«Flaccido»: es. «nuvole gonfie e flaccide»
Inviato: sab, 24 ott 2020 21:33
Con riferimento al tesuto muscolare l’aggettivo «flaccido» significa privo di tonicità (corpo flaccido). Con riferimento a mancanza di forza morale, l’aggettivo significa debole, svigorito (società flaccida).
Con riferimento al contesto sottostante però, voi come parafrasereste l’aggettivo «flaccido» in «quel giorno coperto di nuvole gonfie e flaccide» ?
Le «nuvole gonfie e flaccide» sono nuvole da cui cade la pioggia, ma perché sono «flaccide» ?
Contesto
Aldo, un uomo vacuo e frivolo, ha un debole per le donne alle quali sempre corre dietro per fotografare. Invita Giovanna a trascorrere una breve villeggiatura estiva a Venezia. Un anno prima Aldo aveva invitato Libella, una candida ragazza che lui conosceva appena, ad andare in riva al mare con lui apparentemente per fotografarla ma il suo vero intento era quello di sedurla. Aldo le fece qualche foto in diverse pose sulla sabbia ma Libella non cedette ai suoi tentativi di baciarla e accarezzarla. Ferito dal rifiuto di Libella, per vendicarsene se ne andò con i suoi vestiti in macchina abbandonandola sulla spiaggia deserta, sola, con addosso solo il costume da bagno. Adesso a Venezia, una notte Aldo si ubriaca e il rimorso represso dentro di lui per il male fatto a Libella riaffiora e lo ossessiona. Si domanda che fine avrà fatto la ragazza da lui abbandonata in riva al mare quel pomeriggio, sola e seminuda. Tutto ad un tratto abbandona Giovanna a Venezia per ritornare a casa a Santa Margherita a cercare nei suoi numerosi album di fotografie una foto di Libella che gli permetta di richiamare più chiaramente alla memoria i lineamenti dimenticati del viso dolce e ingenuo di lei.
«”Vado a Santa Margherita”, disse. “Tornerò fra pochi giorni.” [Giovanna] Non sapeva che cosa egli andasse a fare a Santa Margherita, solo. Cercò d’indovinarlo, osservandolo in viso, e capì subito. Rivide sulla scrivania, nel suo studio, il grosso album con le foto di tante e tante donne. Andava a cecare Libella. Ormai era come un male, per lui. Egli era molto diverso da prima, non era mai stato così inquieto e penoso, eppure così teso, come covasse un fuoco che non voleva far vedere. Divenne mesta… e il cielo di Venezia, quel giorno coperto di nuvole gonfie e flaccide, di un grigio scuro che prometteva pioggia, la deprimeva ancora di più…. Era inutile corrergli dietro tanto, tutta la vita gli era corsa dietro e lui pensava sempre a qualche altra.»
(I diecimila angeli, Giorgio Scerbanenco)
Con riferimento al contesto sottostante però, voi come parafrasereste l’aggettivo «flaccido» in «quel giorno coperto di nuvole gonfie e flaccide» ?
Le «nuvole gonfie e flaccide» sono nuvole da cui cade la pioggia, ma perché sono «flaccide» ?
Contesto
Aldo, un uomo vacuo e frivolo, ha un debole per le donne alle quali sempre corre dietro per fotografare. Invita Giovanna a trascorrere una breve villeggiatura estiva a Venezia. Un anno prima Aldo aveva invitato Libella, una candida ragazza che lui conosceva appena, ad andare in riva al mare con lui apparentemente per fotografarla ma il suo vero intento era quello di sedurla. Aldo le fece qualche foto in diverse pose sulla sabbia ma Libella non cedette ai suoi tentativi di baciarla e accarezzarla. Ferito dal rifiuto di Libella, per vendicarsene se ne andò con i suoi vestiti in macchina abbandonandola sulla spiaggia deserta, sola, con addosso solo il costume da bagno. Adesso a Venezia, una notte Aldo si ubriaca e il rimorso represso dentro di lui per il male fatto a Libella riaffiora e lo ossessiona. Si domanda che fine avrà fatto la ragazza da lui abbandonata in riva al mare quel pomeriggio, sola e seminuda. Tutto ad un tratto abbandona Giovanna a Venezia per ritornare a casa a Santa Margherita a cercare nei suoi numerosi album di fotografie una foto di Libella che gli permetta di richiamare più chiaramente alla memoria i lineamenti dimenticati del viso dolce e ingenuo di lei.
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«”Vado a Santa Margherita”, disse. “Tornerò fra pochi giorni.” [Giovanna] Non sapeva che cosa egli andasse a fare a Santa Margherita, solo. Cercò d’indovinarlo, osservandolo in viso, e capì subito. Rivide sulla scrivania, nel suo studio, il grosso album con le foto di tante e tante donne. Andava a cecare Libella. Ormai era come un male, per lui. Egli era molto diverso da prima, non era mai stato così inquieto e penoso, eppure così teso, come covasse un fuoco che non voleva far vedere. Divenne mesta… e il cielo di Venezia, quel giorno coperto di nuvole gonfie e flaccide, di un grigio scuro che prometteva pioggia, la deprimeva ancora di più…. Era inutile corrergli dietro tanto, tutta la vita gli era corsa dietro e lui pensava sempre a qualche altra.»
(I diecimila angeli, Giorgio Scerbanenco)