«Vicino a»

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

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Marco1971
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«Vicino a»

Intervento di Marco1971 »

In un mio intervento del 2004 avevo espresso un certo ottimismo. Devo ricredermi: al tg1 di questa sera non ho contato le varie occorrenze di vicino usato senza preposizione: «vicino Roma», «vicino Milano», «vicino Pistoia»... Scommetto che sarà ufficializzato nella prossima edizione del De Mauro. Ma sí, semplifichiamo, a che serve questa fastidiosissima preposizione a? A furia di pigrizia e sciatteria, si finirà col parlare a grugniti.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Lo stesso discorso si può fare per quanto attiene a davanti, sebbene Carducci abbia scritto Davanti S. Guido.
In proposito riporto quanto scrive Sapere.it
davànti: davànti

(rar. d'avànti, ma sempre con questa grafia se vuol significare "di avanti, di prima")

avv. di luogo

innanzi, di fronte, faccia a faccia
con senso fig. e valore temporale, in avvenire, nel tempo futuro

nella parte anteriore

prep. impr., con valore di luogo (seguita o no dalla prep. "a"), innanzi a, di fronte a, in faccia a
in cospetto a
con senso dinamico di allontanamento, via dalla vista, dalla presenza di
fig. agli occhi di

agg. indecl., anteriore; posto dirimpetto

s. m. inv., la parte anteriore.
Il rosso è mio. Ho evidenziato ciò che scrive perché non lo reputo corretto: la preposizione "a" è obbligatoria.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Con davanti è ammessa anche la costruzione diretta, benché meno comune (ma presente in Boccaccio e in altri scrittori classici). Il Gabrielli, nel suo dizionario, dice «meno com. davanti la chiesa». Ma sa oggi di letterario negli scritti che tali non sono.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Questa stessa "regola" enunciata dal Gabrielli vale per dinanzi.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Non saprei: non ho trovato esempi di dinanzi senza a. Ma guarderò meglio piú tardi.

Tornando a vicino, dice il Battaglia:
18. Prep. Accanto a, a poca distanza da (ed è di uso ant.; attualmente, benché scorretto, è invalso nell’uso giornalistico).
Ma anche nell’uso antico se ne trovano poche occorrenze (il Battaglia ne cita una sola, di Ghirardacci, che non è proprio famosissimo).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Ho interrogato la LIZ, e sono davvero rarissimi gli esempi di dinanzi senza preposizione (bisogna cercarli col lanternino ;)). Il Gabrielli, alla voce dinnanzi (chissà perché ha scelto di mettere a lemma questa forma), non allude alla costruzione senza a.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Marco1971 »

Infine, ecco quel che dice Luca Serianni su vicino a.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Fausto Raso
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Intervento di Fausto Raso »

Ecco un altro caso in cui la stampa tende a fare scomparire la preposizione (semplice o articolata) "a": antistante.
Leggo da un giornale romano
I carabinieri sono tornati nelle corsie dell'Umberto I (nei corridoi antistanti Pediatria e in un laboratorio di malattie infettive).
L'aggettivo antistante si deve costruire con la preposizione a: antistante a Pediatria.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

In questo caso, tuttavia, l’omissione di a disturba meno, perché il verbo antistare può essere sia intransitivo sia transitivo (e in latino ammetteva sia l’accusativo sia il dativo).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
amicus_eius
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Intervento di amicus_eius »

Il che è dovuto al fatto che in molti verbi composti, il preverbio agglutinato era ancora sentito come sintatticamente forte.

In effetti, in origine i dialetti indoeuropei usano i casi in modo molto elastico, per specificare le determinazioni sintattiche; al più, per chiarire meglio la situazione, facevano accompagnare il verbo da avverbi appositi, come *en(s), *ek(s), *hanti, che sono all'origine sia dei costrutti preposizionali, sia dei verbi composti (e qualche volta, agglutinandosi come posposizione, dànno luogo in certe lingue a terminazioni allomorfe di casi).
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Federico
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Intervento di Federico »

Segnalo il filone su davanti a.
E poi c'è anche questa scheda, e c'è un cenno anche qui, nonché discussioni piú specificamente attinenti qui e qui.
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Marco1971
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Re: «Vicino a»

Intervento di Marco1971 »

Marco1971 ha scritto:Scommetto che sarà ufficializzato nella prossima edizione del De Mauro.
Nel GRADIT non ancora, ma certi linguisti di certi siti incerti già danno vicino senza a come corretto, fondando, come sempre, le loro regole sulle sole attestazioni piú recenti – e neanche sorvegliatissime (che metodo!).

Ricordo che almeno due linguisti d’indubbia notorietà, Luca Serianni e Giuseppe Patota, séguitano a stimmatizzare tale impiego – davvero da «italiano della strada».
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Sí, certo, vicino a Pistoia, vicino a Roma, vicino al palazzo, vicino al fiume, ma anche vicino a casa? Io sono solito dire vicino casa. Ci troviamo dinnanzi, anche in questo caso, a una locuzione cristallizzata, o sto sprofondando nel baratro dell'errore?
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Vicino regge la preposizione a, senz’eccezioni.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

La ringrazio, caro Ferdinand. :)
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