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«Vosgi»

Inviato: lun, 15 lug 2019 11:24
di Animo Grato
Mentre pisolavo davanti a una tappa della Grande Boucle, una voce incorporea ha proditoriamente mischiato alla bambagia del mio dormiveglia il brecciolino di questa parola, che mi ha bruscamente ridestato: Vosgi («rilievo montuoso della Francia orientale, che, con direzione SO-NE, si estende per circa 250 km tra il Colle di Savernea N e il Passo di Belfort a S » ecc.).
L'intenzione di adattare il nome straniero (fr. Vosges; ted. Vogesen) è testimoniato dal suffisso -i, ma il risultato è nondimeno un ircocervo impronunciabile, con quel nesso consonantico che più lontano dalla fonologia italiana non si può.
Domanda: nel repertorio dell'italiano storico non si trova un nome alternativo o almeno un adattamento più riuscito?

Re: «Vosgi»

Inviato: lun, 15 lug 2019 11:48
di Carnby
Non sarà il miglior italiano possibile, ma /zʤ/ è ampiamente tollerato in italiano, anche dal DOP; l'alternativa è la soluzione toscaneggiante [-ʒʒ-] che ha però lo svantaggio d’introdurre il fonema minoritario /ʒ/.

Re: «Vosgi»

Inviato: lun, 15 lug 2019 12:09
di Ferdinand Bardamu
Per la sequenza /-zˈʤ-/ abbiamo disgelo (/dizˈʤɛlo/).

Re: «Vosgi»

Inviato: lun, 15 lug 2019 12:15
di Animo Grato
A giudicare dagli esempi che mi vengono in mente (disgelo, disgiunzione), mi pare che sia tollerato solo quando la lingua è messa "colle spalle al muro" dalla "collisione" di una parola con un prefisso terminante in -s: un matrimonio forzato in cui i due elementi mantengono la loro identificabilità e quindi una certa autonomia (tant'è che il DOP ammette anche la pronuncia con /stʃ/ per scerebrare).
Ma in una parola non composta?

P.S. Ovviamente Ferdinand Bardamu mi ha preceduto.

Re: «Vosgi»

Inviato: lun, 15 lug 2019 12:25
di Ferdinand Bardamu
Non vorrei sbagliare, ma credo che /-zˈʤ-/ non si trovi né tra le parole di tradizione ininterrotta né nei forestierismi acclimati (non composti). Lo stesso si può dire di /-sʧ-/, che si trova solo nella pronuncia settentrionale di scervellare. Del resto, nelle parlate dell’Alta Italia, o almeno in veneto, le sequenze /-zˈʤ-/ e /-sʧ-/ sono comunissime, es. sciapare (‹fendere, tagliare; tagliare la legna con l’accetta›), desgiazare (‹sciogliere il ghiaccio›), ecc.

Re: «Vosgi»

Inviato: lun, 15 lug 2019 13:12
di Animo Grato
Ferdinand Bardamu ha scritto: lun, 15 lug 2019 12:25 Non vorrei sbagliare, ma credo che /-zˈʤ-/ non si trovi né tra le parole di tradizione ininterrotta né nei forestierismi acclimati (non composti).
È proprio questo a rendere Vosgi estraneo al sistema.

Re: «Vosgi»

Inviato: lun, 15 lug 2019 14:08
di Carnby
Credo si possa parlare di «periferia del sistema fonologico».

Re: «Vosgi»

Inviato: lun, 15 lug 2019 14:27
di Infarinato
Animo Grato ha scritto: lun, 15 lug 2019 11:24 Domanda: nel repertorio dell'italiano storico non si trova un nome alternativo o almeno un adattamento più riuscito?
Non lo so. Latinamente sarebbe il Vòsego. :mrgreen:

Re: «Vosgi»

Inviato: lun, 15 lug 2019 16:14
di Animo Grato
Infarinato ha scritto: lun, 15 lug 2019 14:27Non lo so. Latinamente sarebbe il Vòsego. :mrgreen:

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Re: «Vosgi»

Inviato: lun, 15 lug 2019 16:48
di Ferdinand Bardamu
Animo Grato ha scritto: lun, 15 lug 2019 11:24 Domanda: nel repertorio dell'italiano storico non si trova un nome alternativo o almeno un adattamento più riuscito?
Ho fatto una rapida ricerca tra i libri ottocenteschi di Google Libri, ma non trovato nulla di diverso da Vosgi. Le attestazioni di Vosego (come in «Nasce Mosa nel monte Vosego, che hora la Lotoringia dalla Borgogna e dalla Elsatia divide», Giovanni Tarcagnota, Delle historie del mondo, 1580) paiono essere traduzioni o commenti di passi latini, in particolare del De bello gallico di Giulio Cesare.

Per curiosità, ho cercato l’esonimo spagnolo, che è Vosgos: forse allora l’adattamento migliore sarebbe stato *Vosghi. :?:

Re: «Vosgi»

Inviato: lun, 15 lug 2019 21:31
di marcocurreli
Secondo me Vosgi è il miglior adattamento possibile, ovverosia quello che meno si discosta dal toponimo originale.
In ogni caso, dovendo cambiarlo, toccherebbe cambiare tutte le cartine geografiche, navigatori, libri di testo per le scuole, dizionari, guide turistiche etc.

E poi, esiste davvero un unico sistema fonologico italiano? In nome di detto sistema l'ottanta per cento dei cognomi sardi,compreso il mio, viene storpiato dai continentali. Stesso discorso per i toponimi, che vengono spesso pronunciati in maniera per noi impronunciabile.

Re: «Vosgi»

Inviato: mar, 16 lug 2019 9:37
di Ligure
Dopo tutto quanto - opportunamente e correttamente - è stato scritto, mi permetto di esprimere alcune sintetiche osservazioni. Ovviamente, tutto dipende dal fatto che si parte dalla grafia e non dalla realtà della lingua francese. In francese l's "impura" non venne più pronunciata a partire dai sec. XI - XII . . . E, per altro, ancora prima, non era pronunciata - in queste situazioni quale [sC-] - C sta per consonante, oviamente, in questo caso, diversa da s - ... L'Accademia francese, tuttavia, accettò di non riportare più l's nella grafia- imponendo, però, l'accento circonflesso sulla vocale precedente (al tempo ancora, contrastivamente, lunga, oggi non più) - soltanto a partire dal 1740 e ciò chiarisce perché la voce si sia introdotta nella lingua italiana aggravata da un orpello grafico che, per i nostri "cugini" d'oltr'Alpe, non rappresentava già più alcuna realtà fonetica da molti secoli.

In Francia, come in quasi tutto il mondo civile, i toponimi - come, pure, i cognomi - conservano, assai spesso, scrizioni arcaiche, che non sempre corrispondono perfettamente all'evoluzione grafica del sistema linguistico.

Infatti, in Francia, se pure minoritarie, sono esistite e sono tuttora documentalmente attestate grafie del toponimo prive di s. Che, se non altro, ne testimoniano con assoluta certezza la pronuncia effettiva.

Si può osservare un ultimo aspetto. Come in Italia si dice le Alpi, in Francia, la catena montuosa delle Vogi è, certamente, plurale - perbacco!, c'è l'-s del plurale -, ma di genere grammaticale femminile.

L'idolatria antica della grafia - al di là di qualsiasi capacità di discernimento dell'effettivo fenomeno linguistico da parte dei nostri colti predecessori - ha fatto sì che ci si debba arrabattare con una sorta di "falso problema", dal momento che "le Vogi" - e "les Vosges" altro che questo non sono - non porrebbe alcun problema al nostro sistema linguistico, mentre si continua a pronunciare un articolo determinativo palesemente errato.

Certo, in francese, non si può distinguere - nell'articolo, al plurale - il maschile dal femminile. Ma anche un bambino che studi il francese sa che gli aggettivi hanno "esiti" diversi a seconda del genere del nome.

In francese, tutti gli aggettivi relativi alla catena montuosa "de qua" presentano l'esito del genere grammaticale femminile.

Re: «Vosgi»

Inviato: mar, 16 lug 2019 10:05
di Ferdinand Bardamu
Grazie mille, Ligure. Dunque l’inusuale sequenza /-zˈʤ-/ proviene da un’errata interpretazione dòtta, basata soltanto sulla grafia. Mi pare però strano che nessun italiano, durante chessò il Trecento o il Quattrocento, abbia scritto alcunché riguardo a questa catena, o ne abbia anche solo citato il nome (certamente adattandolo a partire dal suono). :?

Un solo appunto: il genere dei forestierismi, perché questo è Vosgi con ogni evidenza, è slegato dal genere che essi hanno nella lingua di partenza. Noi diciamo «I Vosgi» sottintendendo «monti»; Alpe/Alpi, d’altro canto, dovrebbe essere una parola di tradizione ininterrotta. Ma l’intoppo qui non riguarda tanto il genere del nome, quanto la presenza di un incontro di suoni inusuale, limitato in italiano solo a un numero ristretto di parole prefissate.

Re: «Vosgi»

Inviato: mar, 16 lug 2019 10:43
di Daphnókomos
L'unica parola che ho trovato contenente la sequenza /-zˈʤ-/ senza essere prefissata è fosgene, di derivazione francese: http://www.treccani.it/vocabolario/fosgene/

Re: «Vosgi»

Inviato: mar, 16 lug 2019 10:44
di Ligure
Innanzitutto, la ringrazio per l'appunto sul genere dei forestierismi.

Ovviamente, non saprei da che parte iniziare relativamente al possibile reperimento di citazioni italiane antiche del toponimo ...

Mi consenta soltanto un'osservazione in merito al fatto che gli adattamenti dal francese siano/siano stati sempre effettuati a partire dalla fonetica.

Oggigiorno - non nell'epoche buie - è possibile apprendere la pronuncia dei toponimi francesi dal cellulare in pochi secondi. Eppure tutti i docenti di storia della locale università - anche quelli di storia dell'ancien régime - pronunciano tranquillamente Reims esattamente come il toponimo viene scritto. Ed è solo un esempio per non farla lunga ...

P.S.: per quanto non possa ritenersi "centrale" nell'argomento in questione, sottolineo, per chi ne fosse interessato, che il massiccio "dei Vogi" si trova in quello che - per molti secoli - rappresentò il limes
tra l'espressione linguistica neolatina e quella germanica. Nella versione germanica l's "impura" rimase conservata, ma le voci assunsero altri esiti - la "g" permase "gutturale" ... - e si può, quindi, essere certi che
la voce sia venuta a noi dalla lingua francese.

P.P.S.: ovviamente, anche la lingua francese presenta "eccezioni". Non avevo specificato il fenomeno linguistico specifico, ma anche il francese - in vocaboli di origine dotta - ha mantenuto (anche foneticamente) la sequenza [-sC-]. Propongo solo l'esempio di chasteté = castità perché non si tratta di una discussione relativa alla lingua francese, ma se ne potrebbero elencare anche altri. Un po' come avviene pure in italiano in cui si possono contrapporre forme dotte quali glaciale o pluviale a ghiaccio e a pioggia, dovute all'evoluzione toscana di [gl-]/[pl-] etimologici. Per quanto concerne le voci scientifiche di relativamente recente introduzione, non risulta sempre immediato riuscire a sapere in quale ambito linguistico siano state formate, ma normalmente sono stati giustapposti etimi greci - non sempre in modo appropriato - e non pare si sia badato a potenziali difficoltà dei diversi sistemi linguistici che le avrebbero adottate. In italiano, ad es., si ha disgenesia che, foneticamente, presenta la stessa sequenza consonantica di Vosgi. Emergono evidenti aspetti di sensibilità sociale. Nell'800 si riscontra, comunemente, nelle diagnosi, il termine malformazione, ma, nella sensibilità attuale, è ritenuto un termine da poveretti. Errori di grafia o di sintassi vengono tranquillamente accettati da tutti, ma nessun medico - oggigiorno - rinuncerebbe a scrivere disgenesia ... Si sentirebbe sminuito nella propria dignità professionale ...