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*«Aquerello»

Inviato: mer, 29 ago 2018 13:03
di Maestro Italiano
Salve a tutti gli utenti di Cruscate!
Sperando di aver inserito il nuovo filone nella sezione giusta, volevo chiedere agli utenti di Cruscate il Loro parere.
Dunque, il mio povero nonno aveva l'abitudine di bere fuori dai pasti una sorta di bevanda a base di acqua e aceto che chiamava vinello, se ben ricordo. Quando ero piccolo pensavo che si riferisse ad un vino di scarso valore. Col tempo però, parliamo di anni fa, cercando questo termine e ricordandomi degli ingredienti di tale pozione, acqua e aceto appunto, ricollegai questa bevanda a quella che bevevano gli antichi romani, la posca. In un secondo tempo, cerca e ricerca frammezzo a vecchi dizionari di secoli fa venne fuori, assieme a tante altre, la parola aquerello. Non acquarello, che sappiamo tutti cos'è, ma aquerello.
Prima che qualcuno si accinga a pensare "E a me che me ne frega?" passo direttamente alla domanda.
Come si dice dalle vostre parti aquerello, altresì posca?

M.I

Re: Aquerello

Inviato: mer, 29 ago 2018 13:28
di Animo Grato
Maestro Italiano ha scritto:Come si dice dalle vostre parti aquerello, altresì posca?
Non ne ho idea, ma le segnalo che il Treccani (e anche il mio babbo, per quel che conta) registra un secondo acquerello (col raddoppiamento canonico) col significato non di posca, ma di «vinello ottenuto mettendo acqua sulle vinacce, dopo che se n’è tolto il vino, e lasciando posare per qualche tempo».
Per curiosità, le sue (o meglio, quelle del suo nonno) parti, dove si trovano?

Re: Aquerello

Inviato: mer, 29 ago 2018 14:24
di Maestro Italiano
Era di La California, quella italiana, in provincia di Livorno.

Re: Aquerello

Inviato: mer, 29 ago 2018 16:55
di Ferdinand Bardamu
Animo Grato ha scritto:Non ne ho idea, ma le segnalo che il Treccani (e anche il mio babbo, per quel che conta) registra un secondo acquerello (col raddoppiamento canonico) col significato non di posca, ma di «vinello ottenuto mettendo acqua sulle vinacce, dopo che se n’è tolto il vino, e lasciando posare per qualche tempo».
Da me il vinello cosí preparato si chiama(va) graspía.

Inviato: mer, 29 ago 2018 19:15
di Carnby
La terminologia da noi era più complessa e comprendeva acquetta, mezzone e verdea. Maggiori informazioni qui.

Re: Aquerello

Inviato: ven, 31 ago 2018 0:44
di u merlu rucà
Animo Grato ha scritto:
Maestro Italiano ha scritto:Come si dice dalle vostre parti aquerello, altresì posca?
Non ne ho idea, ma le segnalo che il Treccani (e anche il mio babbo, per quel che conta) registra un secondo acquerello (col raddoppiamento canonico) col significato non di posca, ma di «vinello ottenuto mettendo acqua sulle vinacce, dopo che se n’è tolto il vino, e lasciando posare per qualche tempo».
In Liguria occidentale vinéta

Inviato: ven, 31 ago 2018 10:12
di Ligure
Nei dialetti di tipo genovese, che vanno ben oltre il territorio della provincia di Genova e includono il savonese non piemontese e parte del territorio amministrativamente spezzino, vinetta. Ovviamente, è una solenne sciocchezza prendere per valido quanto si afferma nei testi degli autori (e anche in dispense universitarie) in merito al fatto che oltre la linea la Spezia-Rimini (vel sim.) non vi sarebbe più – a nord – geminazione consonantica.

Occorrerebbe "ritagliare" uno spazio per i dialetti di tipo genovese che, in posizione immediatamente postaccentuale, l'hanno tuttora conservata: vinetta /vi'netta/.

E non solo genovese. Normalmente, sulla costa, almeno, avverto la netta differenza in parlanti genuini tra rôcu /'rɔ:ku/ = rauco, roco e Roccu /'rɔkku/ = Rocco certamente fino a Imperia. Dove si avverte ancora bene la differenza tra vocali brevi e lunghe. Il contrasto è lo stesso che si avrebbe in italiano optando per roco anziché rauco. Non intendo dire colla stessa intensità fonetica del Centro di Genova, ma, per altro, fonologicamente ben distinguibile. Pure in italiano la vocale della sillaba aperta è foneticamente più lunga. Anche se, in italiano, è la lunghezza consonantica a essere fonologicamente distintiva. Nei dialetti di tipo genovese, invece, fu la quantità vocalica a essere assunta quale tratto contrastivo. L'italiano non può distinguere, ad esempio, sillabe finali aperte in base alla lunghezza vocalica. Il genovese sì: sci /'ʃi/ vale , ma Scî /'ʃi:/ significa Siro; nel dialetto moderno anche sci (lo sport, gli sci).

Ovviamente, anche se risulta non molto facile stabilire una datazione, il termine intemelio vineta, che qualsiasi dialettofono genovese (inconsapevole dell'incontestabile variabilità linguistica) liquiderebbe semplicisticamente come scorretto o come appartenente a una pronuncia goldoniana (vedi Nota), non può che aver subito una degeminazione non molto antica, in senso storico-evolutivo. Altrimenti, il fonema /-t-/, ottenuto per effetto di degeminazione, avrebbe subito la sorte di /-t-/ etimologico e si sarebbe ridotto allo zero fonico.

Infatti, Ventimiglia ha diu per dito, ma non *vinéa. Ciò implica che – almeno per tutto il periodo in cui i processi di lenizione, manifestatisi come sonorizzazione, approssimantizzazione e, infine, riduzione allo zero fonico (diu), risultarono produttivi – la geminata /-tt-/ non consentì che essi potessero verificarsi.

Lo stadio evolutivo più arcaico è quello spezzino: dido. Per quanto già sottoposto a sonorizzazione. Ma, in seguito, genovese e ventimigliese innovarono: /'di:δu/>/'di:u/.

Poi, il ventimigliese tralasciò (tratto "innovatore" mai verificatosi nei dialetti genovesi) geminazione consonantica e distintività della quantità vocalica.

Quindi – almeno sotto questo aspetto, tutt'altro che secondario nell'ambito della fonologia ligure – andrebbe sfatato il pregiudizio che i dialetti intemeli risultino sempre più conservativi.

La voce genovese vinetta non può che rappresentare uno stadio evolutivo anteriore attraverso il quale i dialetti intemeli non possono che essere transitati. Altrimenti, si avrebbe l'inesistente *vinéa e non vineta!

Morale: la descrizione tradizionale dei dialetti liguri (linea la Spezia-Rimini, arcaicità in toto delle parlate intemelie) è più ricca di pregiudizi (sia pure di scuola) che di aderenza oggettiva alla realtà linguistica e di capacità/potenzialità correttamente esplicative.

Nota: vi fu, ad esempio, un'attrice genovese piuttosto nota che "osò" recitare in commedie goldoniane. I meno inconsapevoli ricordano tuttora l'effetto molto implausibile (tanto per mantenere la penna leggera) di un testo teatrale goldoniano recitato dall'attrice con tutti i fonemi giusti, nel dialetto genovese! Neppure quelli dell'italiano neutro! Molto probabilmente l'attrice stessa e buona parte del pubblico televisivo – di altre provenienze geografiche rispetto ai territori veneto e ligure – non se ne rendevano neppure conto. E, all'epoca, nessuno osava esprimersi in merito ai mostri sacri dello spettacolo…

Inviato: ven, 31 ago 2018 12:58
di Carnby
Aggiornamento: da noi acquarello si usava per ‘vino di scarsa qualità’.

Inviato: mar, 11 set 2018 12:36
di Maestro Italiano
Mi sembra che ci stiamo allontanando dallo scopo del filone, che era quello di trovare un'alternativa lessicale al sostantivo posca. Forse mi sono spiegato male io.
Or dunque, io avrei trovato *acetella. Tale parola si può trovare su Google Ricerca Libri Avanzata.
La domanda rimane la stessa. Posca, una bevanda di acqua e aceto, ha altri nomi dalle vostre parti?

M.I

Inviato: mar, 11 set 2018 13:29
di Carnby
Maestro Italiano ha scritto:
C’è una qualche ragione per cui ha usato un carattere di compatibilità per i sistemi di scrittura cinesi e giapponesi al posto del normale asterisco? Non vuole essere una critica, solo curiosità.
Maestro Italiano ha scritto:Posca, una bevanda di acqua e aceto, ha altri nomi dalle vostre parti?
Ho domandato ai miei genitori: non ne sanno nulla.

Inviato: mar, 11 set 2018 14:02
di Maestro Italiano
Che occhio di lince! No, nessuna ragione particolare. Succede che mi dimentico come accedere per arrivare a questa o quella funzione, ed ecco che opero per vie mnemoniche. Tastiera cinese, in questo caso.
A parte questo, lei, toscano, non era a conoscenza del termine acetella. Nemmeno io lo ero. Io ero rimasto a vinello, la parola proferita spesso dal mio povero nonno.

Re: *«Aquerello»

Inviato: mar, 11 set 2018 17:19
di Carnby
Maestro Italiano ha scritto:una sorta di bevanda a base di acqua e aceto che chiamava vinello
Aggiungo che da me vinello non aveva significati particolari.
Maestro Italiano ha scritto: Non acquarello, che sappiamo tutti cos'è, ma aquerello.
Comunque nella tradizione pittorica italiana si preferisce il fiorentino acquerello, invece della forma con -ar-, più toscano-occidentale e mediana, oggi molto diffusa

Re: *«Aquerello»

Inviato: mer, 19 set 2018 0:27
di Ivan92
Carnby ha scritto:Comunque nella tradizione pittorica italiana si preferisce il fiorentino acquerello, invece della forma con -ar-, più toscano-occidentale e mediana, oggi molto diffusa
A dir la verità, anche qui da me si usa. Tanto acquarello quanto acquerello.