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«Finanche»
Inviato: mar, 28 nov 2017 15:16
di draco37
Buongiorno cruscanti,
mi piace molto l'avverbio
finanche in luogo di 'perfino', ma non vorrei abusarne perché non so se possa risultare di ostica comprensione. Pertanto ho consultato diversi dizionari per vedere se fosse d'uso comune o no, i quali peraltro si sono rivelati controversi.
Treccani:
Non Comune
Sabatini-Coletti:
Comune
Zanichelli: Comune
Mavericks (OS X): Letterario
Gabrielli:
Letterario
Secondo voi qual è il giusto responso? Grazie.

Inviato: mar, 28 nov 2017 23:50
di Marco1971
Per me è letterario, fuori della lingua parlata comune.
Inviato: mer, 29 nov 2017 8:45
di draco37
Marco1971 ha scritto:Per me è letterario, fuori della lingua parlata comune.
Idem per
fors'anche?
Inviato: mer, 29 nov 2017 19:25
di PersOnLine
Io nel parlato uso anche financo, e mai nessuno mi ha guardato storcendo la faccia.
Inviato: mer, 29 nov 2017 20:44
di marcocurreli
Fors'anche mi pare abbastanza comune.
Finanche (e anche financo), anche se poco comune, non è sentito come arcaico o desueto.
Inviato: mer, 29 nov 2017 23:56
di Marco1971
draco37 ha scritto:Marco1971 ha scritto:Per me è letterario, fuori della lingua parlata comune.
Idem per
fors'anche?
Sí. Poi bisognerebbe vedere nel contesto, ma nel parlato, contrariamente a quanto le è stato risposto, direi che sono forme marcate, sostituibili con "anche forse" o " perfino/persino". E sicuramente, consultando gli archivi di lingua parlata, non si troverebbero queste forme, proprie della lingua scritta.
Inviato: gio, 30 nov 2017 14:19
di draco37
Grazie per i vostri interventi.
Purtroppo mi capitano spesso dubbi simili, inerenti al regime d'uso. Sono diverse le parole che intendo comuni ma che
invero non lo sono. E nonostante che consulti i dizionari, i dubbi permangono.
Detto fatto:
invero, ad esempio. E per citarne un altro:
sovente.
Esiste dunque una panacea?

Chiedo scusa se stia andando fuori tema.
Inviato: ven, 01 dic 2017 8:46
di olaszinho
Ritengo che tutti i termini indicati nei precedenti messaggî si possano considerare letterarî, come è già stato autorevolmente spiegato, ciò non toglie chi sia possibile impiegarli anche nella lingua parlata; non tutti usano un linguaggio strettamente standard e soprattutto ciascuno ha la possibilità di personalizzare il proprio eloquio con termini più o meno letterarî, cercando di evitare, tuttavia, effetti comici.
Inviato: sab, 02 dic 2017 1:05
di Marco1971
Tutto questo discorso mi riporta a una lezione del mio professore, quando disse: «
E lucevan le stelle lo può dire solo Mario Cavaradossi nell’ultimo atto della Tosca.» Le stelle brillano, rilucono, sfavillano… Dunque: ognuno è naturalmente libero d’impiegare termini letterari anche nel parlato, ma rischia di apparire pedante o fuori luogo o ridicolo. È tutta la questione dei registri di lingua: chi comunica bene sa adattare il proprio linguaggio alla situazione in cui si trova.

Inviato: sab, 30 dic 2017 18:43
di Millermann
Concordo con quanto affermato finora.
Si deve comunque considerare che, in taluni casi, può non essere il «registro» a guidare la scelta dei vocaboli: questa può anche essere influenzata dal dialetto sottostante, e cosí un'espressione in italiano regionale può apparire letteraria o da... opera lirica.

Nel mio dialetto la frase «stanotte le stelle brillavano» sarebbe, piú o meno, «stanotti i stilli lucíenu», ed ecco che la frase di Cavaradossi non sonerebbe piú cosí strana, né tantomeno ridicola. Analogamente, da noi «perfino» si dice «finàncu» (pronunciato /fiˈnaŋɡu/ o /fiˈnaŋ:u/), e perciò questa parola in italiano non mi suona né "ostica" né letteraria. Se non ne faccio uso nel parlato, casomai, è perché mi suona "finanche" popolare!

Inviato: dom, 31 dic 2017 15:11
di u merlu rucà
Anche nel mio dialetto e stele i lüxe le stelle luccicano e sovente è di uso corrente.
Spesso nei dialetti troviamo forme che in italiano sono considerate auliche.
Inviato: dom, 31 dic 2017 16:14
di Ferdinand Bardamu
È vero ciò che dice Merlu: l’estremamente popolare e l’estremamente aulico talvolta si toccano. Nella mia variante del veneto, per fare i primi esempi che mi vengono in mente, ci sono
ombría e
pàndare, anche se hanno accezioni leggermente differenti da quelle italiane:
ombría è, semplicemente,
ombra e
pàndare vale «palesare, rivelare, confessare» e si usa anche nei tempi composti (participio passato
panto).
Ad ogni modo, anche la scelta di vocaboli che, per accidente, appartengono all’italiano formale o letterario pertiene al registro linguistico: un italiano fortemente interferito dal dialetto si usa in genere in un registro colloquiale.