«Ma bensí»

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Marco1971
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«Ma bensí»

Intervento di Marco1971 »

Vorrei sfatare uno dei tanti miti messi in circolazione dalla scuola, secondo il quale non si può dire «ma bensí». Ebbene, questa forma rafforzativa è nell’uso letterario sin dal Cinquecento (vedi gli esempi qui sotto) e nel Battaglia si legge:
...unito a ma, gli [= a ‘bensí’] conferisce maggiore efficacia: ma anche, ma anzi (cfr. SIBBENE).
Ho trascelto per voi queste citazioni (fra le 147 occorrenze trovate nella LIZ), in ordine cronologico:
Ma io non so se possa conchiudere la conchiusione di quel che non può essere, ma bensí di quel che dee essere, del qual non danno regola i loici. (TASSO, Lettere)

Voglio dir non delle dame
Ma bensí delle pedine,
In quel vetro, che chiamasi il tonfano,
Scherzon le Grazie e vi trionfano. (REDI, Bacco in Toscana)

Ed invero essendo egli nella sua primiera origine, non già l’acqua gelata, secondo l’errore popolare, ma bensí una semplice sostanza fluida, ed in vari luoghi dei monti raccolta, dee credersi che abbia acquistata a poco a poco alcuni gradi di consolidazione, racchiudendo dentro di sé diversi corpi stranieri... (BARETTI, La frusta letteraria)

E forse spessissimo la fonte di ciò che virtú chiamavi, e che tal ti parea, avresti visto esser tale da dovermi costar lo svelartelo, non modestia, no, ma bensí ardire molto e vergogna. (ALFIERI, La virtú sconosciuta)

...e Teresa mi disse poi, che quei pensieri scuciti, ch’ei m’inviò con la lettera de’ 29 Aprile, non n’erano il cominciamento, ma bensí sparsi dentro quell’operetta ch’esso aveva finita, narrando per filo i casi di Lauretta e gli aveva scritti con istile men passionato. (FOSCOLO, Ultime lettere di Jacopo Ortis)

La perfezion della ragione non è la perfezione dell’uomo assolutamente, ma bensí dell’uomo tal qual è dopo la corruzione. (LEOPARDI, Zibaldone di pensieri)

Se il Padre e la Figliastra riattaccassero centomila volte di seguito la loro scena, sempre, al punto fissato, all’attimo in cui la vita dell’opera d’arte dev’essere espressa con quel suo grido, sempre esso risonerebbe: inalterato e inalterabile nella sua forma, ma non come una ripetizione meccanica, non come un ritorno obbligato da necessità esteriori, ma bensí, ogni volta, vivo e come nuovo nato improvviso cosí per sempre: imbalsamato vivo nella sua forma immarcescibile. (PIRANDELLO, Sei personaggi in cerca d’autore)
Buon anno a tutti! :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Io aggiungerei anche ma però (sempre messo all'indice dalla scuola, è, invece, espressione correttissima usata dal Manzoni e altri Autori).
Buon 2007 agli amatori del nostro "idioma, gentil, sonante e puro" (Vittorio Alfieri) :D
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Giustissimo, caro Fausto. A tal proposito scrive Luciano Satta in Scrivendo e parlando:
Ma però È consunta pedanteria biasimare oggi questa forma pleonastica, che si trova in tanti buoni scrittori. La giustificazione, se di giustificazione c’è bisogno, sta nel fatto che però non ripete, rafforza. Si dirà che con questo ragionamento si giustificano tanti pleonasmi, per non dire tutti. Noi rispondiamo che è vero, ma che allora non comprendiamo come sia avversato il ma però e siano lasciate in pace altre espressioni con ma dove il ma basterebbe e invece è accompagnato da un seguito del tutto uguale a però: ma d’altra parte, ma peraltro, ma in compenso.
Basterà padre Dante:
Lo caldo sghermitor súbito fue;
ma però di levarsi era neente,
sí avieno inviscate l’ali sue. (Inf., 22-143)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

A proposito di sibbene (che è sinonimo di bensí) alcuni ritengono che sia una variante di sebbene. Forse è bene chiarire che le cose non stanno cosí: sebbene è una congiunzione concessiva (nonostante, quantunque e simili); sibbene, invece, è una congiunzione avversativa che si adopera, generalmente, in una frase negativa: non abbatterti, sibbene reagisci.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
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amicus_eius
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Intervento di amicus_eius »

Ma però ricordatevi che "però" significa in origine: per questo ("per hoc").

Tale significato convive con quello avversativo almeno fino all'epoca dell'Ariosto:

"Fors'era ver ma non però credibile"

che vale: "sarà anche stato vero ma non per questo credibile".

(L'esempio ariostesco attesta in effetti il tipico contesto sintattico che favorisce la transizione di significato).
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

amicus_eius ha scritto:Ma però ricordatevi che "però" significa in origine: per questo ("per hoc").

Tale significato convive con quello avversativo almeno fino all'epoca dell'Ariosto:

"Fors'era ver ma non però credibile"

che vale: "sarà anche stato vero ma non per questo credibile".

(L'esempio ariostesco attesta in effetti il tipico contesto sintattico che favorisce la transizione di significato).
Sí, e questo significato si estende fino al Novecento (spesso preceduto da e): se ne trovano esempi in Montale e Landolfi.

Nell’esempio dantesco sopra riportato, caro amicus_eius, il ma però ha da intendersi come ma perciò o il però ha senso avversativo? A me sembra avversativo...
Ultima modifica di Marco1971 in data sab, 30 dic 2006 22:04, modificato 1 volta in totale.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

amicus_eius ha scritto:Ma però ricordatevi che "però" significa in origine: per questo ("per hoc").
Da notare che però ha un valore "piú avversativo" di ma e, a differenza di quest'ultima congiunzione, si può posporre: è una bellissima casa, non comoda però.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Se non ricordo male, Luciano Satta confutò questa maggior forza avversativa di però rispetto a ma (come dicono i dizionari). Ma però (:mrgreen:) non ritrovo dove...
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Marco1971 ha scritto:Se non ricordo male, Luciano Satta confutò questa maggior forza avversativa di però rispetto a ma (come dicono i dizionari). Ma però (:mrgreen:) non ritrovo dove...
Io non riesco a ritrovare il quest'oggi "condannato" dallo stesso linguista. :oops:
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Se anche Satta l’avesse condannato, il quest’oggi, peccherebbe di mancanza di coerenza. ;)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
amicus_eius
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Intervento di amicus_eius »

Marco1971 ha scritto:
amicus_eius ha scritto:Ma però ricordatevi che "però" significa in origine: per questo ("per hoc").

Tale significato convive con quello avversativo almeno fino all'epoca dell'Ariosto:

"Fors'era ver ma non però credibile"

che vale: "sarà anche stato vero ma non per questo credibile".

(L'esempio ariostesco attesta in effetti il tipico contesto sintattico che favorisce la transizione di significato).
Sí, e questo significato si estende fino al Novecento (spesso preceduto da e): se ne trovano esempi in Montale e Landolfi.

Nell’esempio dantesco sopra riportato, caro amicus_eius, il ma però ha da intendersi come ma perciò o il però ha senso avversativo? A me sembra avversativo...
In effetti è possibile intendere il "però" dell'esempio dantesco anche come "ma (appunto) per questo" anche se è una lectio difficilior che non incontra diffusissimi consensi.

Quanto al "però" novecentesco fuso con "e" e spesso univerbato nel dòtto "epperò" (con tanto di amata cogeminazione) credo che si tratti sic et simpliciter di una parola diversa (ancorché derivata) dal "però" tradizionale inteso come "per hoc". Il però causale rafforzato da "e" si è diffuso, credo, proprio perché il vecchio "però" semplice tendeva a essere usato in senso avversativo nel linguaggio familiare corretto.

Così almeno mi sembra di ricordare.

Quanto alla condanna di "quest'oggi", credo che si sia detto altrove, da parte di altri (credo proprio da lei, Marco, se non erro), che "oggi" è troppo morfologicamente eroso e foneticamente opaco per poter dar luogo a pleonasmi in contesti siffatti...
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Marco1971 ha scritto:Se non ricordo male, Luciano Satta confutò questa maggior forza avversativa di però rispetto a ma (come dicono i dizionari). Ma però (:mrgreen:) non ritrovo dove...
Aldo Gabrielli sostiene che il ma è "piú forte" (a proposito del "ma però")
Il ma ha qui un'utile funzione rafforzativa, cosí come l'ha nei nessi ma tuttavia, ma pure, ma nondimeno e simili (...) di cui ma è la piú forte.
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CarloB
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Intervento di CarloB »

Però, e però, epperò nel significato di perciò, per questo, proprio per questo erano in uso di parlanti il vernacolo toscano della Valdarno tra Lastra a Signa ed Empoli nati negli anni '30.
Però per perciò ricordo di averlo trovato anche in alcuni saggi critici di Luigi Russo, com'è noto siciliano trapiantato in Toscana: a suo tempo il particolare mi aveva colpito perché lo collegavo a quanto sentivo sulla bocca di parenti miei.
amicus_eius
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Intervento di amicus_eius »

"Ma" è un'avversativa più forte, perché ovviamente deriva dal latino "magis", "maggiormente" con slittamento di significato da avverbio comparativo di maggioranza a particella avversativa, a partire dal senso secondario di "piuttosto".
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Avevo dimenticato di segnalare questo.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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