Ferdinand Bardamu ha scritto:Grazie, Merlu, per averci fornito le fonti. Sa per caso se
francu, in quest’accezione, è tuttora usato, magari da qualche parlante anziano?
Rinnovando a tutti gli auguri di Buon anno, colgo l'occasione di ringraziare lei e Infarinato anche per i preziosi riferimenti forniti, che consentono di gettare un po' di luce sulla situazione linguistica del passato.
Fin dal mio primo intervento in merito avevo chiarito
apertis verbis che
libberu non poteva che essere un cultismo, un italianismo, comunque si decida di definirlo.
Meravigliandomi sempre che gli studiosi - o gli appassionati - non riescano (o non accettino), prima ancora di aver consultato la relativa documentazione - non sempre disponibile, occorre dirlo, per tutte le voci dialettali - d'identificarlo come tale già a partire dalla geminazione anetimologica palesemente evidente in tutte le varietà linguistiche di tipo genovese (ma anche in altre).
Per altro, anche nelle varietà linguistiche non genovesi (e prive di geminazione), così come avvenne anche nei dialetti veneti, /-b-/ immediatamente postaccentuale non può che indicare/segnalare italianismo.
Perché l'evoluzione diretta avrebbe condotto a /-v-/ o addirittura - in dipendenza dal dialetto o dal socioletto considerati - allo
zero fonico.
Quindi, a mio modesto avviso, risulterebbe metodologicamente corretto, prima ancora di consultare riferimenti documentali o formulare ipotesi ideologiche - purché siano ragionevoli - controllare il
passaporto del vocabolo.
I
segni caratteristici del vocabolo sono costituiti dalla presenza della geminazione anetimologica o di fonemi quali /-b-/ postaccentuale, che non si poteva più riscontrare negl'inventari fonematici dialettali a motivo dell'intervenuta lenizione. Ciò anche in totale assenza di documentazione storica in merito. La fonetica e la fonologia parlano! Certo, se nessuno le ascolta ...
Inoltre, la voce
franco, proveniente dal francone, se s'intende ampliare il discorso anche in ambito semantico, non può, ovviamente, essere considerata di derivazione diretta in Liguria. Né può, evidentemente, esistere certezza di un prestito diretto dalla lingua francone ai dialetti liguri.
Mentre parrebbe più ragionevole e prudente ritenere l'aggettivo
franco, per l'epoca in cui può essere penetrato nei dialetti liguri, termine proveniente dagli aspetti di lingua più colti o, quanto meno, più sensibili al momento storico e alla cultura del tempo. Quindi, risulta logico il fatto che esso sia stato incluso nelle parlate dialettali con un ambito semantico assolutamente non lontano da quello riscontrabile in tutti gli altri dialetti italiani e, chiaramente, anche nell'italiano stesso.
Tutto ciò esposto, rimane da rispondere alla domanda puntuale da lei formulata.
1) No. Non esistono - e da moltissimi secoli - in tutta la Liguria parlanti anziani che usino
franco quale sinonimo di
libero!
Esattamente come in tutta la Liguria le voci dialettali che rappresentano il sostantivo collegato a
franco (in italiano
franchigia e
franchezza) altri significati non hanno se non quelli corrispondenti alle voci italiane riferite e in nessun dialetto della Regione si può confondere la
franchezza del tratto o la
franchigia dall'imposta col concetto - assai più ampio - di libertà. Né mai alcun dialettofono - per quanto dotato di scarse competenze lessicali - lo farebbe.
L'episodio del
Balilla che, il 5 dicembre del 1746, incitò i propri concittadini a liberarsi dalla presenza delle truppe austriache occupanti, determinò la pubblicazione di una serie innumerevole di componimenti poetici celebrativi in lingua locale dedicati all'evento storico. In cui si possono già riscontrare le condizioni linguistiche attuali, consolidate già da diversi secoli come si può desumere da quanto segue. In essi, ogni tre o quattro versi, compaiono l'equivalente di libertà -
libbertæ /ˌlibber'tɛ:/ - o gli aggettivi
libbera/-u. O gli equivalenti del fatidico sostantivo "liberazione" o del verbo "liberare". Non si riscontrano mai occorrenze di
franco né di aggettivi da esso derivati. Mai! Mentre tutta l'esaltazione della Repubblica aristocratica locale, a partire dai testi del sec. XIV/XV (in poesia e in prosa), sfoggia e utilizza abbondantemente e costantemente il sostantivo
libbertæ e gli aggettivi
libbera/-u. Mai
franca/-u!
Inoltre, si può aggiungere sinteticamente quanto segue:
2) Non esiste assolutamente alcun differenziale semantico relativo all'aggettivo
franco tra il Ponente, il Levante e il Centro (Genovesato) della regione ligure. In tutte le aree geografiche e in tutti i tipi di dialetti (più o meno arcaici) il significato coincide.
E non implica il valore di
libero se non nelle accezioni (per altro, ormai, stereotipate) relative al concetto di esenzione.
3) A Sanremo l'aggettivo
liberu, nell'espressione dei dialettofoni - anziani e meno anziani -, possiede lo stesso identico significato che vale sulla bocca dei dialettofoni del Centro urbano di Genova. Il fatto che si ritrovi
libero come spiegazione su un lessico locale denota solamente lo stile non approfondito della trattazione della voce. Anche alcuni lessici genovesi dopo aver segnalato "sincero, sicuro, spigliato ... " e aver proposto esempi adeguati, inseriscono
libero, ma chiariscono che l'accezione è quella di
esente e gli esempi - per altro, stereotipi - lo dimostrano inequivocabilmente.
Quindi, se s'intendesse concludere che a Sanremo, in dialetto, nel Ponente ligure, l'equivalente di
franco possa essere sinonimo di
libero, l'informazione risulterebbe palesemente falsa e destituita di qualsiasi fondamento.
Anche a Sanremo (come, per altro, in tutto il resto della Liguria) il calendario segna l'anno di grazia 2019 - e non il sec. XIII o epoche a esso precedenti -!
4) L'Aprosio ha utilizzato nella sua opera (monumentale e, per altro, tutt'altro che indenne da pecche) soltanto una modesta porzione delle schede lessicografiche da lui predisposte negli anni. Altrimenti - a motivo dell'ingestibilità editoriale delle dimensioni del testo - nessuno gliel'avrebbe mai stampata. Ormai, l'Aprosio è defunto e dubito seriamente, se anche avesse predisposto una scheda lessicografica relativa all'aggettivo
libberu, che possa esistere un
erede intellettuale interessato a riprendere e pubblicare quanto permane inedito. Neppure nelle enciclopedie - o nei libri scientifici - si trova tutto o tutte le verità.
Per altro, esistono verità non pubblicate, ma indiscutibili.
Esattamente come esistono verità linguistiche indubitabili.
Tutto sta a saperle comprendere, accettare ed esporre con attendibilità cristallina.
P.S.: diffondere l'informazione che possano esistere luoghi in Liguria in cui
franco possa essere sinonimo dialettale di
libero non costituisce soltanto una falsità linguistica, ma anche un palese errore di tipo storico. Fin dall'epoca della riforma politica dovuta ad Andrea Doria - anno 1528 - tutta la pubblicistica redatta in dialetto distingue costantemente tra il concetto di "franchigia" relativo all'esenzione fiscale - una merce può essere
franca (o meno) relativamente, ad es., ai dazi della dogana portuale, ma non una persona -. Le persone sono, relativamente alla loro condizione,
libere - ad es., i cittadini della Repubblica - o si hanno gli
schiavi - ad es., pirati
barbareschi catturati e adibiti al remo -. Questa dialettica s'è mantenuta - nel dialetto locale, come negli altri dialetti italiani e come nella lingua - fino ai nostri giorni. Osservata da allora da tutti i dialettofoni liguri. Emergendo palesemente nelle opere scritte in dialetto in occasione delle vicende della difesa della libertà rispetto alle potenze confinanti, alla dialettica tra la libertà degli aristocratici devoti e la libertà propugnata dai seguaci dei francesi laici fino a giungere alle testimonianze del conflitto tra le affermazioni del movimento fascista e le parole dei partigiani - entrambe consegnate alla musica e alla Storia -. La voce
franchigia venne, invece, esclusivamente riservata al dibattito economico sui prodotti e le merci. Mentre la
franchezza permase (ed è tuttora) una caratteristica del tratto personale, ben distinta dal concetto inerente la
libertà, spesso, nel corso della Storia, riacquistata a prezzo del sangue.
Infatti, relativamente alla
franchezza di tipo personale, non si richiede il sacrificio del sangue e le persone sono state sempre state sorrette dal rispetto dovuto agli altri e dalle capacità individuali d'introspezione.