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/w/ penultima
Inviato: lun, 26 nov 2018 14:29
di G. M.
Fino a poco tempo fa credevo che ‹u›, come penultima lettera d'una parola, quando l'accento cade più a sinistra, fosse sempre da leggersi /w/*. Sfogliando il
DOP vedo invece che non è affatto così: mi sembra che la /w/ sia prevista solo quando la terzultima lettera è ‹g› o (ovviamente) ‹q›, mentre altrove trovo solo /u/:
arduo,
refluo,
mutuo,
ceduo...
È dunque così la regola? Sempre /u/, tranne dopo ‹g› e ‹q›?
(*Similmente a ‹i› che, nelle stesse condizioni, – mi pare – si legge sempre /j/.)
Re: /w/ penultima
Inviato: lun, 26 nov 2018 15:50
di Animo Grato
Ignoro del tutto questo campo, quindi non so dirle se ci sia una regola del genere.
Però, ammesso che ci sia, evidentemente dipende da ragioni etimologiche perché, fon[etica/ologica/otattica?]mente in italiano sia la
u vocale sia la
u semiconsonantica possono seguire il suono
/k/: vedi
innocuo e
iniquo.
Inviato: lun, 26 nov 2018 16:29
di Ferdinand Bardamu
Mi par di ricordare che, di norma, nelle parole di origine culta /uV/ non muta in /wV/, mentre i cultismi che avevano la labiovelare non sonora già in latino (
equo,
iniquo, ecc.), segnalata dall’uso della lettera 〈q〉, la mantengono. Il passaggio ad approssimante velo-labiale non avviene nemmeno nei cultismi che terminano in -
guo, es.
attiguo,
irriguo. Ciò dovrebbe rispecchiare, se mal non mi appongo, la presenza dell’iato già in latino. (Attendo eventuali correzioni

).