Come al solito, s’un piano squisitamente grammaticale, il nostro Fausto ha ragione, o meglio,
avrebbe: in
un mondo senza cronisti mi farebbe molta piú paura quel
molta dovrebbe essere un
avverbio che modifica l’aggettivo invariabile
piú (= «maggiore», che a sua volta modifica il sostantivo
paura).
Ergo dovrebbe essere invariabile:
molto.
Per dirla con le
parole di un ex presidente dell’Accademia della Crusca, in
molta piú paura si ha quindi un caso di «attrazione».
Mentre, però, con
troppo (come nel citato
troppo scarse disponibilità ~
?troppe scarse disponibilità) o anche con lo stesso
molto, seguito però da un aggettivo declinabile (
e.g.,
molto maggiore efficacia ~
?molta maggiore efficacia), la «variante logica» sembra prevalere decisamente su quella dovuta ad attrazione, nel caso di
molto seguito dall’invariabile
piú (
molto piú efficacia/
paura ~
molta piú efficacia/
paura), le due varianti appaiono altrettanto accettabili, forse addirittura con una prevalenza nell’uso della seconda. Questo sembra trovare conferma nell’
ampio uso che fanno del secondo costrutto nomi illustri della nostra letteratura otto-novecentesca (Foscolo, Leopardi, Manzoni, Balbo, Fogazzaro etc.).