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Inviato: ven, 15 apr 2016 21:34
di Millermann
Giusto per mia curiosità (scusate se insisto :P): di frasi «no state desmentegar» ci sono numerosi esempi in Rete.
Siete proprio sicuri che non può essere al singolare? Perché qui, ad esempio, un amico dice all'altro:
«Ciao, me racomando, meti tuto in valisa e no state desmentegar niente, non soeo e papusse da camera o el spassoin da denti, ma sopratuto no state desmentegar a machina fotografica!!!»
Ora, anche se non parlo veneto, mi sembra di capire che le raccomandazioni siano in seconda persona singolare: non dimenticare le pantofole, lo spazzolino, eccetera. Come mai, allora, usa no state? Vuole forse dire no sta te? :?

Inviato: sab, 16 apr 2016 0:00
di Ferdinand Bardamu
Ma certo che è al singolare. :) Infatti ciò che contesto a Rohlfs non è tanto la forma dell’esempio veneto, quanto la traduzione che ne ha fatto: no state desmentegar(e) vuol dire non dimenticarti non non dimenticate.
Sixie ha scritto:Ferdinand , non può essere indrio, che significa indietro/addietro ( Piero l'è restà indrio), ma solamente drio - dietro - in funzione di componente verbale dei tanti verbi come : andar drio ( seguire, prendersi cura); dar drio ( dare, affidare); èssare drio (stare per+infinito).
Carissima Sixie, da me si dice èssare indrio fare: non so che dirle, so solo che tutti dicono cosí, che la mia nonna diceva cosí, cosí pure i miei genitori, i miei amici della Bassa e anch’io.
Sixie ha scritto:Il suo èsare invià fare non l'ho mai sentito, ( e d'altra parte, se nemmeno i suoi amici del veronese lo dicono, deve essere proprio un suo lessico famigliare), ma potrebbe anche essere un èsare in via (de) fare, questo sì, l'ho sentito, per stare per+infinito.
No, non è affatto lessico famigliare! È un uso proprio della Bassa veronese, e il fatto che lei, che è polesana, non l’abbia mai sentito non è affatto probante. :) Riguardo ai miei amici, ho omesso di precisare «i miei amici che non sono della Bassa veronese».

Il valore di èssare in via fare è progressivo e vale èssare indrio fare. Sicuramente ho sbagliato nell’analisi del costrutto (effettivamente la pronuncia varia da èssare invià fare a èssare in via fare, secondo il ritmo) ma sul suo valore non ho alcun dubbio. E, le assicuro, non è per nulla idiolettale.
Sixie ha scritto:Forse ho trovato anche il motivo di quel no state dexmentegar del Rohlfs : è congiuntivo presente stade, ma non del veronese, come aveva giustamente notato, ma del bellunese arcaico, come avevo intuito.
Personalmente, credo che abbia ragione Millermann: si tratta di una svista del Rohlfs, che ha tradotto male. Mi pare molto strano che Rohlfs possa aver confuso non solo due zone geografiche diverse, ma anche due stadi diversi della lingua; e che, per soprammercato, ci abbia messo dentro anche un bel refuso, ossia state per stade. Una serie di sfortunati eventi piuttosto improbabile, non crede?

Inviato: sab, 16 apr 2016 15:09
di Sixie
Millermann ha scritto:Giusto per mia curiosità (scusate se insisto :P)
Non è lei che insiste, caro Millermann, è Ferdinand che 'l va senpre drìo, ma a ragione, questa volta :oops: , ché l'ho trovato, infine, quel èsare indrìo fare, fare, stare facendo, nel Vocabolario polesano di Giovanni Beggio, autore di Badia Polesine, località dell'Alto Polesine a poca distanza dalla Bassa veronese.
L'altro modo per dire "cosa stai dicendo", invece, non lo trovo in nessun dizionario in mio possesso; cossa sito invià fare ...
còssa sì-to in via fare ... còssa sìto in (via) volta (a) fare ....
Vìa per dire modo, maniera; o anche volta (de) per indicare un movimento. :)

Inviato: sab, 16 apr 2016 15:34
di sempervirens
Millermann ha scritto:Giusto per mia curiosità (scusate se insisto :P): di frasi «no state desmentegar» ci sono numerosi esempi in Rete.
Siete proprio sicuri che non può essere al singolare? Perché qui, ad esempio, un amico dice all'altro:
«Ciao, me racomando, meti tuto in valisa e no state desmentegar niente, non soeo e papusse da camera o el spassoin da denti, ma sopratuto no state desmentegar a machina fotografica!!!»
Ora, anche se non parlo veneto, mi sembra di capire che le raccomandazioni siano in seconda persona singolare: non dimenticare le pantofole, lo spazzolino, eccetera. Come mai, allora, usa no state? Vuole forse dire no sta te? :?
La Sua osservazione m'ha rivelato l'esistenza del verbo dismenticare, oramai antico nell'italiano, ma in piena vigoria in qualche parlata regionale.

Resto dell'opinione che il non insegnare ai ragazzi le lingue strettamente materne, quelle regionali, assieme all'italiano, è uno spreco di millenni di cultura. :cry:

Inviato: lun, 18 apr 2016 19:37
di u merlu rucà
"Non stare a" è anche ligure: nu stà a tucà l'ařamùn! "non toccare il ceppo dell'aratro!"

Inviato: mer, 18 mag 2016 12:10
di Millermann
Visto che finora si è parlato di alcuni usi particolari di stare nei vari dialetti, vorrei aggiungere che, oltre al significato, già citato, di abitare, nel mio dialetto questo verbo è quello che si usa tradizionalmente per costare.
Vi faccio qualche esempio:
«Quantu sta [n:]u chil'i pani?» (Quanto costa un chilo di pane?)
«Sta [p:]icca/sta [c:]aru» (Costa poco/è caro)
«Sta [d:]eci èuru» (Costa dieci euro)

Questo significato, già presente in latino, è simile (ma non uguale) all'italiano «a quanto sta?», che però richiede la preposizione «a». Anche in altri dialetti esiste un uso analogo?

Tornando invece all'argomento iniziale, facendo piú attenzione ho notato che (sebbene non lo faccia mai parlando in dialetto), quando parlo in italiano colloquiale, mi capita spesso d'usare stare nelle frasi interrogative introdotte da dove, specie se riferite a oggetti: «dove sta la penna?»
Evidentemente, quest'uso centro-meridionale, riguardando anche la capitale, è sempre piú percepito come normale, almeno nelle varianti popolari della nostra lingua. :)

Inviato: mer, 18 mag 2016 17:44
di Sixie
«Quantu sta [n:]u chil'i pani?» (Quanto costa un chilo di pane?)
«Sta [p:]icca/sta [c:]aru» (Costa poco/è caro)
«Sta [d:]eci èuru» (Costa dieci euro)

Io dico vegnére (a costare) :
Cossa vienlo on chilo de pan? El vien pochi /tanti schèi.
Non abbiamo un verbo per dire "costare" e nemmeno "valere", e se li usiamo li prendiamo in prestito dall'italiano.
In alternativa, èsare per "costare" : cossa/cuanto xelo ....

Inviato: mer, 18 mag 2016 17:57
di u merlu rucà
Sixie ha scritto:«Io dico vegnére (a costare) :
Cossa vienlo on chilo de pan? El vien pochi /tanti schèi.
Non abbiamo un verbo per dire "costare" e nemmeno "valere", e se li usiamo li prendiamo in prestito dall'italiano.
In alternativa, èsare per "costare" : cossa/cuanto xelo ....
Anche in ligure si usa venire: cant u ven? e pure nell'italiano regionale: quanto viene?

Inviato: mer, 18 mag 2016 18:54
di Ivan92
Anche qui: quanto viè a costà?

Inviato: mer, 18 mag 2016 20:11
di Millermann
Be', in effetti venire si usa anche qui («quantu vene?» e anche, piú raramente, «quantu vene a sta'?»). :D Sono, forse, espressioni meno frequenti (un po' come in italiano, del resto), e non si dice, ad esempio «vene caru», ma solo «sta caru».

Quest'uso di stare, dicevo, è preso pari pari dal latino (come gran parte del lessico di queste parti, del resto :)). Però anche qui, ormai, l'influenza dell'italiano s'è fatta sentire, e si sente dire sempre piú spesso «custa'» al posto di «sta'».

Inviato: mer, 18 mag 2016 22:18
di Carnby
Ivan92 ha scritto:Anche qui: quanto viè a costà?
Qui «quante viene?» o «quante gosta?». :)

Inviato: mer, 18 mag 2016 23:38
di Ivan92
Carnby ha scritto:«quante gosta?»
Gosta? Come mai l'occlusiva si sonorizza? Mi ricorda molto i dialetti del maceratese!

Inviato: gio, 19 mag 2016 9:53
di Carnby
Ivan92 ha scritto:Gosta? Come mai l'occlusiva si sonorizza?
In alcuni casi in toscano compare la sonorizzazione anche della /k/ iniziale: nelle varianti rustiche del toscano si trovano gostà/gostare, gastigo, gattivo, garota, govone, gabina. Rohlfs ne fa una lista abbastanza completa al § 151 della Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti. Non cita però l'antico toscano galigaio da CALIGĀRIVS.

Sempre per quanto riguarda il toscano rustico, si può arrivare anche a «cante 'iene?» e «cante gosta?». Mi scuso per l'imprecisione. :)

Inviato: gio, 19 mag 2016 10:08
di Ferdinand Bardamu
Una domanda: quella e di quante/cante non si dovrebbe intendere come e’ (pronome pleonastico), e non si dovrebbe quindi scrivere quant’e’?

Inviato: gio, 19 mag 2016 10:33
di Ivan92
La ringrazio. :)
Carnby ha scritto:In alcuni casi in toscano compare la sonorizzazione anche della /k/ iniziale.
Due domande: se la sonora rimpiazza la sorda, la gorgia va a farsi benedire, giusto? E poi: il fenomeno riguarda i dialetti toscani in generale o soltanto alcuni di essi?