«Hacker» (e termini correlati)

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brg
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Re: «Hacker» (e termini correlati)

Intervento di brg »

Luke Atreides ha scritto: ven, 04 feb 2022 14:13 Io aggiungerei per Hacker: sobillatore remoto.
Se si vuole ignorare l'origine e il senso proprio del termine, affidandoci esclusivamente alle tendenze del momento, sì. Tuttavia un hacker non è necessariamente un pirata informatico ed intendere la parola solo o principalmente in quel senso è errato da un punto di vista storico e, se mi è permesso dirlo, pure linguistico.

Il significato originale, preciso della parola "hacker", come spesso succede per molti termini tecnici, è incerto, sebbene il fatto che "to hack" in inglese significhi "fare a pezzettoni con l'accetta" ("cut with heavy blows in an irregular or random fashion" secondo l'O.E.D.) e, per estensione, "lavorare grossolanamente" è piuttosto suggestivo e consente di fare un parallelo con l'espressione italiana "tagliato con l'accetta". Quel che si sa è che il termine veniva adoperato in quel di Boston per indicare chi lavorava a progetti di contenuto tecnologico, in particolare elettrici ed elettronici, probabilmente in maniera poco ortodossa. Pare che il termine si sia diffuso nella comunità dei radioamatori già negli anni '50, mentre l'associazione con l'informatica è solo molto più tarda. Comunque sia, le ipotesi sull'origine del termine sono le seguenti:
  1. da "to hack" inteso come "lavorare grossolanamente", "arrabattarsi", il termine avrebbe quindi indicato un amatore, uno smanettone, uno di quelli che trasformano il proprio garage in un laboratorio;
  2. da "to hack" inteso come "farsi strada a colpi di accetta", il termine avrebbe quindi indicato qualcuno che esplora in maniera poco ortodossa, magari amatoriale, le possibilità di una data tecnologia;
  3. da "hack" inteso come "impiegatuccio", ovvero qualcuno che è messo a fare lavoro ordinario e ripetitivo.
Le prime due ipotesi sono piuttosto simili e potrebbero essere entrambe vere, cioè i due modi di intendere il termine potrebbero essere coesistiti. Certamente l'uso del verbo "to hack" per dire "raffazzonare", "rabberciare", "arrabattarsi" è piuttosto comune, specialmente in ambito tecnologico ed informatico. Esempio preclaro questa striscia di XKCD: https://xkcd.com/224/ .
Traduco le vignette per facilitare l'interpretazione:
(Nota: il Lisp è una famiglia di linguaggi di programmazione funzionali, mentre il Perl è un linguaggio di programmazione famigerato per la sua irregolarità sintattica ed è generalmente considerato poco elegante)
  1. "La scorsa notte mi appisolai leggendo un libro sul Lisp." - "Improvvisamente mi ritrovai immerso in una luce azzurra."
  2. "D'un tratto, proprio come si dice, avvertii una grande illuminazione. Vidi la nuda struttura del codice Lisp disvelarsi in fronte a me." - "I modelli ed i metamodelli danzavano. La sintassi svaniva ed io nuotavo nella purezza del concepimento quantificato, della manifestazione delle idee."
  3. "Davvero questo è il linguaggio con il quale gli dei hanno forgiato l'universo."
  4. "No, non lo è." - "Ah, no?" - "Voglio dire, apparentemente, sì. In realtà l'abbiamo raffazzonato quasi tutto col Perl."
Si chiamano hacker, infatti, tutti coloro che modificano, estendono, aggiornano i programmi informatici in maniera non prevista dai creatori originali, disassemblandone o modificandone il codice. Ad esempio sono hacker coloro che traducono i vecchi giochi giapponesi per console, andando a modificarne l'immagine (https://it.wikipedia.org/wiki/Immagine_disco), oppure coloro che modificano i videogiochi in modo da sostituire la grafica, il sonoro e i livelli originali con altri, oppure coloro che rattoppano i problemi di qualche applicazione. Poi, certamente, sono hacker anche coloro che alterano i programmi informatici per aggirarne la protezione dalla copia non autorizzata o coloro che causano malfunzionamenti negli apparati digitali, in quanto le tecniche e le competenze messe in campo sono sempre le stesse.

Insomma, a me pare che la traduzione per "hacker" sia bell'e pronta con "smanettone": gergale ed efficace come l'originale. Poi certamente nulla vieta, a seconda dei contesti, di parlare di "pirati informatici", di "esperti di sicurezza (informatica)" ecc.
Certamente non farebbe male notare che esiste pure il termine "cracker", cioè "scassinatore" o magari "ladro", che è più precisamente usato per chi si intrufola nei sistemi informatici a scopo di lucro illecito.

Scusate la prolissità, ma la tendenza ad impiegare termini di cui non si conosce l'origine, né il contesto, né il significato, solo perché suonano bene, porta ad un impoverimento della lingua e della comunicazione. In special modo i giornalisti hanno l'abitudine di usare parole da ambiti che non conoscono, finendo per attribuir loro un significato più banale, più piatto, più semplicistico (e a volta addirittura totalmente errato...) di quello originale, ma più di successo per l'ampiezza di pubblico di cui godono. Tutto ciò risulta infine in una comunicazione malata, in cui chi usa tali termini in maniera esatta finisce per essere frainteso, oppure gioca proprio sul fatto che la gente fraintenda: mi riferisco, rimanendo in tema informatico, a quando si sente parlare di "hacker", "troll", "bot" ecc. sui mezzi di comunicazione.
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Re: «Hacker» (e termini correlati)

Intervento di Infarinato »

brg ha scritto: ven, 04 feb 2022 19:10 Il significato originale, preciso della parola "hacker", come spesso succede per molti termini tecnici, è incerto, sebbene il fatto che "to hack" in inglese significhi "fare a pezzettoni con l'accetta" ("cut with heavy blows in an irregular or random fashion" secondo l'O.E.D.) e, per estensione, "lavorare grossolanamente" è piuttosto suggestivo e consente di fare un parallelo con l'espressione italiana "tagliato con l'accetta".
Le cose non stanno esattamente cosí. :? Come ho già ricordato altrove, l’etimologia è una «cosa seria e assai ardua». Fortunatamente, per una lingua come l’inglese disponiamo di uno strumento formidabile quale l’Oxford English Dictionary, che combina in un’unica opera l’equivalente dei nostri GDLI, GRADIT, DOP, TLIO e LEI (i collegamenti sono solamente per chi non conoscesse questi lessici e volesse saperne di piú). Quando le voci in questione sono recentemente aggiornate, come nel nostro caso, si può ricostruire con impressionante precisione la trafila semantica che ha portato dal significato primo di hack (e hacker) ai due che qui c’interessano. E che non è quella descritta sopra. ;)

Innanzitutto sgombriamo il campo da ogni legame con accette di sorta. Lei non l’ha detto, caro Brg, né ovviamente lo scrive l’OED, ma la sua formulazione potrebbe ingenerare equivoci in chi ravvisasse una somiglianza (meramente grafica, certo; di sicuro non etimologica, e neanche fonetica) tra hack e hatchet. Come del resto ricordava anche Lei sopra citando l’OED, il significato primo di hack (inglese medio, da un non attestato inglese antico *haccian) è «cut or chop with heavy blows in an irregular or random fashion; […] mangle or mutilate, esp. with jagged cuts, so as to damage or destroy» (OED Third Edition, December 2016; most recently modified version published online December 2021, s.v. «hack, v.¹»).

Da questo significato si sviluppa nella seconda metà del XVIII sec. quello di «aprirsi un varco» (anche in senso figurato): «make (one’s way, a path) through a place, out of a situation, etc., by chopping and cutting with rough heavy blows; (in passive, of a path or route) to be so made. Also figurative and in extended use» (loc. cit.). Di qui, all’inizio del XX sec., negli Stati Uniti si sviluppa il significato di «riuscire, tollerare, farcela»: «manage, accomplish; to cope with; to tolerate».

Ma è proprio dal senso dell’«aprirsi un varco» che negli anni ’70 del secolo scorso (ma il sostantivo hacker è attestato in queste accezioni già dal decennio precedente) che si sviluppano, da un lato, il significato d’«inserirsi illecitamente [in un sistema informatico o in una rete telefonica]» («gain unauthorized access to or control over a computer system, network, a person’s telephone communications, etc., typically remotely») e, dall’altro, quello di «raffazzonare [un programma]» («modify [computer software, code, hardware components, etc.], esp. in order to provide a [typically inelegant] solution or workaround to a problem […]; […] provide [a solution or workaround] by doing this») o semplicemente di «dilettarsi di programmazione» («engage in writing computer programs or software, esp. purely for personal satisfaction»).

Per concludere, venendo a hacker, la prima attestazione dell’accezione di «person who attempts to gain unauthorized access, esp. remotely, to a computer system or network […], or (in earliest use) a telephone network» è del 1963, mentre quella di «person with an enthusiastic interest in computer systems, esp. one who is skilled at programming» («[n]ow much less common») risale al 1969 (op. cit., s.v. «hacker, n.»).

Tornando, quindi, all’italiano e al tema della discussione, «pirata informatico» e «smanettone» sono traducenti altrettanto legittimi e linguisticamente giustificati dell’inglese hacker. Considerando, poi, che in italiano l’anglicismo è usato quasi esclusivamente nella prima accezione e che la seconda è in regresso pure nella lingua d’origine, c’è veramente molto poco di cui scandalizzarsi. ;)

P.S. Volendo trovare un unico —oggettivamente improponibile e, per quanto è stato detto, anche del tutto inutile— corrispondente per entrambe le accezioni del sostantivo inglese, con molta audacia e gran divertimento si sarebbe potuto risemantizzare parzialmente il toscanissimo aggeggione, che mantiene entrambe le valenze (positiva e negativa), a differenza di armeggione e traffichino (solo negativa) e di smanettone (solo positiva). :mrgreen:
brg
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Re: «Hacker» (e termini correlati)

Intervento di brg »

A mia discolpa posso addurre il fatto di essere stato lungamente esposto alla "etica hacker" e che l'Oxford English Dictionary abbia totalmente cambiato versione tra la seconda edizione (rif. https://www.oed.com/oed2/00101140) e la terza, che è attualmente ancora in preparazione e per la quale la voce è stata rivista, apprendo, nel 2016. Chissà, magari, da qui a quando sarà pubblicata, cambierà ancora.

Nella seconda edizione "a person with an enthusiasm for programming or using computers as an end in itself" è la definizione 3.a, con prima citazione del 1976, mentre "a person who uses his skill with computers to try to gain unauthorized access to computer files or networks" è la definizione 3.b, con prima citazione del 1983.

Tuttavia non le nascondo che già conoscevo la citazione da lei riportata del 1963, la quale ho colpevolmente ignorato perché non mi convince del tutto. Il fatto è che mi ricorda un po' la lesbia di Anacreonte "che rimane a bocca aperta verso un'altra", ovvero qualcosa che letto ora, influenzati dall'ottica contemporanea, risulta ingannevole e fuorviante. Un articolo da Wordorigins.org riporta buona parte di quella prima attestazione, ma il significato che ivi assume la parola hacker mi pare tutt'altro che ovvio. Infatti in quello stesso articolo è menzionata una citazione della parola hacking del 1955, da una pubblicazione del M.I.T., che aiuta ad inquadrare meglio il significato di hacker nel testo del 1963, che proviene dal giornale universitario dello stesso M.I.T.:
Mr. Eccles requests that anyone working or hacking on the electrical system turn the power off to avoid fuse blowing
L'accostamento tra working e hacking mi pare che dia forza alla definizione data da un po' tutti gli ex-studenti del M.I.T. e di Harvard di quegli anni, che giurano e spergiurano (qui non uso il verbo spergiurare in senso letterale) che l'hacker fosse solo uno smanettone e che il significato piratesco sia giornalistico e più tardo. Ad ogni modo mi pare che se uno traducesse quel testo del 1963 con qualcosa come "per colpa dei cosiddetti smanettoni, che hanno incatricchiato le linee telefoniche tra qui e Harvard e che hanno telefonato a scrocco, i servizi telefonici sono stati tagliati" nessuno si scandalizzerebbe, e questo per due ragioni. La prima è che non si parla esattamente di una intromissione nel sistema telefonico, ma di una sua alterazione; la seconda sta in quel "cosiddetti": si potrebbe intendere che gli hacker fossero tali anche prima di commettere azioni illecite, ovvero che non sia l'illecito a definirli hacker.

D'altra parte la prima attestazione della parola hacker, non come voce verbale ed in senso tecnico, rimane il dizionario del club di modellismo ferroviario sempre del M.I.T., che nel 1959 scriveva:
Hacker
one who hacks, or makes them
Insomma, per intendere quel "hackers" del 1963 nel senso criminoso moderno, bisogna prima spiegarne il rapporto con le parole "hacking" e "hacker" che certamente circolavano in quello stesso luogo già qualche anno prima. Cosa che a me pare difficoltosa per le testimonianze scritte che ho testé riportato e per quelle orali degli autorevoli personaggi che quell'ambiente l'hanno vissuto e che quelle parole le hanno usate ed intese in una certa maniera. Come le testimonianze di Brian Harvey [1], ex professore di informatica a Berkeley, laureatosi al M.I.T. nel 1969, Richard Stallman [2] [3], che frequenta il M.I.T. dal 1971, Mark Liberman [4], professore di linguistica, studente ad Harvard tra il '65 ed il '69 e poi al M.I.T.
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Re: «Hacker» (e termini correlati)

Intervento di Infarinato »

brg ha scritto: mar, 08 feb 2022 0:24 A mia discolpa posso addurre il fatto di essere stato lungamente esposto alla "etica hacker" e che l'Oxford English Dictionary abbia totalmente cambiato versione tra la seconda edizione (rif. https://www.oed.com/oed2/00101140) e la terza, che è attualmente ancora in preparazione e per la quale la voce è stata rivista, apprendo, nel 2016. Chissà, magari, da qui a quando sarà pubblicata, cambierà ancora.
E poi magari ancora. ;) Non è certo qualche anno e nemmeno un paio di decenni in un senso o nell’altro a fare la differenza.
brg ha scritto: mar, 08 feb 2022 0:24 Tuttavia non le nascondo che già conoscevo la citazione da lei riportata del 1963, la quale ho colpevolmente ignorato perché non mi convince del tutto.
Non abbiamo gli strumenti né per avvalorare né per confutare le particolari scelte dei lessicografi dell’OED. Fidiamoci allora della loro competenza e professionalità, e del vaglio cui devono aver sottoposto le loro fonti. ;)
brg ha scritto: mar, 08 feb 2022 0:24 D'altra parte la prima attestazione della parola hacker, non come voce verbale ed in senso tecnico, rimane il dizionario del club di modellismo ferroviario sempre del M.I.T…
Sono certo che i lessicografi dell’OED conoscono il testo in questione. Ma probabilmente hanno ritenuto che il termine fosse confinato ancora a un àmbito gergale. Siamo nel campo delle ipotesi, però: come ho già detto, non pretendiamo di avere le competenze o di possedere chissà quali ulteriori conoscenze per confutare le loro scelte.

In ogni caso, la mia obbiezione al suo ragionamento era un’altra: il significato di «pirata informatico» e quello di «smanettone» di hacker discendono entrambi in modo del tutto naturale da quello di «aprirsi un varco» di hack: nel primo caso per insinuarsi illecitamente, nel secondo per uscire alla bell’e meglio da una situazione difficile. Non v’è quindi una primazia dell’uno rispetto all’altro (indipendentemente dalla data delle prime attestazioni), e soprattutto non c’entra nulla «tagliare con l’accetta».

Quando un anglofono pensa a hacker, non pensa né a computer cracker né a skilful programmer: pensa a hacker, che contiene in sé quell’idea dell’«aprirsi un varco» (hack through things) e che in modo del tutto naturale può assumere l’una o l’altra connotazione. Per questo ho citato l’italiano aggeggione, improponibile in sé come traducente, ma simile nella sua doppia valenza.

Concludo con [quella che dovrebbe essere] una banalità: le osservazioni fin qui fatte pertengono alla lingua inglese (e sono pertanto, stricto sensu, fuori fòro :evil:). Come le è stato già fatto notare in un altro filone, esse hanno scarsa rilevanza sul modo in cui dovremmo (o perlomeno potremmo) rendere l’anglicismo hacker con una parola [fonotatticamente] italiana, che è poi il tema di questa discussione. In inglese night non vuol certo dire «locale notturno», che si dice invece night club e si può abbreviare al massimo in club. Ma in italiano usiamo l’anglicismo night proprio con quel significato. Cosí, poco importa se in inglese hacker vuol dire anche (magari originariamente, seppur ormai minoritariamente) «smanettone»: in italiano viene usato quasi esclusivamente col significato di «pirata informatico». Ciò basti. :)
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Re: «Hacker» (e termini correlati)

Intervento di Phoenix »

Compare “achero” per “hacker” (sostantivo) nel libro "In diretta dal Golgota" di Gore Vidal, traduzione di Pier Francesco Paolini (Longanesi, 1992).
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Ferdinand Bardamu
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Re: «Hacker» (e termini correlati)

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Molto interessante, grazie. Potrebbe riportare il passo che contiene quest’adattamento?
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andrea scoppa
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Re: «Hacker» (e termini correlati)

Intervento di andrea scoppa »

Per quanto poco può valere, io, in un registro famigliare, lo chiamo «acaro», proprio come la bestiola. Razzolando in Rete si trova...

Ci sono anche gli spiritosi che italianizzano “hacker” in “hacaro”: una trovata simpatica, sia per il gioco di assonanze bilingue, sia per l’allusione a qualcosa di invisibile, che si annida ovunque e di solito convive senza far danni con il proprio ospite [...] cibandosi dei suoi scarti. (FONTE)
È cosí piana e naturale e lontana da ogni ombra di affettazione, che i Toscani mi pare, pel pochissimo che ho potuto osservare parlando con alcuni, che favellino molto piú affettato, e i Romani senza paragone.
Phoenix
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Re: «Hacker» (e termini correlati)

Intervento di Phoenix »

Ferdinand Bardamu ha scritto: dom, 08 mag 2022 19:56 Molto interessante, grazie. Potrebbe riportare il passo che contiene quest’adattamento?
Pagina 25: "Poiché non l'intendevo, gli chiesi che cosa fosse questo hacker o achero (io odio i barbarismi)."
"In diretta dal Golgota" di Gore Vidal, traduzione di Pier Francesco Paolini (Longanesi, 1992).
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Re: «Hacker» (e termini correlati)

Intervento di Infarinato »

Ferdinand Bardamu ha scritto: dom, 08 mag 2022 19:56 Potrebbe riportare il passo che contiene quest’adattamento?
È usato alla stregua di un nome proprio, per un personaggio immaginario. Non mi sembra, pertanto, che ci sia particolarmente utile, se non a titolo di mera curiosità letteraria…
Gore Vidal, op. cit., p. 12, ha scritto: «…Sappiamo per certo che tutto ciò è opera di un singolo cyberpunk, ovvero di un essere chiamato Achero, capace di inserirsi di frodo in qualsiasi computer. Ma il motivo per cui Satana abbia indotto questo Achero o Hacker, come in futuro verrà chiamato, uomo o donna che sia, a eliminare i Santi Evangeli nonché le mie celebri Epistole è un mistero.» Il senso di quelle parole mi era del tutto oscuro. «Ti odo, oh, Santo, ma non capisco neanche una parola di quel che mi dici. Achero deriva forse da Acheronte, il fiume infernale?…»
Fra l’altro, quest’ultima osservazione («Achero deriva forse da Acheronte, il fiume infernale?») manca nell’originale, cosí come la chiosa contenuta nel passo riportato da Phoenix («o achero [io odio i barbarismi]»)… :?
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Re: «Hacker» (e termini correlati)

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Dunque Achero figura anche nell’originale inglese? Se è cosí, non ci è affatto utile… In piú, «io odio i barbarismi» è una chiosa che può aver senso solo all’interno della cultura italiana, non certo in quella statunitense. :?

P.S. Cercando nell’anteprima disponibile in Google Libri si legge solo hacker: achero sembra un’invenzione del traduttore.
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Re: «Hacker» (e termini correlati)

Intervento di Infarinato »

Ferdinand Bardamu ha scritto: mar, 10 mag 2022 15:23 Dunque Achero figura anche nell’originale inglese?
No, chiosa del traduttore anche questa.
Ferdinand Bardamu ha scritto: mar, 10 mag 2022 15:23 [A]chero sembra un’invenzione del traduttore.
Appunto. :roll:
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Re: «Hacker» (e termini correlati)

Intervento di Carnby »

Infarinato ha scritto: mar, 10 mag 2022 18:42
Ferdinand Bardamu ha scritto: mar, 10 mag 2022 15:23 [A]chero sembra un’invenzione del traduttore.
Appunto.
Se non mi sbaglio, in passato, le scelte lessicali dei traduttori sono state sufficienti a giustificare l’attestazione in italiano di una parola; non che questo giustifichi achero come traducente valido di hacker, però... :roll:
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Re: «Hacker» (e termini correlati)

Intervento di Infarinato »

Sí, ma il fatto qui è che sembra che il traduttore si sia preso molte libertà e sia andato ben oltre i confini di una semplice traduzione… :?
Utente cancellato 676

Re: «Hacker» (e termini correlati)

Intervento di Utente cancellato 676 »

Le proposte fin qui fatte (non tutte serie, chiaramente, ma non è detto che una giocosa non possa attestarsi, come ad esempio ho la speranza utopica che e-pistola/epistola possa scalzare email), che in alcuni casi oscillano tra il significato di hacker e quello di cracker e in altri si soffermano solo su uno dei due:

achero
aggeggione
armeggione
ciberpirata
contrabbandiere informatico
criminale informatico
esperto di sicurezza informatica
hacaro
pirata etico
pirata informatico
rapinatore informatico
scassinatore informatico
smanettone
sobillatore remoto
traffichino

Personalmente metterei:

hacker: pirata [etico] informatico, ciberpirata; smanettone; esperto di cibersicurezza

cracker: scassinatore informatico
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Re: «Hacker» (e termini correlati)

Intervento di 12xu »

G. M. ha scritto: ven, 08 nov 2019 22:50 Nella lista del fòro noto un grande assente: l'hacker. (Coi suoi parenti: l'hacking, gl'ibridi hackerare, hackeraggio...)

Qualche tempo fa, per tagliare la testa al toro, ne feci un adattamento diretto, àchero (con acherare, acheraggio, ecc.), ma già da un po' non mi convince più tanto. Penso invece che sarebbe meglio qualche neoformazione creativa. Qualcuno per caso si sente ispirato? :wink:
Secondo me dovremmo tener conto del fatto che il verbo "hackerare" è ormai diffuso e difficilmente sostituibile. Pertanto suggerisco di adattarlo in acherare e coniare il termine acheratore.
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