G. M. ha scritto: gio, 26 mar 2020 15:51
C'è qualche regola che mi sfugge per cui non si può avere
vr- iniziale in italiano? O è invece una sequenza lecita, ma solo rara per motivi diciamo "contingenti"?
Nella «bibbia» della fonologia italiana (Žarko Muljačić,
Fonologia dell’Italiano, Bologna, «Il Mulino», 1972), al §35 (
Gruppi iniziali bifonematici [
CC,
CR,
CJ], sott. mia) l’autore si limita a constatare che «[t]utti i fonemi occlusivi e /f/ si combinano con /r/:
primo,
trave,
credo,
brache,
dragone,
grado,
frana;
/v/ si combina con /r/ solo in posizione mediana; per es.:
avrò» (sott. mia).
Il fatto che il Muljačić poi aggiunga che «[s
]olo in voci straniere (per lo piú in nomi propri) si notano i nessi /tl/ e /vl/:
tlissi,
Vladimiro. Non è noto alcun esempio con /dl/» dimostra come le parole con /vr/ iniziale siano cosí rare da non meritare nemmeno di essere menzionate tra i forestierismi.
Sul piano diacronico, il motivo per il quale parole con /vr/ iniziale non sono presenti nel nostro patrimonio lessicale, né come parole di tradizione ininterrotta né come voci dotte, è presto spiegato. In latino, dove
u V, che, com’è noto, valeva —limitandoci al contesto tautosillabico— [uː, u] (
ū /uː/) o [ʊ] (
ŭ /u/) davanti a consonante e in posizione finale e [w] (
u /w/, spesso scritto
v nei testi moderni) davanti a vocale (tranne che nei dittonghi rari —mai iniziali—
ŭī /uiː/ [ʊi(ː)] e
ŭĭ /ui/ [ʊɪ], ma esistono ovviamente anche le sequenze eterofoniche iniziali [di lessema] /wiː/ [wiː] e /wi/ [wɪ]), si dànno solo esempi di
ur iniziale con
u vocalico /uː, u/.
Ora, nel passaggio dal latino all’italiano si ha dapprima (in epoca imperiale o tardo-repubblicana) un passaggio da [
b]
intervocalico e da [w] a [β]:
e.g.,
habēre /habe̍ːre/ [hɐˈbeːɾᴇ] > [ɐˈβeːɾᴇ],
uīnum /wı̍ːnʊm/ [ˈwiːnʊ̃] > [ˈβiːnʊ]. Poi, piú o meno nel IV sec., si ha il passaggio da [β] a [v]: [ɐˈβeːɾᴇ] > [aˈveːɾe] /ave̍re/
avere, [ˈβiːnʊ] (> [ˈβiːno]) > [ˈviːnσ] /vı̍no/
vino.
Quanto agli esiti di
u vocalico, è superfluo ricordare che essi sono la /u/ e la /o/ italiane, a seconda dei casi (in sede tonica: /u/ da /uː/ e /o/ da /u/ [e da /oː/]; in sede atona, sempre /o/).
In ogni caso, niente /vr/ inziale.
