Su questo tema ho preso spunto da un libro della mia biblioteca universitaria sulla comunità cinese di Milano e la sua storia.
Prima di tutto, nella conclusione (permettetemi l'antitesi), dopo avere descritto esaustivamente il passato del quartiere Canonica-Sarpi, l'autore argomenta come sia fuori luogo il termine
Chinatown riferito alle comunità cinesi di Milano, perché risultano amalgamate nel tessuto cittadino ed il vicinato; mentre, il distretto cinese statunitense, è il risultato attivo di politiche urbane designate alla segregazione, attenutesi nei decenni. Riporto allora dei termini storici: un'articolo di giornale del 1938 che la definisce "
copiosa colonia cinese di Milano"; l'autore del libro che cita a parole "la stampa italiana, già alla fine degli anni Trenta, definisce il quartiere Rosmini, Canonica, Sarpi come «
quartiere generale dei cinesi di Milano»" ed i termini più contemporanei da me catalogati:
zona/quartiere Canonica-Sarpi,
enclave/comunità/quartiere etnico,
comunità cinese.
Tra le interessanti parentesi di economia etnica, catene d'approvigionamento
ristoriere e barriere sociali per le cinesi, non esiste una necessità di descrivere, come una parola, piuttosto che come espressione, il luogo di concentrazione cinese; solo negli ultimi anni la comunità cinese stessa ha riconosciuto la potenza attrattiva del termine
Chinatown, beneficiando il locale turismo urbano; pensandoci bene, ogni città comprende una sua toponomastica per indicare il quartiere cinese (per Milano questa è il "quartiere Canonica-Sarpi" o anche "Canonica-Sarpi"), consapevole di quanto fuorviante risulterebbe nella direzione. In generale,
quartiere cinese basta a colmare il "luogo urbano dove risiede una imponente concentrazione cinese", mentre
enclave etnica può più evidentemente descrivere quella diversità di appartenenza loro, altrimenti neologizziamo il Dialettale
qualtiele; fate voi

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