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«Se avesse pubblicato un libro che parla[sse] di…»

Inviato: gio, 09 mag 2019 21:05
di malapartiano
Buonasera. La mia domanda è questa: nel periodo ipotetico del terzo tipo, in alcuni casi si deve usare due volte il congiuntivo?

Es: "Se avesse pubblicato un libro che parlasse di animali allora lo avrei comprato".

O invece, devo usare l'indicativo?

Es:"Se avesse pubblicato un libro che parla di piante lo avrei comprato".

Grazie a chi vorrà rispondere!

Re: «Se avesse pubblicato un libro che parla[sse] di…»

Inviato: gio, 09 mag 2019 22:01
di Marco1971
Che ci si trovi in un periodo ipotetico o no, la relativa (qui introdotta da che), che definisce un sostantivo, ha piena autonomia rispetto a esso, e la scelta del tempo dipende da ciò che si intende esprimere:

(1) Se avesse pubblicato un libro che parlasse di animali, allora lo avrei comprato (di norma si segna la virgola tra protasi e apodosi)

può sottintendere che non si sa se un tale libro esista o se l’autore sia capace di scrivere un libro su questo argomento; e potrebbe esprimere anche una certa delusione (forse un libro l’ha pubblicato, ma non parla di animali!). Con

(2) Se avesse pubblicato un libro che parla di animali, allora lo avrei comprato

quel libro s’inserisce nella categoria dei libri che parlano di animali, sappiamo bene che esistono, e diamo per scontato che l’autore ha le conoscenze necessarie per scrivere un tale libro.

Potremmo avere anche

(3) Se avesse pubblicato un libro che parli di animali, allora lo avrei comprato,

e qui la sfumatura (per come l’avverto io) sarebbe che a me interessano solo o soprattutto i libri che parlano di animali, e magari li colleziono, quindi un libro che parla d’altro, non lo compro di sicuro.

Re: «Se avesse pubblicato un libro che parla[sse] di…»

Inviato: ven, 10 mag 2019 6:59
di malapartiano
Grazie. Credevo che la seconda fosse errata...

Potrebbe fornirmi un link per un approfondimento?

Re: «Se avesse pubblicato un libro che parla[sse] di…»

Inviato: ven, 10 mag 2019 10:22
di Ferdinand Bardamu
Ecco un collegamento (meglio che link :wink: ) d’approfondimento. Le posso dare anche un riferimento bibliografico: Luca Serianni, Italiano. Grammatica, sintassi, dubbi, Milano: «Garzanti», 2000, § XIV. 251. Si tratta di un testo fondamentale, che risponde in maniera esauriente a tutte le principali domande sull’italiano, con brevi note anche sulla lingua antica.

Re: «Se avesse pubblicato un libro che parla[sse] di…»

Inviato: ven, 10 mag 2019 20:00
di Marco1971
Grazie a Ferdinand, che gentilmente ha fornito qui sopra gli strumenti adeguati. :)
malapartiano ha scritto: ven, 10 mag 2019 6:59Credevo che la seconda fosse errata...
Certo che no: è corretta. E visto che chiede un approfondimento, proseguo.

La frase proposta, che è decontestualizzata, ridotta all’osso, è:

(1) Se avesse pubblicato un libro, l’avrei comprato.

Il fatto certo è che io non ho comprato il libro in questione perché non parla di animali. L’ipotesi emessa dal parlante si traduce in un periodo ipotetico dell’impossibilità (avrebbe comprato il libro se il soggetto fosse stato gli animali, ma non è cosí e quindi non l’ha comprato). Questo ci dice il periodo ipotetico.

Ora, che cos’è una frase relativa? È un’espansione del nome, e al posto della relativa si potrebbero avere espansioni come:

(2) Se avesse pubblicato un libro scritto in latino, l’avrei comprato

(3) Se avesse pubblicato un libro di zoologia, l’avrei comprato

(4) Se avesse pubblicato un libro con la copertina azzurra, l’avrei comprato

(5) Se avesse pubblicato un libro a tiratura limitata, l’avrei comprato

(6) Se avesse pubblicato un libro dalla copertina istoriata con due angeli reggicortina, l’avrei comprato

(7) Se avesse pubblicato un libro sulla nascita dell’universo e il suo inarrestabile espandersi all’infinito, l’avrei comprato.

Insomma, il libro posso definirlo come voglio, e il modo in cui lo definisco non interagisce col periodo ipotetico (negli esempi qui sopra non c’è verbo coniugato), è solo un’informazione aggiunta, la precisazione di come il parlante vede il libro di cui si parla. Quindi, se decido di definirlo con una frase relativa, scelgo anche il tempo che corrisponde a ciò che desidero esprimere. E le sfumature semantiche, le ho indicate sopra.

Re: «Se avesse pubblicato un libro che parla[sse] di…»

Inviato: sab, 11 mag 2019 15:24
di Marco1971
Le considerazioni esposte sopra valgono per la frase in esame proposta da malapartiano e non devono considerarsi delle regole applicabili a qualsiasi frase relativa. Stabilire una regola è sempre pericoloso, perché non si riesce mai a pensare a tutte le possibilità della lingua, che sono pressoché infinite, e basta talvolta una singola parola in una data frase a mandare all’aria la regola.

Le possibilità di scelta esemplificate per quella frase derivano dal fatto che la relativa aggiunge un’informazione sganciata dal tempo (un libro che parla di animali, o di altro, si specifica insomma l’argomento, come si poteva specificare la fattura del libro): l’argomento è, per cosí dire, «una verità» che sfugge al tempo. Se, invece, la relativa specifica un fatto ancorato nel tempo, naturalmente la scelta del tempo, nel caso del periodo ipotetico dell’impossibilità, è piú ristretta:

(1) Se avesse pubblicato un libro che fosse stato scritto cent’anni fa, l’avrei comprato

(2) Se avesse pubblicato un libro la cui storia si svolgesse/si fosse svolta in tempi remoti, l’avrei comprato

(3) Se avesse pubblicato un libro alla cui stesura/alla stesura del quale avessero contribuito i migliori scrittori degli ultimi anni, l’avrei comprato, ecc.

L’uso dei tempi è difficile. Accanto alle scelte piú usuali esistono spesso altre possibilità, piú o meno estranee alla lingua comune, per padroneggiare le quali non è d’aiuto alcun libro di grammatica. C’è una sola via: leggere la grande letteratura. E leggerla bene. :)

Re: «Se avesse pubblicato un libro che parla[sse] di…»

Inviato: sab, 11 mag 2019 18:12
di Marco1971
E qui mi soccorre la provvidenza. Sto rileggendo in questi giorni L’isola di Arturo di Elsa Morante, scrittrice meravigliosa – di cui non si trova l’eguale, forse, in tutto il Novecento per la sua alata e romanzesca letterarietà, e la cui scrittura dispiega mondi iridescenti scaturiti dalle piú arcane pieghe dell’animo e dell’anima –, ed ecco che mi balena dinanzi una frase relativa in un contesto al passato con un congiuntivo presente:

Sembrava che, in cuor suo, egli si avviasse alla propria condanna come a un vanto, in cui si uniscano le due spavalderie piú invidiate: l’affermazione di se stesso, e l’avventura! (Elsa Morante, L’isola di Arturo, Einaudi, 1957 e 1995, p. 274)

Avrebbe potuto scrivere un vanto, a cui si unissero…, e allora ciò che asserisce la relativa avrebbe avuto validità puntuale riferita soltanto a quel personaggio in quel momento. Il congiuntivo presente qui, invece, fa assurgere l’effato a una sorta di verità slegata da quella circostanza particolare, e diventa comparazione atemporale.

Ah, le raffinatezze del bello scrivere…!