Inviato: mar, 10 dic 2013 23:26
La cosiddetta 'invariabilità del plurale' è, a monte, una scelta o un partito preso, in realtà si tratta semmai di un 'mancato adattamento del plurale' dovuto, spesso, al non sapere come dire.
Ed ecco il lapis e i lapis. (Sento spesso l'apiss e lapisse). Per lapis si potrebbe dire che ormai è (da considerarsi) italiano (senza esserlo) e (per questo) si trova ad essere tra le poche parole indeclinabili. Perché se si usa un termine straniero vuol dire che si conosce e l'usiamo consapevolmente. Ma se non si conosce la sua forma plurale, chi vogliamo imbrogliare o cosa vogliamo apparire? Lo vogliamo italianizzare? Allora non conosciamo la sua traduzione e il suo corrispondente italiano.
In ogni caso il termine straniero supplisce parzialmente ad una mancanza, di solito a una parola che non viene in mente e allora si usa un sostituto estero. Ma cercando c'è sempre un termine o una locuzione italiana.
L'artificialità (o dovrei dire artificiosità) consiste, a mio modo di vedere, nell'applicare la presunta logica fonetica che 'appare' in termini paragonabili, spesso senza considerare l'epoca del prodotto finale simile, che può essere precedente di quattrocent'anni. Questa è veramente artificiale e da luogo a brutture incomprensibili come bloggo o altre che ho letto soltanto qui e per sola carità non rammento. Parlo di logica 'che appare' perché non siamo in grado di conoscere da quale scherzo o presa di giro è stata partorita una parola in realtà distorta, o quale altra ha sostituito e da questa è stata influenzata, o se la versione che ha preso piede è stata ripresa una sera in osteria da un un buffone ubriaco o deriva dall'errore di un copista o è la sintesi di termini simili. Artificiale è ricostruire, ma farlo a partire da dati parziali è inventare. Quando si considera che chi ha voluto fare l'Italiano (e sono stati tanti) ha preso il Toscano, soprattutto fiorentino, e l'ha corretto e ricorretto, limato e castrato, avendo come esempio e linea guida quello che 'credeva' che fosse il latino, e questo è successo per secoli, fondandosi sulle personalità autorevoli, oltreché su Dante, sul Tasso e sull'Ariosto, influenzando fortemente e ripetutamente tutto il Toscano e l'Italiano, fino ad arrivare allo stadio odierno, allora si potrebbe credere di poter ancora continuare a creare, a produrre questa lingua artificiale che però ora è effettivamente parlata, anche se perlopiù come seconda lingua (anche in Toscana).
Invece no. La Crusca, anche se era nata per questo, ha abdicato. La lingua ora è in mano a internet-tv-radio-insegnanti incolti-aziende anglofile e così via. Esce da queste trafile (in senso metallurgico) e viene rilavorata per rientrare nelle stesse trafile. Quel che resta è la sola forza della lingua, la sua coerenza interna che ho visto vacillare dagli anni '60 ma soprattutto '70 con grande accelerazione e sbracamento dopo il 2000.
Neppure io scrivo più come trent'anni fa'. Questa lingua, se si lascia a se stessa, tornerà verso le origini senza poterle più raggiungere, prenderà dai sostrati di tutta italia e si diffonderà secondo i canali dominanti nelle pronunce dominanti, con la completa distruzione della logica interna affinata nei secoli.
La nostra lingua è artificiale e il Toscano è la lingua che ha pagato nel modo più disastroso questo lungo travaglio. Ma oggi la nostra lingua c'è e sarebbe anche stabile e completa, se fosse insegnata come si deve. È su questo 'come si deve' che cascano tutti gli asini.
Ed ecco il lapis e i lapis. (Sento spesso l'apiss e lapisse). Per lapis si potrebbe dire che ormai è (da considerarsi) italiano (senza esserlo) e (per questo) si trova ad essere tra le poche parole indeclinabili. Perché se si usa un termine straniero vuol dire che si conosce e l'usiamo consapevolmente. Ma se non si conosce la sua forma plurale, chi vogliamo imbrogliare o cosa vogliamo apparire? Lo vogliamo italianizzare? Allora non conosciamo la sua traduzione e il suo corrispondente italiano.
In ogni caso il termine straniero supplisce parzialmente ad una mancanza, di solito a una parola che non viene in mente e allora si usa un sostituto estero. Ma cercando c'è sempre un termine o una locuzione italiana.
L'artificialità (o dovrei dire artificiosità) consiste, a mio modo di vedere, nell'applicare la presunta logica fonetica che 'appare' in termini paragonabili, spesso senza considerare l'epoca del prodotto finale simile, che può essere precedente di quattrocent'anni. Questa è veramente artificiale e da luogo a brutture incomprensibili come bloggo o altre che ho letto soltanto qui e per sola carità non rammento. Parlo di logica 'che appare' perché non siamo in grado di conoscere da quale scherzo o presa di giro è stata partorita una parola in realtà distorta, o quale altra ha sostituito e da questa è stata influenzata, o se la versione che ha preso piede è stata ripresa una sera in osteria da un un buffone ubriaco o deriva dall'errore di un copista o è la sintesi di termini simili. Artificiale è ricostruire, ma farlo a partire da dati parziali è inventare. Quando si considera che chi ha voluto fare l'Italiano (e sono stati tanti) ha preso il Toscano, soprattutto fiorentino, e l'ha corretto e ricorretto, limato e castrato, avendo come esempio e linea guida quello che 'credeva' che fosse il latino, e questo è successo per secoli, fondandosi sulle personalità autorevoli, oltreché su Dante, sul Tasso e sull'Ariosto, influenzando fortemente e ripetutamente tutto il Toscano e l'Italiano, fino ad arrivare allo stadio odierno, allora si potrebbe credere di poter ancora continuare a creare, a produrre questa lingua artificiale che però ora è effettivamente parlata, anche se perlopiù come seconda lingua (anche in Toscana).
Invece no. La Crusca, anche se era nata per questo, ha abdicato. La lingua ora è in mano a internet-tv-radio-insegnanti incolti-aziende anglofile e così via. Esce da queste trafile (in senso metallurgico) e viene rilavorata per rientrare nelle stesse trafile. Quel che resta è la sola forza della lingua, la sua coerenza interna che ho visto vacillare dagli anni '60 ma soprattutto '70 con grande accelerazione e sbracamento dopo il 2000.
Neppure io scrivo più come trent'anni fa'. Questa lingua, se si lascia a se stessa, tornerà verso le origini senza poterle più raggiungere, prenderà dai sostrati di tutta italia e si diffonderà secondo i canali dominanti nelle pronunce dominanti, con la completa distruzione della logica interna affinata nei secoli.
La nostra lingua è artificiale e il Toscano è la lingua che ha pagato nel modo più disastroso questo lungo travaglio. Ma oggi la nostra lingua c'è e sarebbe anche stabile e completa, se fosse insegnata come si deve. È su questo 'come si deve' che cascano tutti gli asini.