Dittongo o iato - differenze

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Francesco94
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Dittongo o iato - differenze

Intervento di Francesco94 »

Salve

pongo la seguente domanda per capire la differenza tra il «dittongo» e lo «iato», avendo le idee confuse dopo aver letto i primi interventi di questo filone (Dittonghi).
Come può esserci un dittongo nel lessema «pàusa» e uno iato nel lessema «paùra»? A mio parere (sbagliato, ovviamente), la sillaba del primo lessema dovrebbe essere un «dittongo discendente» (vocale tonica + semivocale [vocale orba d'accento]) mentre la sillaba del secondo lessema dovrebbe essere, per converso, un «dittongo ascendente» (semiconsonante [vocale tonica] + vocale accentata).

Rileggendo l'intervento di Infarinato nel filone sopracitato, si afferma che non v'è dittongo nel lessema "sciame". Leggendo anche il lemma in qualsiasi vocabolario, si evince che questa parola è un bisillabo [scià-me] (/ˈʃaːme/). L'accento cade sulla vocale [a] —essendo la i muta—, pertanto non dovrebbe trattarsi di «dittongo ascendente»?

Dal Treccani (2. Discriminazione tra iato e dittongo):
Un secondo criterio è la presenza di accento: se la vocale alta che ricorre nella sequenza fonetica è tonica, l’accento garantisce il mantenimento dello statuto sillabico della vocale stessa. Pertanto, avremo iato in parole come ìo, vìa, zìo, zìa, mìo, tùa, tùo, sùo, bùe, come in follìa, baùle.
È inoppugnabile il fatto d'esser in presenza d'uno iato, visto che nella pronuncia si percepisce che la prima vocale è tonica. Sicché, come mai non si tratta d'un dittongo discendente? Ecco il mio primo dubbio: come distinguere (avendo come esemplificazione il lessema citato poc'anzi) un dittongo discendente da uno iato?

Discorso analogo per "baita".
/'baita/ in cui la [a] è tonica e la i asillabica (semivocale) pertanto è un dittongo discendente. Fin qui, tutto chiaro. Il dubbio sorge quando mi chiedo: come mai nella parola "baita" v'è un dittongo discendente mentre in "follia" o "baule" v'è uno iato?!
valerio_vanni
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Re: Dittongo o iato - differenze

Intervento di valerio_vanni »

Francesco94 ha scritto: gio, 19 mar 2020 20:19 Come può esserci un dittongo nel lessema «pàusa» e uno iato nel lessema «paùra»? A mio parere (sbagliato, ovviamente), la sillaba del primo lessema dovrebbe essere un «dittongo discendente» (vocale tonica + semivocale [vocale orba d'accento]) mentre la sillaba del secondo lessema dovrebbe essere, per converso, un «dittongo ascendente» (semiconsonante [vocale tonica] + vocale accentata).
Una cosa importantissima e alla base di tutto è capire quante sillabe ha la parola. Quanti picchi d'intensità.
Banalmente, il numero minimo di note che servono per mettere la parola in una canzone.

Per «pàusa» va benissimo l'analisi (vocale tonica + semivocale [vocale orba d'accento]).
Per «paùra» non possiamo fare analisi su quella "sillaba" che sul foglio vediamo scritta <au>, perché le sillabe sono due. Si dovrebbe sentire, a orecchio, la differenza tra le due parole. Provare a ignorare l'opposizione /s/ - /r/, e sentire quanto sono differenti quelle sequenze di suoni vocalici.

Non potrebbe mai essere un dittongo ascendente (simile a quello in «suono»), perché una vocale non può essere approssimante di una vocale più alta.
Infine, non capisco la definizione (semiconsonante [vocale tonica] + vocale accentata). Una semiconsonante o approssimante è quanto ci sia di più lontano da una vocale tonica, e la vocale tonica è una vocale accentata.

Visto che si sta parlando di fonetica: non si può analizzare le sequenze di grafemi vocalici cercando di estrarne informazioni fonetiche, perché il nostro sistema grafematico non ci fornisce tutti gli elementi.
Se pronunciamo bene le parole, è grazie a fonti esterne (o le abbiamo imparati da bambini, o le abbiamo trovate su un dizionario che riporti la pronuncia).

Prendiamo queste tre parole:
«siamo»
«siano»
«Riace»

La sequenza grafematica «ia» indica tre strutture fonetiche differenti, e se noi non abbiamo imparato queste parole possiamo sbagliarne ognuna in due maniere differenti (pronunciandola come le altre due).
Francesco94 ha scritto: gio, 19 mar 2020 20:19 Rileggendo l'intervento di Infarinato nel filone sopracitato, si afferma che non v'è dittongo nel lessema "sciame". Leggendo anche il lemma in qualsiasi vocabolario, si evince che questa parola è un bisillabo [scià-me] (/ˈʃaːme/). L'accento cade sulla vocale [a] —essendo la i muta—, pertanto non dovrebbe trattarsi di «dittongo ascendente»?
Perché ci sia un dittongo ascendente, ci dev'essere una semiconsonante o approssimante. Esempio «fianco» /fjanko/.
Qui la i non indica né la vocale /i/ né l'approssimante /j/, è un diacritico. E' un segno che serve a indicare che <sc> davanti a <a> vale /ʃ/ e non /sk/.
Per esempio, distingue «sciarpa» /*ʃarpa/ da «scarpa» /skarpa/. Può essere utile osservare l'inglese «sharp», pronunciato come il nostro «sciarpa» ma con una differente indicazione nella grafia (in ogni caso senza /j/).
Francesco94 ha scritto: gio, 19 mar 2020 20:19 Dal Treccani (2. Discriminazione tra iato e dittongo):
Un secondo criterio è la presenza di accento: se la vocale alta che ricorre nella sequenza fonetica è tonica, l’accento garantisce il mantenimento dello statuto sillabico della vocale stessa. Pertanto, avremo iato in parole come ìo, vìa, zìo, zìa, mìo, tùa, tùo, sùo, bùe, come in follìa, baùle.
È inoppugnabile il fatto d'esser in presenza d'uno iato, visto che nella pronuncia si percepisce che la prima vocale è tonica. Sicché, come mai non si tratta d'un dittongo discendente? Ecco il mio primo dubbio: come distinguere (avendo come esemplificazione il lessema citato poc'anzi) un dittongo discendente da uno iato?
Quella definizione non è valida, dal punto di vista fonetico. Quelli sono tutti dittonghi discendenti, a parte «baule» che contiene uno iato (è un fratello "sillabico" di «paura»).
La prima vocale è sì tonica, ma la seconda è una vocale atona e non un nucleo sillabico.
Francesco94 ha scritto: gio, 19 mar 2020 20:19 Discorso analogo per "baita".
/'baita/ in cui la [a] è tonica e la i asillabica (semivocale) pertanto è un dittongo discendente. Fin qui, tutto chiaro. Il dubbio sorge quando mi chiedo: come mai nella parola "baita" v'è un dittongo discendente mentre in "follia" o "baule" v'è uno iato?!
Il dubbio è legittimo: lo iato è solo nell'ultima.
Può essere interessante confrontare «baita» con «Caino» (tanto per avere le sequenze grafematiche nello stesso punto).
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