Formazione del passato remoto

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Ligure
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Formazione del passato remoto

Intervento di Ligure »

In una situazione normale avrei consultato - a casa - i testi degli autori che se ne sono occupati, ma, attualmente, sono tenuto a osservare l'isolamento fuori sede.

La domanda riguarda la regolarità della derivazione dalle forme etimologiche della I pers. plur. del passato remoto.

L'argomento si può, ad es., riscontrare - in estrema sintesi - al punto (e) del riferimento che indico

http://www.treccani.it/enciclopedia/gra ... aliano%29/

e che - al fine di una migliore focalizzazione, dal momento che il collegamento inserito tratta anche aspetti di portata molto più ampia - trascrivo di seguito:

(e) Passato remoto. Il paradigma del passato remoto debole (accentato sulle desinenze) della I coniugazione corrisponde alle relative forme del latino volgare: cantai, cantasti, cantàut (> cantò), cantàimus (> cantàmmus > cantammo), cantastis, cantarunt (> cantaro).

Ricordo bene che il Rohlfs, ad es., riferisce forme antiche di passato remoto attestate nei documenti toscani, nei quali si poteva riscontrare tanto l'esito del tipo in -mm- (levammo) quanto quello in -m- (mandamo).

E, inoltre, rammento che l'Autore attribuiva il sopravvento della forma in -mm- alla possibilità di consentire l'opportuna distinzione rispetto all'esito del presente. Quand'ancora vigeva l'esito levamo anziché il "moderno" leviamo - originariamente appartenente soltanto al congiuntivo -.

Risulta quindi - in qualche modo - giustificato il segno di derivazione "evolutiva" riscontrabile nel sito citato ("cantàimus (> cantàmmus > cantammo") o "cantammo" presenta geminazione soltanto sulla base di un'antica esigenza di distinzione rispetto all'originaria forma del presente - "cantamo" -, del tutto regolare rispetto all'etimo?
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Marco1971
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Re: Formazione del passato remoto

Intervento di Marco1971 »

In attesa di contributi maggiori, riporto solo quanto scritto da Giuseppe Patota in Nuovi lineamenti di grammatica storica dell’italiano (Bologna, Il Mulino, 2002, p. 159):

AMĀV(I)MŬS > amammo
FINĪV(I)MŬS > finimmo
La I cade per sincope; il nesso consonantico -VM- passa a -mm- per assimilazione regressiva.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Ligure
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Re: Formazione del passato remoto

Intervento di Ligure »

La ringrazio molto per la cortese attenzione e la chiarezza della citazione.

Certamente la sincope vocalica postulata dal Patota giustificherebbe pienamente la geminazione in quanto dovuta ad assimilazione.

Sempre che quanto sostenuto dall'Autore regga - in senso diacronico - in quanto forme contratte prive di "v" quale, ad es., amasti<amavisti /ama'wisti/ risultano molto antiche e ancora appartenenti alla lingua latina vera e propria.

D'altronde, il Patota non chiarisce come "v" grafico fosse già pervenuto a /-v-/ consonantico in modo da poter essere oggetto d'assimilazione regressiva.

Io stesso - a mia volta - non sono stato molto chiaro nell'esposizione del mio dubbio. Dovuto all'ipotesi in cui - come esplicitato nel sito di cui ho fornito il riferimento - il fonema /-v-/ avesse precedentemente già raggiunto lo zero fonico:

(e) Passato remoto. Il paradigma del passato remoto debole (accentato sulle desinenze) della I coniugazione corrisponde alle relative forme del latino volgare: cantai, cantasti, cantàut (> cantò), cantàimus (> cantàmmus > cantammo), cantastis, cantarunt (> cantaro).

Infatti, la fonte citata nel mio precedente messaggio presuppone che gli "esiti etimologici" alla base della flessione verbale italiana fossero già privi di /-v-/ e, quindi, non consentirebbe di potersi avvalere della spiegazione fornita dal Patota.
Ligure
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Re: Formazione del passato remoto

Intervento di Ligure »

Spinto dai dubbi che avevo espresso in merito al valore da attribuirsi a v grafico negli etimi latini, sono andato a rileggere quanto scrive il Patota - Lineamenti di grammatica storica dell'italiano - in merito alla formazione del passato remoto, ma quanto scrive l'Autore sembra incongruente.

Infatti, quanto da lui esposto risulta, letteralmente:

" ... • Terza persona singolare: AMAVIT> AMAUT > amò; FINIVIT> FINIUT > finìo> finì. La caduta della I dell'uscita determina, nel perfetto dei verbi di prima coniugazione, la formazione di un dittongo secondario AU (si ricordi che la V sul piano grafico equivale a u sul piano fonetico) che si monottonga in [ɔ], donde la caratteristica forma tronca amò. Nel perfetto dei verbi di quarta coniugazione, la medesima caduta della I e il passaggio della U atona a [o] producono una forma uscente in -ìo, con successiva caduta della o finale per analogia con la forma corrispondente di prima coniugazione.

• Prima persona plurale: AMAV(I)MUS > amammo; FINIV(I)MUS > finimmo. La I cade per sincope; il nesso consonantico -VM- passa a -mm- per assimilazione regressiva ...

Nella terza riga della citazione tratta dal suo libro v grafica latina è - foneticamente - u. Cinque righe dopo la stessa v grafica latina diventa consonante? ...

Ma, allora, il passato remoto italiano non ha avuto evoluzione sincronica per tutte le persone della flessione verbale?

Non è credibile ...

Inoltre, uno scrittore ottocentesco c'informa che sono attestati pass. rem. in "-aimo":

https://books.google.it/books?id=DYQEAA ... &q&f=false

Quindi, sembrerebbe - secondo questo antico Autore - che da "amavimus" si sia ottenuto "amamo" (con -m-, non -mm- ) per dileguo della sillaba vi e che non sia intervenuta sincope di i. Infatti, vengono anche riferiti esempi di pass. rem. in "-aimo" - dovuti, evidentemente, a caduta di v -, mentre la possibilità di "perdere" i - come ipotizza il Patota per giustificare l'esito della I pers. plur. del pass. rem. - non viene presa in considerazione.
Ligure
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Re: Formazione del passato remoto

Intervento di Ligure »

Cercando di trarre qualche possibile conclusione dalle considerazione degli argomenti addotti dagli autori citati nei precedenti messaggi - pur non sapendo, in effetti, se altri autori abbiano elaborato tesi di maggiore validità - si può sintetizzare quanto finora esaminato come segue:

1) forme verbali quale "amammo" ebbero successo e prevalsero perché consentivano una chiara distinzione rispetto all'esito "amamo" - sostituito, nel seguito, da "amiamo" - (Rohlfs, il quale, tuttavia, non spiega la geminazione consonantica in "amammo");

2) spiegazione etimologica attribuita ad assimilazione regressiva (Patota). Ma la tesi risulta in contraddizione - per motivi fonologici - con un'altra esposta poche righe prima dallo stesso Autore. Quindi, non credibile;

3) spiegazione analogica dovuta al Nannucci, scrittore ottocentesco, nell'ambito della cultura fiorentina - e non soltanto - dell'epoca, in un testo ricchissimo di citazioni antiche, di spiegazioni e - notevole pregio - di formulazioni d'ipotesi. Certamente stimolante per chi ama allenarsi a pensare, a porre in discussione anche conclusioni apparentemente scontate e a non accontentarsi di affermazioni apodittiche da manuale di studio - che, spesso, si rivelano infondate -. Secondo l'approccio analogico si ritiene che la desinenza della I pers. plur. - "-mo" - sia stata "affissa" a quella della III pers. sing. del pass. rem.. L'autore non esplicita completamente il paragone, ma non si può intendere altrimenti la portata del suo ragionamento.

Cioè come da "ama" s'ebbe- anticamente - "amamo" = (inteso, per analogia, come "ama" + "mo", per quanto "ama" e "amamo" siano esiti perfettamente etimologici, rispettivamente da "amat" e "amamus", ma l'analogia opera sull'interpretazione, non sulla derivazione etimologica) -, forma verbale sostituita, successivamente, da "amiamo", dato che la forma più antica di pass. rem. della III pers. sing. fu "amà", si spiegherebbe la I pers. plur. "amàmmo" - come, ad es., "fallo!" (imp. di "fare") -. Il fatto che, una volta "formato", l'esito "amammo" potesse offrire una possibilità distintiva rispetto al presente risulta del tutto ovvio. Ma, appunto, occorreva dimostrare come l'evoluzione linguistica - storicamente intesa - potesse averlo prodotto.

Il Nannucci - Analisi critica dei verbi italiani, Firenze, 1843 - , almeno, ci ha provato. Senza incorrere in svarioni fonologici, formulando sempre anche ipotesi alternative in un contesto di elevata flessibilità di ragionamento e grande ricchezza di esempi e citazioni (non soltanto italiani, ma anche relativi alle altre lingue neolatine). Sembra che anche a lui, già all'epoca, apparisse sconveniente che un italiano non potesse avere contezza certa in merito alle origini della flessione verbale della lingua:

https://books.google.it/books?id=DYQEAA ... &q&f=false

In rete non sono riuscito a riscontrare altri contributi significativi.

P.S.: la "chiave di lettura" analogica - specialmente se le giustificazioni su base etimologica non reggono - non può mai essere rifiutata "a priori" come potenziale strumento di comprensione. In italiano - o in "fiorentino", se si tratta di attestazioni molto antiche - come in nessun'altra lingua del mondo. Infatti, è solo a partire da una considerazione di tipo "analogico" - e a partire da un'epoca in cui già fosse attestata nell'uso la III pers. sing. del pass. rem. identica all'attuale - "cantò" - che si possono giustificare esiti fiorentini - tuttora ricordati "scherzosamente" dai meno giovani anche in città - quale, ad es., "cantònno" - plur. in "-no" - di "cantò". "Esattamente" come "càntano " "altro" non è se non il plur. di "cànta" ...

O "vànno" di "va" ...

O come - almeno, nelle grafie antiche, ché non l'ho mai sentito pronunciare né ricordare - "eglino" poteva essere il plur. della III pers. ...

Risulta a ognuno evidente che risulterebbe del tutto vano tentare di giustificare "eglino" o "vanno" su base etimologica quali esiti di derivazione diretta. E l'impressione è che il Patota sia, tuttavia, incorso in un processo simile. Perché una "formazione linguistica" quale l'ipotizzata forma "amavmu" - in cui v "pare" possedere pieno valore consonantico tale da potersi "assimilare" - sembra rappresentare una "creatura chimerica" sotto l'aspetto evolutivo.

E occorrerebbe poter dimostre che l'assimilazione regressiva da "-vm-" a "-mm-", posto che v grafica latina non era /v/, sia davvero esistita nella storia della lingua italiana.

E, se davvero "amò" fosse da ritenersi di derivazione diretta - da /a'maw(i)(t)/>/a'maw/</a'mɔ/ -, /a'maw(i)mu(s)/, in tal caso, non potrebbe che aver fornito l'esito /a'mawmu/>/a'mɔ:mo/, cioè "amòmo" *. Ma uno stadio evolutivo simile non è attestato - men che meno a Firenze - e, comunque, da un presupposto "amòmo" * non si può giungere - evolutivamente - ad "amàmmo".
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Re: Formazione del passato remoto

Intervento di Infarinato »

Procediamo con ordine. :-D
Ligure ha scritto: lun, 20 apr 2020 12:41 Ricordo bene che il Rohlfs, ad es., riferisce forme antiche di passato remoto attestate nei documenti toscani, nei quali si poteva riscontrare tanto l'esito del tipo in -mm- (levammo) quanto quello in -m- (mandamo).
Rammenta bene. Tuttavia quest’affermazione del Rohlfs (come molte altre, ahinoi) dovrebbe essere aggiornata. :roll: Infatti, «[a]lla prima pers. pl. si trovano anche sporadici ess. con la -m- scempia, che il contesto induce a interpretare come forme di Perfetto […]. Ma si tratta con ogni probabilità di una variazione meramente grafica. Quando, verso la fine del Trecento e nel Quattrocento, le forme con una sola -m- diventano molto piú numerose, si può invece ipotizzare che vi corrisponda una reale pronuncia scempia, forse importata da varietà tosc. limitrofe, dove lo scempiamento è attestato fin dall’epoca antica» (Laura Vanelli, «XL. Morfologia flessiva», §2.2.4.1, in: Giampaolo Salvi & Lorenzo Renzo [a cura di], Grammatica dell’italiano antico, Bologna 2010, «il Mulino», Vol. II, p. 1442, sott. mie [si parla del fiorentino dugentesco]).

Ora, non ho purtroppo il tempo di ricopiare brani da fonti [moderne] autorevoli, ma quanto dice il Patota è sostanzialmente corretto: il perfetto ha —è vero— uno sviluppo fonetico piuttosto «inusuale» in latino volgare, ma la documentazione in nostro possesso è abbastanza incontrovertibile. Anche il grande Giuliano Bonfante, allora all’Università di Princeton, non vi si rassegnava e nei primi anni Quaranta arrivò addirittura a ipotizzare che le forme contratte (per lui, cantai, cantasti, cantat, cantamus, cantastis, cantarunt) fossero sempre convissute [a livello popolare] con quelle classiche. E d’altra parte neanche lui riusciva a spiegare in modo soddisfacente l’esito cantaut, relativamente antico, ben attestato a Pompei e inconfutabile trionfatore [almeno] in Italia e in Ispagna.

Tale sviluppo è ben riassunto nell’articolo sul latino volgare della Guichipedía inglese (sott. mia):
In the perfect, many languages generalized the -aui ending most frequently found in the first conjugation. This led to an unusual development; phonetically, the ending was treated as the diphthong /au/ rather than containing a semivowel /awi/, and in other cases the /w/ sound was simply dropped. We know this because it did not participate in the sound shift from /w/ to /β̞/. Thus Latin amaui, amauit ("I loved; he/she loved") in many areas became proto-Romance *amai and *amaut, yielding for example Portuguese amei, amou. This suggests that in the spoken language, these changes in conjugation preceded the loss of /w/.
(Veda anche quanto dice il Mackenzie a proposito dello sviluppo del perfetto spagnolo.)

La coniugazione del perfetto protoromanzo può quindi essere ricostruita come amài, amàsti, amàut (amàt e amàit sono pure attestate, la prima fin da epoca molto antica, ma le ricerche piú recenti mettono in dubbio che siano realmente alla base di alcuna forma romanza), amàmmos, amàstes, amàront. :)
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Re: Formazione del passato remoto

Intervento di Ligure »

La ringrazio per aver fatto respirare a chi legge - in questa situazione di limitazione della mobilità - brezza di alta montagna.

La mia difficoltà personale - senza avere a disposizione documentazione - consisteva, com'era evidente, nell'aspettativa di poter giustificare mediante l'analogia esiti geminati del tipo di "amammo". Mi risultavano di sostegno l'inusualità del tipo di assimilazione proposta dal Patota, il fatto che non ero a conoscenza di esiti geminati della I pers. plur. attribuibili all'epoca di "cantaut" e l'evidenza grafica - a parte le rispettive pronunce moderne - delle lingue neolatine, che hanno scrizioni del pass. rem. caratterizzate da "-m-".

Grazie ancora

P.S.: ciò che potrei ancora desiderare approfondire - ammesso che qualche autore ne abbia trattato adeguatamente ed esistano evidenze in merito - riguarda l'esito *amàmmos riferito dalla Guichipedia inglese e attribuito al "vulgar Latin". Cioè valutare se, davvero, l'unica giustificazione possibile dell'esito consista nell'assimilazione ipotizzata dal Patota (-vm->-mm-) o se non si possa, invece, ancora pensare a una "semplice" spinta "dissimilativa" - già presente nel "vulgar Latin" - tesa a distinguere la forma verbale del pass. rem. da quella omologa del presente, riferita, sempre dalla Guichipedia inglese, quale *amàmos.

Cioè semplicemente trasferire a ritroso nel tempo la motivazione "dissimilativa" fatta propria dal Rohlfs.

Mi sto cioè banalmente chiedendo se l'esito *amàmmo/us possa risultare attestato e se la spiegazione offerta dal Patota trovi riscontro anche in altri autori. Se, poi, davvero non fosse possibile rinvenire altri esempi - nella tarda Latinità - di assimilazione a partire da "-vm-", l'ipotesi "dissimilativa" potrebbe pure conservare una sua plausibilità. Ma sono dati che non possiedo.

Chissà che non ci sia uno studioso che possa avere interesse a "rivedere" il tutto. In effetti tre esiti "asincronici" nella formazione di uno stesso tempo verbale - il pass. rem. italiano - sono "tanti":

"amai"<"ama(v)i" - cioè /w/>/0/ -,
"amò"<"amau(t)"<"amav(i)t" - quindi /w/>/u/ - e
"amammo"<"amaβmo"<"amav(i)mu(s)" - da /w/>/β/ -.

D'altronde, se le citazioni degli studiosi antichi - ad es., il Nannucci riferito - sono corrette, un esito evolutivo quale /amaβmo/ - sia pure ammesso - non potrebbe giustificare né le occorrenze del tipo di "amamo" né quelle analoghe ad "amaimo". Né quelle del francese, spagnolo o portoghese, che non sono mai state scritte come geminate.

A meno che, ad es., "amaimo" non rappresentasse, analogicamente, il "plurale" di "amai", Cioè "amai" + la desinenza "-mo" ...
Ligure
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Re: Formazione del passato remoto

Intervento di Ligure »

Infarinato ha scritto: mer, 22 apr 2020 16:07 (Veda anche quanto dice il Mackenzie a proposito dello sviluppo del perfetto spagnolo.)
Probabilmente non ho colto il senso della citazione del Mackenzie, che conoscevo, essendo disponibile in rete.

Il Mackenzie contraddice il Patota. A meno che non si debba intendere che - localmente - i tempi verbali abbiano avuto sviluppi autonomi. Infatti il Mackenzie suggerisce l'ipotesi assimilativa, ma tratta di assimilazione di fonemi vocalici - precedentemente appartenenti a sillabe diverse - venuti direttamente in contatto a seguito del dileguo di "v" -, non di fonemi consonantici come, invece, propone il Patota.
Cioè "cantavimus">"cantaimus">"cantamos". Infatti, il Mackenzie indica sillaba aperta - risultante da "assimilazione vocalica" - e fonema consonantico successivo semplice, non geminato. Qui, francamente, mi sono perso:
Table 4 Preterite/perfect forms in the Latin -āre and -īre conjugations Verb form
Cantāre ‘to sing’Dormīre ‘to sleep’
1st personsing. cantāvīdormīvī
2nd personsing.cantāvĭstīdormīvĭstī
3rd personsing. cantāvĭtdormīvĭt
1st personplu. cantāvĭmusdormīvĭmus
2nd personplu. cantāvĭstĭsdormīvĭstĭs
3rd personplu. cantāvēruntdormīvērunt
As regards the other forms (second person singular and all of the plural forms), the transition to Spanish can be explained as follows. In the -āre class, once the consonantal element -v- was lost, assimilation appears to have occurred, the stem vowel /a/ absorbing the now adjacent vowel /e/ (= ĭ or ē). On the other hand, in the -īre class, loss of -v- appears to have produced competing assimilated and dissimilated forms, the latter resulting from semivocalization of the stem vowel /i/.

Both types of outcome are shown in Table 5 below.

Table 5 Late spoken Latin perfect endings (2nd person singular and all plural forms)
Cantāre ‘to sing’Dormīre ‘to sleep’
Sing.2nd person[kanˈtasti][doɾˈmisti] ~ [doɾˈmjesti]
Plu.1st person[kanˈtamos][doɾˈmimos] ~ [doɾˈmjemos]
2nd person[kanˈtastes][doɾˈmistes] ~ [doɾˈmjestes]
3rd person[kanˈtaɾont][doɾˈmiɾont] ~ [doɾˈmjeɾont]
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Ferdinand Bardamu
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Re: Formazione del passato remoto

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Ho ritrovato un libriccino che acquistai anni fa, Introduzione allo studio del latino volgare di Charles Hall Grandgent, edito per i tipi di Hoepli nel 1914. Nella sezione dedicata ai perfetti deboli, al paragrafo 423 si legge (sottolineatura mia):

«La tendenza a conservare l’accento sulla vocale caratteristica, e anche l’inclinazione generale a omettere v tra due i, condusse presto, nella quarta coniugazione, alla riduzione di -īvĭstī in -īstī e di -īvĭstis in -īstis, che portò non molto dopo alla ulteriore riduzione di -īvī in -ĭī e *-īī, -īvit in -ĭĭt e *-īĭt, -īvē̆runt in -ierunt, e, piú tardi, alla riduzione di -īvimus in -īmus e probabilmente *-īmmus (poiché l’allungamento dell’m potrebbe esser dovuto a compenso, o anche, forse, al desiderio di distinguere il perfetto dal presente)».

Al paragrafo 424 si legge invece:

«La caduta di v, penetrata nella prima coniugazione, diede presto origine a una riduzione di -āvĭstī, -āvĭstis, -āvē̆runt in -āstī, -āstis, -ārunt. Molto piú tardi -āvi > -āi, -āvit > -āit e -āt >, -āvĭmus > -āmus e probabilmente *-āmmus. […] La contrazione senza caduta del v diede origine, nella terza persona singolare, ad -aut; e nella prima persona plurale, probabilmente ad *-aumus: triumphaut a Pompei, Densusianu, I, 152. Questo -aut prevalse nel romanzo: it. amò e amào, ecc. L’*-aumus si conservò in alcuni dialetti dell’antico francese presso Douai: Rom., XXX, 607».

Per la prima plurale, le forme che egli elenca nella successiva tabella riassuntiva, limitatamente alla prima e alla quarta coniugazione, sono rispettivamente: -àvimu(s), -àmu(s), *-àmmu(s), *-àumu(s); -ívimu(s), -ímu(s), *-immu(s).
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Re: Formazione del passato remoto

Intervento di Ligure »

Ferdinand Bardamu ha scritto: sab, 25 apr 2020 14:19 Ho ritrovato un libriccino che acquistai anni fa, Introduzione allo studio del latino volgare di Charles Hall Grandgent, edito per i tipi di Hoepli nel 1914.

... riduzione di -īvimus in -īmus e probabilmente *-īmmus (poiché l’allungamento dell’m potrebbe esser dovuto a compenso, o anche, forse, al desiderio di distinguere il perfetto dal presente)».

Per la prima plurale, le forme che egli elenca nella successiva tabella riassuntiva, limitatamente alla prima e alla quarta coniugazione, sono rispettivamente: -àvimu(s), -àmu(s), *-àmmu(s), *-àumu(s); -ívimu(s), -ímu(s), *-immu(s).
Molto interessante. La considerazione della "motivazione evolutiva" a poter distinguere il pass. rem. dal pres. si riscontra in diversi autori - ho citato, ad es., il Rohlfs -. Se capisco bene, purtroppo, l'esito della I pers. plur. del pass. rem. non è stato riscontrato nell'iscrizioni pervenuteci. Ed è assolutamente possibile che non si trattasse di un esito unico. Potrebbero benissimo essere esistiti allomorfi distinti. Se pure, così ragionando, si rimane in un ambito speculativo. Il credito che attribuivo al Rohlfs è dovuto a un duplice motivo:

1) se l'esito geminato già potesse essere fatto risalire - quale forma unica - al latino volgare, non risulterebbe possibile giustificare esiti toscani del tipo di "cantamo" né forme del tipo di "cantaimo". Tutte attestate. Inoltre, sarebbe poco credibile, in tal caso, ipotizzare "cantamo" quale degeminazione toscana del tipo toscano "cantammo";

2) se l'esito geminato fosse davvero esistito e fosse stato unico nel latino volgare, non solo non si potrebbe spiegare quanto al punto 1), ma neppure si potrebbero giustificare le grafie iberiche - castigliane e portoghesi - né quella francese. Tutte caratterizzate da "-m-". Indipendentemente dalle vicende - spesso diverse - della pronuncia.

In questi casi la difficoltà logica che si presenta è sempre la stessa. Dover attribuire al latino - sia pure volgare - una forma sola. Che, in questo caso, "spiega" una lingua sola, l'italiano, ma non le altre. Mentre nell'italiano "antico" - per altro - essa conviveva con - almeno - un'altra forma, degeminata e non derivabile dall'unico etimo ammesso.

Non vorrei che il Patota avesse pensato solo all'italiano attuale e il Mackenzie soltanto al castigliano. Perché - in tal caso - risulterebbe inevitabile che le rispettive "ricostruzioni" siano in contraddizione ...
Ultima modifica di Ligure in data sab, 25 apr 2020 15:26, modificato 1 volta in totale.
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Re: Formazione del passato remoto

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Faccio un’ipotesi del tutto improvvisata, anzi piú che altro si tratta di una domanda: è possibile che l’esito italiano (toscano) cantamo sia l’evoluzione di cantaimo? Se sí, si giustificherebbe una tarda ulteriore evoluzione con la geminata, per dissimilazione dalla forma omofona dell’indicativo presente. Quest’ipotesi presuppone però che la sola forma che continua il latino CANTAVĬMUS sia cantaimo, mentre cantamo e poi cantammo rappresenterebbero evoluzioni molto tarde, già d’epoca romanza.
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Re: Formazione del passato remoto

Intervento di Infarinato »

Ligure ha scritto: sab, 25 apr 2020 15:06 Non vorrei che il Patota avesse pensato solo all'italiano attuale e il Mackenzie soltanto al castigliano. Perché - in tal caso - risulterebbe inevitabile che le rispettive "ricostruzioni" siano in contraddizione ...
È [sostanzialmente] cosí.
Ligure ha scritto: ven, 24 apr 2020 21:24Probabilmente non ho colto il senso della citazione del Mackenzie…
Sí, c’è un equivoco. :) Io mi riferivo esclusivamente allo sviluppo di -aut. Ed è del tutto evidente che il Mackenzie pensa in particolare al castigliano, come dimostra il citato [ulteriore] sviluppo di quella stessa desinenza per i verbi della quarta coniugazione (oltreché il fenomeno di dissimilazione che coinvolge la 2ª pers. sing. e tutte le forme plurali, sempre della quarta coniugazione, riportate nella seconda tabella da Lei citata).

Ho anche detto che «quanto dice il Patota è sostanzialmente corretto» e ho ricordato che nel latino volgare sono attestate diverse forme per la 3ª sing. del perfetto. Per la 1ª pl. si tende oggi a ricostruire un protoromanzo *amammos, o meglio, per maggior cautela, un *amam(m)os. Ora, già queste forme vanno prese con le pinze: anche tenendo conto della variante con la scempia, nessuna delle due può evidentemente essere presa «alla lettera» come antecedente della forma sarda, che ovviamente conserva -u-.

Inoltre, sono ovviamente possibili anche esiti intermedi (tra la forma classica e quelle date, cioè) quali i già citati *amaimus/-os e *amaumus/-os, che possono essere legittimamente considerati alla base di alcune delle forme romanze effettivamente attestate.

Quindi, seguendo il Genot, per quanto riguarda lo sviluppo del fiorentino/italiano, da căntāvĭmŭs /kanta̍ːwimus/ [kɐnˈtaːwɪmʊs] si avrà [kanˈtaˑi̯mo(s)] (> [kanˈtajmo(s)]) con caduta di [w] oppure [kanˈtawmo(s)]) per sincope; quindi, dall’uno o dall’altro, [kanˈtamːmo] /kanta̍mmo/ cantammo.

In quest’ottica, *amamus/-os (con la scempia) può essere considerato tanto esito diretto di una delle forme «intermedie» [lege: «intermedie per il fiorentino/italiano»] *amaimus/-os e *amaumus/-os (esito «meno regolare» di *amammus/-os, però) quanto esito ulteriore di *amammus/-os (già del latino volgare, però).

P.S. Raccomando a tutti la lettura dell’introduzione della Linguistique diachronique de l’italien littéraire del Genot [perlomeno] a partire dall’ultimo capoverso di p. 4. ;)
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Re: Formazione del passato remoto

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Molte grazie, Infarinato. :)

Mi rimane ancora un dubbio. Mi pare che il Genot sia piú convincente del Patota, sia perché in questo modo dà conto di due esiti diversi entrambi possibili, sia perché non presuppone il passaggio da /w/ a /v/. Insomma, se si ha ben presente che il «diphtongue à aperture décroissante» è «instable dans le domaine italien» e provoca quindi «un allongement compensatoire de la consonne suivante», che motivo c’è di supporre un’assimilazione consonantica che semplifica la sequenza /-vm-/?
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Re: Formazione del passato remoto

Intervento di Infarinato »

Ferdinand Bardamu ha scritto: sab, 25 apr 2020 19:27 Mi pare che il Genot sia piú convincente del Patota, sia perché […] sia perché non presuppone il passaggio da /w/ a /v/.
Codesto (che sarebbe sbagliato) non mi risulta: mi pare che lui parli semplicemente di passaggio da -VM- (cioè [wm]) a -mm-… 🤔
Ferdinand Bardamu ha scritto: sab, 25 apr 2020 19:27 Insomma, se si ha ben presente che il «diphtongue à aperture décroissante» è «instable dans le domaine italien» e provoca quindi «un allongement compensatoire de la consonne suivante», che motivo c’è di supporre un’assimilazione consonantica che semplifica la sequenza /-vm-/?
Ma allora ti chiedo: praticamente, che differenza c’è [qui] tra «allungamento di compenso» e assimilazione regressiva? 😜 Si tratta in ogni caso di un passaggio da [wm] (o eventualmente [jm]) a [mm]. Anche i famosi allungamenti di compenso in greco antico (dialetto attico, per intenderci) cosa sono se non delle «assimilazioni regressive» in cui una liquida o una nasale (eventualmente seguite da [s]) cadono vocalizzandosi completamente e, cosí facendo, allungano la vocale precedente? 😉
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Re: Formazione del passato remoto

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Infarinato ha scritto: sab, 25 apr 2020 19:47 [Mi]i pare che lui parli semplicemente di passaggio da -VM- (cioè [wm]) a -mm-… 🤔
Ho frainteso! Chiedo scusa. :oops:
Infarinato ha scritto: sab, 25 apr 2020 19:47 Si tratta in ogni caso di un passaggio da [wm] (o eventualmente [jm]) a [mm].
Chiarissimo. Grazie ancora. :)
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