Dittongazione di «e» nelle traslitterazioni dal greco
Inviato: gio, 16 lug 2020 1:33
Ho a lungo esitato su quale filone scegliere per il mio quesito, che in realtà comprende diversi problemi in uno, e mi scuso per il tema, che solo in parte ha attinenza con la lingua italiana.
La questione della traslitterazione dei grecismi nell’italiano medievale e rinascimentale è stata trattata, fra gli altri, da Migliorini, Maraschio e, da ultimo, R. Tesi. In generale, le traslitterazioni, per così dire, «fonetiche», risentono di modalità antecedenti a Erasmo e a Reuchlin. Negli scritti cinquecenteschi, per esempio, troviamo varie parole o espressioni greche traslitterate nell’alfabeto latino, nelle quali si trova η a volte reso con i, a volte con e (agapiton e agapeton), υ a volte con i, a volte con y (tipo o typo per τύπῳ).
In due di questi testi, di area fiorentina, però mi sono imbattuto rispettivamente in un eni chiè mono (ἐνὶ καὶ μόνῳ) e in un euchieste per εὔχεσθαι (ma euchos per εὖχος) che non riesco proprio a spiegare. Se la monottongazione αι = e non mi crea problemi, non capisco affatto come la vocale palatale si dittonghi in ie. Si tratta di un’idiosincrasia fiorentina (per es., può capitare di trovare che la pronuncia antica del latino genus era ghienus), oppure è un fenomeno molto più diffuso all’epoca?
La questione della traslitterazione dei grecismi nell’italiano medievale e rinascimentale è stata trattata, fra gli altri, da Migliorini, Maraschio e, da ultimo, R. Tesi. In generale, le traslitterazioni, per così dire, «fonetiche», risentono di modalità antecedenti a Erasmo e a Reuchlin. Negli scritti cinquecenteschi, per esempio, troviamo varie parole o espressioni greche traslitterate nell’alfabeto latino, nelle quali si trova η a volte reso con i, a volte con e (agapiton e agapeton), υ a volte con i, a volte con y (tipo o typo per τύπῳ).
In due di questi testi, di area fiorentina, però mi sono imbattuto rispettivamente in un eni chiè mono (ἐνὶ καὶ μόνῳ) e in un euchieste per εὔχεσθαι (ma euchos per εὖχος) che non riesco proprio a spiegare. Se la monottongazione αι = e non mi crea problemi, non capisco affatto come la vocale palatale si dittonghi in ie. Si tratta di un’idiosincrasia fiorentina (per es., può capitare di trovare che la pronuncia antica del latino genus era ghienus), oppure è un fenomeno molto più diffuso all’epoca?