantu sta [n:]u chil'i pani?» (Quanto costa un chilo di pane?)
«Sta [p:]icca/sta [c:]aru» (Costa poco/è caro)
«Sta [d:]eci èuru» (Costa dieci euro)
Io dico vegnére (a costare) :
Cossa vienlo on chilo de pan? El vien pochi /tanti schèi.
Non abbiamo un verbo per dire "costare" e nemmeno "valere", e se li usiamo li prendiamo in prestito dall'italiano.
In alternativa, èsare per "costare" : cossa/cuanto xelo ....
«Sta [p:]icca/sta [c:]aru» (Costa poco/è caro)
«Sta [d:]eci èuru» (Costa dieci euro)
Io dico vegnére (a costare) :
Cossa vienlo on chilo de pan? El vien pochi /tanti schèi.
Non abbiamo un verbo per dire "costare" e nemmeno "valere", e se li usiamo li prendiamo in prestito dall'italiano.
In alternativa, èsare per "costare" : cossa/cuanto xelo ....
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Vediamo le cose non come sono, ma come siamo.
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- u merlu rucà
- Moderatore «Dialetti»
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Anche in ligure si usa venire: cant u ven? e pure nell'italiano regionale: quanto viene?Sixie ha scritto:«Io dico vegnére (a costare) :
Cossa vienlo on chilo de pan? El vien pochi /tanti schèi.
Non abbiamo un verbo per dire "costare" e nemmeno "valere", e se li usiamo li prendiamo in prestito dall'italiano.
In alternativa, èsare per "costare" : cossa/cuanto xelo ....
Largu de farina e strentu de brenu.
- Millermann
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- Iscritto in data: ven, 26 giu 2015 19:21
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Be', in effetti venire si usa anche qui («quantu vene?» e anche, piú raramente, «quantu vene a sta'?»). Sono, forse, espressioni meno frequenti (un po' come in italiano, del resto), e non si dice, ad esempio «vene caru», ma solo «sta caru».
Quest'uso di stare, dicevo, è preso pari pari dal latino (come gran parte del lessico di queste parti, del resto ). Però anche qui, ormai, l'influenza dell'italiano s'è fatta sentire, e si sente dire sempre piú spesso «custa'» al posto di «sta'».
Quest'uso di stare, dicevo, è preso pari pari dal latino (come gran parte del lessico di queste parti, del resto ). Però anche qui, ormai, l'influenza dell'italiano s'è fatta sentire, e si sente dire sempre piú spesso «custa'» al posto di «sta'».
In Italia, dotta, Foro fatto dai latini
Qui «quante viene?» o «quante gosta?».Ivan92 ha scritto:Anche qui: quanto viè a costà?
Gosta? Come mai l'occlusiva si sonorizza? Mi ricorda molto i dialetti del maceratese!Carnby ha scritto:«quante gosta?»
In alcuni casi in toscano compare la sonorizzazione anche della /k/ iniziale: nelle varianti rustiche del toscano si trovano gostà/gostare, gastigo, gattivo, garota, govone, gabina. Rohlfs ne fa una lista abbastanza completa al § 151 della Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti. Non cita però l'antico toscano galigaio da CALIGĀRIVS.Ivan92 ha scritto:Gosta? Come mai l'occlusiva si sonorizza?
Sempre per quanto riguarda il toscano rustico, si può arrivare anche a «cante 'iene?» e «cante gosta?». Mi scuso per l'imprecisione.
- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
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- Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
- Località: Legnago (Verona)
La ringrazio.
Due domande: se la sonora rimpiazza la sorda, la gorgia va a farsi benedire, giusto? E poi: il fenomeno riguarda i dialetti toscani in generale o soltanto alcuni di essi?Carnby ha scritto:In alcuni casi in toscano compare la sonorizzazione anche della /k/ iniziale.
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