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Subordinata nella protasi: indicativo o condizionale
Inviato: mer, 04 lug 2018 14:55
di spomata
Salve,
sono al primo post in questo forum per me nuovo, quindi spero di non sbagliare sezione né di ripetere una domanda già posta in passato (la ricerca con le parole chiave che ho utilizzato non mi ha portato a nulla di utile).
Elaborando un pensiero poco fa, mi son reso conto di un dubbio che mi attanagliava: in un periodo della possibilità, quale modo verbale utilizzare per una subordinata introdotta dal
che nella protasi?
Ecco l'esempio a seguire con le due alternative tra cui non so decidermi:
Tal dei Tali renderebbe un servigio alla sua famiglia se ammettesse che necessita/necessiterebbe di maggiore esperienza.
L'istinto mi direbbe di utilizzare il condizionale ma, forse anche dovuto alla scelta del verbo, la frase finale mi risulta inutilmente pomposa.
Qual è la vostra opinione in merito?
Ringrazio anticipatamente, un saluto.
Inviato: mer, 04 lug 2018 15:23
di nicodeb
Buon pomeriggio e benvenuto!
Anch'io sono abbastanza nuovo, però ho avuto molto spesso lo stesso dubbio, e quindi intanto provo a darle il mio parere.
Secondo me dipende dal contesto.
Quindi:
1. «Tal dei Tali non è capace di svolgere quel lavoro, e, quindi, renderebbe un servigio alla sua famiglia se ammettesse che necessita di maggiore esperienza.»
oppure
2. «Tal dei Tali renderebbe un servigio alla sua famiglia se ammettesse che, nel caso gli chiedessero di svolgere quel lavoro, necessiterebbe di maggiore esperienza.»
Spero di esserle stato utile e che qualcuno più esperto di me le risponda presto!

Inviato: mer, 04 lug 2018 15:59
di Infarinato
nicodeb ha scritto:2. «Tal dei Tali renderebbe un servigio alla sua famiglia se ammettesse che, nel caso gli chiedessero di svolgere quel lavoro, necessiterebbe di maggiore esperienza.»
In realtà, il quesito iniziale è piuttosto semplice:
se ammettesse (protasi);
renderebbe un servigio (apodosi);
che necessita di… (oggettiva dipendente dalla protasi, cioè subordinata di secondo grado). Il modo e il tempo verbale di quest’ultima dipendono dal verbo in questione (
ammettere, che —nel senso di «riconoscere»— regge l’indicativo) e dal rapporto di contemporaneità, anteriorità o posteriorità col tempo della reggente. Siccome in questo caso il rapporto è di contemporaneità (o di contemporaneità/posteriorità), il tempo giusto è il presente.
Riassumendo: «Tal dei Tali non è capace di svolgere quel lavoro e, quindi, renderebbe un servigio alla sua famiglia se ammettesse che
necessita di maggiore esperienza».

Inviato: mer, 04 lug 2018 16:18
di nicodeb
Anch'io avrei optato più facilmente per il presente indicativo. Però, nel caso il verbo «necessitare» dipendesse da un'ulteriore condizione, bisognerebbe comunque usare il presente indicativo?
Inviato: mer, 04 lug 2018 17:34
di Infarinato
nicodeb ha scritto:Anch'io avrei optato più facilmente per il presente indicativo. Però, nel caso il verbo «necessitare» dipendesse da un'ulteriore condizione, bisognerebbe comunque usare il presente indicativo?
Innanzitutto, semanticamente è tutto molto traballante qui. Uno necessita o non necessita di qualcosa [ora e in futuro], indipendentemente dal fatto che glielo chiedano o no.
Proviamo, allora, a prescindere dal contesto specifico e consideriamo il seguente esempio:
ammetto che, se fosse vero, sarebbe alquanto strano, che è senz’altro grammaticale.
Ergo, potrei anche dire:
farei cosa utile se ammettessi che, se fosse vero, sarebbe alquanto strano.
Tuttavia, a parte l’indiscutibile involutezza del periodo, direi che in mancanza di una condizionale
esplicita (
se fosse vero) una formulazione quale
farei cosa utile se ammettessi che sarebbe alquanto strano risulta piuttosto innaturale rispetto a un piú banale
farei cosa utile se ammettessi che è alquanto strano.
Inviato: mer, 04 lug 2018 17:45
di nicodeb
Chiarissimo! Mi ritrovo completamente.
Inviato: mer, 04 lug 2018 18:34
di spomata
Infarinato ha scritto:In realtà, il quesito iniziale è piuttosto semplice:
se ammettesse (protasi);
renderebbe un servigio (apodosi);
che necessita di… (oggettiva dipendente dalla protasi, cioè subordinata di secondo grado). Il modo e il tempo verbale di quest’ultima dipendono dal verbo in questione (
ammettere, che —nel senso di «riconoscere»— regge l’indicativo) e dal rapporto di contemporaneità, anteriorità o posteriorità col tempo della reggente. Siccome in questo caso il rapporto è di contemporaneità (o di contemporaneità/posteriorità), il tempo giusto è il presente.
La spiegazione è assai chiara, la ringrazio e chiedo scusa per il pensiero un poco contorto fornito come esempio (ho dovuto adattare il punto di partenza ma non mi sono reso conto che cambiare verbo avrebbe potuto generare altre conseguenze).
Vorrei chiederle poi come si fa a diventare così esperti ma la domanda suonerebbe banale e pretenziosa
un saluto!