Analogia ed etimologia nel passato remoto
Inviato: sab, 17 ott 2020 15:17
Un sintetico quesito che non ho la competenza (né i testi) per poter risolvere soddisfacentemente.
Esiti del pass. rem. quali "ténni" e "vénni" - caratterizzati da geminazione anetimologica dovuta a fonema consonantico seguito da /u/ (nel lat. classico si avevano, rispettivamente, tĕnŭĭ e vēnĭ, quindi, quest'ultimo, per analogia, "deve" essere passato a vēnŭĭ - altrimenti, in italiano non si sarebbe avuto "vénni" geminato a causa di /n/ seguito da /u/) - mostrano totale similitudine.
Quanto esposto relativamente agli esiti che includevano /C/ (consonante) + /u/ s'è verificato in altri casi - in cui, effettivamente, /u/ risultava presente - come, ad es., in "ebbi", "giacqui", "piacqui", "seppi", "tacqui", "volli", ma - per analogia - anche in verbi in cui le rispettive forme etimologiche risultavano prive di /u/: "bevvi", "conobbi", "crebbi", "nacqui", "piovve", "stetti" et c. [ne tratta, ad es., il Rohlfs] ...
Si tratta, insomma, dello stesso processo in base al quale la Toscana ebbe l'esito "acqua" - stigmatizzato, a suo tempo, nell'Appendix Probi - in luogo della voce del lat. classico aqua ...
Ovviamente, tĕnŭĭ avrebbe fornito l'inesistente (almeno, penso) "tènni", non "ténni".
Domanda: quindi, la voce verbale "ténni" - caratterizzata da pronuncia chiusa - va considerata la manifestazione di un'analogia sorta in ambito romanzo e dovuta alla similitudine della coniugazione dei due verbi o sarebbe più ragionevole attribuirla a uno stadio evolutivo ancora precedente e ipotizzare, di conseguenza, l'esistenza di una forma analogica già nel lat. volgare quale tēnŭĭ - in luogo di tĕnŭĭ -?
Esiti del pass. rem. quali "ténni" e "vénni" - caratterizzati da geminazione anetimologica dovuta a fonema consonantico seguito da /u/ (nel lat. classico si avevano, rispettivamente, tĕnŭĭ e vēnĭ, quindi, quest'ultimo, per analogia, "deve" essere passato a vēnŭĭ - altrimenti, in italiano non si sarebbe avuto "vénni" geminato a causa di /n/ seguito da /u/) - mostrano totale similitudine.
Quanto esposto relativamente agli esiti che includevano /C/ (consonante) + /u/ s'è verificato in altri casi - in cui, effettivamente, /u/ risultava presente - come, ad es., in "ebbi", "giacqui", "piacqui", "seppi", "tacqui", "volli", ma - per analogia - anche in verbi in cui le rispettive forme etimologiche risultavano prive di /u/: "bevvi", "conobbi", "crebbi", "nacqui", "piovve", "stetti" et c. [ne tratta, ad es., il Rohlfs] ...
Si tratta, insomma, dello stesso processo in base al quale la Toscana ebbe l'esito "acqua" - stigmatizzato, a suo tempo, nell'Appendix Probi - in luogo della voce del lat. classico aqua ...
Ovviamente, tĕnŭĭ avrebbe fornito l'inesistente (almeno, penso) "tènni", non "ténni".
Domanda: quindi, la voce verbale "ténni" - caratterizzata da pronuncia chiusa - va considerata la manifestazione di un'analogia sorta in ambito romanzo e dovuta alla similitudine della coniugazione dei due verbi o sarebbe più ragionevole attribuirla a uno stadio evolutivo ancora precedente e ipotizzare, di conseguenza, l'esistenza di una forma analogica già nel lat. volgare quale tēnŭĭ - in luogo di tĕnŭĭ -?