«Chat»

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Ferdinand Bardamu
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Re: «Chat»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

brg ha scritto: sab, 12 feb 2022 12:55 Be', se non si fanno scrupoli i francesi, perché dovremmo farcene noi? Nell'interfaccia francese di Whatsapp, ho appena controllato, le chat si chiamano semplicemente discussions, mentre quelle, che in italiano sono indicate come liste broadcast, sono chiamato listes de diffusion in francese, perché sono l'equivalente delle liste di distribuzione di cui sopra.
Qui mi trova d’accordo. Chat non è altro che una discussione informale, una chiacchiera, quindi discussion non mi pare fuori luogo come traducente. Per esempio, posso dire «Sono impegnato in dieci discussioni su WhatsApp» intendendo quello che in itanglese si direbbe «… in dieci chat». Inoltre, le liste di distribuzione di WhatsApp sono alla fin fine delle mailing list o newsletter (bollettini), dunque anche qui non c’è nulla di veramente nuovo. Capisco insomma il suo argomento e pure l’esigenza di non inseguire la moda del momento per trovare equivalenti italiani.

Mi risulta ancora difficile capire, però, come si possa assimilare la chat, anche di gruppo, che è usata per discussioni informali, disorganizzate, estemporanee, rapide, a un gruppo di discussione (newsgroup), nel quale le conversazioni si sviluppano attorno a un tema, sono raggruppate per filoni, e non avvengono in tempo reale. Beninteso: non intendo farne una questione di differenze tecniche, ma solo d’uso e di finalità comunicativa. In entrambi i casi lo scopo è riunire le persone per consentir loro di discutere, certamente, ma l’organizzazione delle discussioni è sostanzialmente diversa (un flusso continuo da una parte*, un elenco di filoni di discussione con un titolo dall’altro). Mi perdoni la banalità dell’esempio, ma usare la stessa parola per tradurre l’uno e l’altra mi sembra come tradurre telephone directory e book entrambi con libro, perché tutt’e due gli oggetti sono un insieme di fogli stampati, rilegati e forniti di copertina. È anche questa una descrizione appiattita sul presente?

__________
*In piú, se non ricordo male (mi corregga pure se sbaglio), un tempo le conversazioni delle chat, come le discussioni nei canali di IRC, non venivano automaticamente salvate, sicché da qui si può evincere come lo scopo fosse diverso da quello dei gruppi di discussione.
brg
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Re: «Chat»

Intervento di brg »

Le ho assimilate, perché l'origine è comune. Uno dei primi servizi delle reti informatiche è stato appunto la posta elettronica. Quindi, inizialmente, con la posta elettronica si faceva tutto: dai gruppi di discussione propriamente detti, ai bollettini, alle chiacchiere informali. Poi sono stati creati protocolli e tecnologie apposite per ciascuno scopo, prima assolto dalla posta. Sono stati inventati quindi i newsgroup appositamente per le discussioni, le internet relay chat per le chiacchiere informali, la copia nascosta (il campo CCN dei messaggi di posta elettronica) per i bollettini, la messaggistica istantanea per un uso ibrido tra la chiacchiera e la discussione e così via. Si potrebbe dire che tutte queste specie di comunicazione sono nate da specializzazioni nell'uso del servizio di posta elettronica originale.
In piú, se non ricordo male (mi corregga pure se sbaglio), un tempo le conversazioni delle chat, come le discussioni nei canali di IRC, non venivano automaticamente salvate, sicché da qui si può evincere come lo scopo fosse diverso da quello dei gruppi di discussione.
Esatto. Come ho già ricordato, l'elemento distintivo della internet relay chat rispetto ai suoi simili è l'assenza di memoria, cosa che si presta naturalmente ad un uso più informale della stessa. Ad esempio le distribuzioni di Linux usano i canali di IRC per offrire supporto tecnico, per metter in comunicazione i gruppi di lavoro, per discussioni informali, pure se tecniche. Poi, ovviamente, che cosa sia informale e cosa non lo sia finisce per essere questione di percezione. Le sessioni informali del Consiglio dell'Unione Europea sono probabilmente più formali delle riunioni formali del circolo rionale di calcetto.
domna charola
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Re: «Chat»

Intervento di domna charola »

brg ha scritto: ven, 11 feb 2022 23:56 Quello che differenzia tecnicamente una chat da una mailing list è insomma che nella chat i messaggi si ricevono solo se in quel momento si è connessi al server, mentre con mailing list, newsgroup e simili si ricevono tutti i messaggi inviati sul canale. Servizi come quelli offerti da Whatsapp o Facebook o Linkedin non sono, in senso proprio, chat, ma nuovi servizi di messaggistica istantanea, più simili in realtà al concetto di newsgroup o mailing list.
Proprio tenendo conto di queste caratteristiche originarie, mi viene da distinguere la chat da tutte le altre tipologie: si tratta essenzialmente di chiacchiere, come ha già detto qualcuno, chiacchiere per le quali non vale la pena nemmeno di lasciare traccia. Appena si ravvisa un qualche interesse più serio, si passava, e si passa, a sistemi più strutturati, definibili appunto "gruppi di discussione" e caratterizzati da tematiche precise, possibilità di leggere e rispondere in tempo anche molto differito, etc.
brg ha scritto: sab, 12 feb 2022 12:55 Be', se non si fanno scrupoli i francesi, perché dovremmo farcene noi? Nell'interfaccia francese di Whatsapp, ho appena controllato, le chat si chiamano semplicemente discussions, mentre quelle, che in italiano sono indicate come liste broadcast, sono chiamato listes de diffusion in francese, perché sono l'equivalente delle liste di distribuzione di cui sopra.
Occorre però vedere tutti i significati di "discussions" in francese. Per noi discussione ha un significato preciso, che è molto diverso da "chiacchierata con gli amici parlando del tempo che fa". Insomma, i messaggi lampo fitti di faccine e cuoricini per noi in itlainao non sono "discussioni". Può darsi che in francese il termine indichi anche le chiacchierate, da noi no, e risulta fuorviante.
brg ha scritto: sab, 12 feb 2022 12:55 Per cui chat nella percezione popolare, e sottolineo percezione popolare, nel 1990 indicava una cosa, nel 1995 un'altra, nel 2000 un'altra ancora e nel 2010 infine qualcosa di ancora diverso.
La lingua ha bisogno di definizioni stabili, per quanto possibile, altrimenti degenera in dialetto o gergo e quello che lei ora si sforza di tradurre, tentando di adattarlo al massimo alla percezione del momento, tra dieci anni, o forse meno, sarà obsoleto.
Appunto. L a lingua ha termini stabili, che però impercettibilmente nel tempo mutano significato, sia in base alla percezione popolare - come lei esemplifica per il termine qui in discussione - sia in base al mutare dell'oggetto.
Tanto per dire, continuo a usare il termine padella come mia nonna, ma lei si riferiva a un oggetto di ferro da tenere con cura per evitare che arrugginisse, mentre io mi riferisco a un oggetto in alluminio con copertura in composti ceramici di varia natura che non ha problemi di ruggine ma su cui non posso usare utensili di metallo pena il danneggiamento. Sempre padella è, anche se la tecnologia l'ha profondamente cambiata.
brg
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Re: «Chat»

Intervento di brg »

domna charola ha scritto: lun, 14 feb 2022 9:37 Tanto per dire, continuo a usare il termine padella come mia nonna, ma lei si riferiva a un oggetto di ferro da tenere con cura per evitare che arrugginisse, mentre io mi riferisco a un oggetto in alluminio con copertura in composti ceramici di varia natura che non ha problemi di ruggine ma su cui non posso usare utensili di metallo pena il danneggiamento. Sempre padella è, anche se la tecnologia l'ha profondamente cambiata.
Esattamente, lei ha, seppur involontariamente, ulteriormente esemplificato il problema da me posto. Il concetto di padella, cioè di pentola bassa, larga, con manico è sempre quello: a cambiare è solo la connotazione. Ciò che suscita la mia irritazione, qui come in altri ambiti simili, è il fatto che a cambiare a ritmo serrato sia invece proprio la denotazione, in una corsa malata, guidata dagli esperti di comunicazione e di marketing. La parola chat è semplice, facile, immediata, associata a concetti positivi ed alla moda: per questo viene, di fatto, risemantizzata man mano che c'è da vendere l'ultima trovata.

Quando è nata, la chat, era precisamente un gruppo di discussione senza memoria. Quella che viene ora chiamata chat nei servizi di messaggistica istantanea è evidentemente un'altra cosa, perché la memoria* ce l'ha. Un gruppo di discussione senza memoria, che ritrova la memoria, per me è un gruppo di discussione sic et simpliciter. Che poi il servizio venga usato per discutere di massimi sistemi filosofici o per discutere dell'aspetto dei concorrenti di San Remo, oppure che il servizio venga usato per inviare messaggi in linguaggio preciso e forbito o cuoricini e gattini è un fatto che interessa i sociologi, non me. Se, poi, a non piacere è la parola "discussione", si può sempre usare l'abbreviazione "gruppo", che di sicuro va sempre bene quando si parla di due o più persone. Oppure chiamiamoli dialoghi o colloqui; io ho semplicemente proposto "discussione" perché la locuzione "gruppo di discussione" è già in uso per servizi e applicazioni di rete strettamente legati a quello in discussione.

*Caratteristica che viene sfruttata tanto dall'utente, che dal fornitore del servizio, visto che quest'ultimo usa i dati raccolti, la memoria, proprio per profilare gli utenti. D'altra parte le relay chat originali, per essere più veloci e meno gravose per la rete, usano sistemi di comunicazione a rete paritaria (peer to peer), mentre i servizi di messaggistica istantanea come Whatsapp e Facebook usano sistemi client-server.

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Modifica: mi sono appena ricordato che un termine correntemente usato per questo tipo di comunicazione è "conversazione".
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
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Re: «Chat»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Mi sembra che queste considerazioni tecniche siano utili fino a un certo punto. Come ho osservato sopra, se dovessimo prendere in esame la tecnica con la quale un certo oggetto è prodotto, dovremmo dedurne che, per esempio, telephone directory e book dovrebbero avere come equivalente italiano soltanto libro.

Ribadisco di nuovo che i gruppi di discussione (newsgroup) —che sono, nella sostanza, simili ai fòri come il presente— hanno una funzione ben precisa, al di là del registro che vi adottano gli iscritti e dei contenuti, seri o faceti, frivoli o profondi: discutere intorno a un argomento. Le chat, invece, sono caratterizzate da un flusso continuo di messaggi; il fatto che oggi si possa consultare la cronologia di una conversazione non le raccosta ai fòri o ai gruppi di discussione. Inoltre, una chat si può avviare anche tra due sole persone (che non sono dunque un «gruppo»).

Nelle chat le discussioni non sono raccolte in filoni con titoli e la ricerca di un certo messaggio o di un certo argomento non è dunque facilitata, proprio perché il loro scopo non è tanto quello di riunire un gruppo di utenti per discorrere di un certo tema (che si tratti di Sanremo, di gatti e cani o di Kant e Hegel non cambia nulla) quanto quello di chiacchierare («to chat», appunto) liberamente, senza un preciso filo conduttore. Tant’è vero che il concetto di fuori tema (off topic) non ha alcun senso in una chat.

Tradurre chat e newsgroup entrambi con gruppo di discussione sarebbe come dire che la chiacchierata al bar tra amici è sostanzialmente uguale alla discussione che si fa in una riunione di un circolo (obbistico, politico, sportivo), in una conferenza, ecc. Non è una questione di connotazione, bensí di denotazione: chat e newsgroup, cioè ciberciarla (o come lo vogliamo tradurre) e gruppo di discussione, sono proprio due cose diverse (ripeto: di là dalla tecnica che le rende possibili, che non mi pare pertinente ai fini della traduzione).
domna charola
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Re: «Chat»

Intervento di domna charola »

Concordo, era quello che cercavo di dire. Anche per me quello che per il fruitore fa la differenza è alla fine il tipo di atteggiamento che ha quando usa lo strumento. Se voglio solo chiacchierare vado in un qualcosa che definisco chat, scrivo al volo e so che dall'altra parte stanno già leggendo; mentre se voglio fare un discorso strutturato, vado in un foro o in un gruppo di discussione, scrivo e rileggo con calma. Sono due cose diverse. Discussione per me implica che ci sia un oggetto attorno al quale si vuole raggiungere un qualche livello di approfondimento, o di accordo o anche rimarcare delle divergenze di opinione. Le chiacchiere oziose vivono invece in un'altra dimensione.
brg
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Re: «Chat»

Intervento di brg »

Ferdinand Bardamu ha scritto: lun, 14 feb 2022 15:35 Nelle chat le discussioni non sono raccolte in filoni con titoli e la ricerca di un certo messaggio o di un certo argomento non è dunque facilitata, proprio perché il loro scopo non è tanto quello di riunire un gruppo di utenti per discorrere di un certo tema (che si tratti di Sanremo, di gatti e cani o di Kant e Hegel non cambia nulla) quanto quello di chiacchierare («to chat», appunto) liberamente, senza un preciso filo conduttore. Tant’è vero che il concetto di fuori tema (off topic) non ha alcun senso in una chat.
Su questo punto dissento fortemente e mi scuserete la citazione personale:
brg ha scritto: ven, 11 feb 2022 23:56 La chat in rete nasce come internet relay chat, un sistema di comunicazione su canali, tipicamente tematici, che differisce dalla mailing list non tanto per essere immediata, che tecnicamente lo è pure la mailing list, né per non essere a tema, ma per essere senza memoria.
Riassumo le mie obiezioni, per essere chiaro e schematico:
  • La "internet relay chat" ha i suoi canali (i filoni) e le sue stanze (le discussioni), con le loro regole e predisposizioni. Ad esempio, la distribuzione di Linux Debian ha una lunga lista di canali tematici. Le cosiddette "chat" di Whatsapp sono diverse, ma è proprio lì il problema.
  • La "chat" di Whatsapp usa un sistema centralizzato del tutto simile ad una implementazione privata del servizio di posta elettronica. In un tale contesto l'informalità della conversazione la fanno più i partecipanti, che la tecnologia. Ad esempio, le conversazioni di Whatsapp sul mio telefono di lavoro sono diverse da quelle sul telefono privato e non sono francamente descrivibili come "ciberciarle".
  • Il vocabolo "chat" è oramai decisamente polisemico, per tutta una serie di ragioni, alcune delle quali ho tentato di mostrare. Ciò significa, dal mio personalissimo punto di vista, che o viene adottato un termine generico che ha una qualche attinenza con i differenti valori della parola o vengono adottati più termini specifici che tentino di riproporre precisamente i vari significati. Io propendo per la prima soluzione, il termine generico, magari da sostituire nei vari contesti, quando sia possibile, con parole di uso comune, quali discussione, conversazione, gruppo, stanza.
domna charola
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Re: «Chat»

Intervento di domna charola »

Al di là della storia del termine e di tutti gli annessi, resta il fatto che i due livelli di comunicazione sono molto diversi.
Anche rimanendo in un ambito serio, come può essere il lavoro d'ufficio, faccio una precisa scelta circa il canale da usare per comunicare, a seconda dell'importanza, della necessità di permanenza, dell'ufficialità della comunicazione.
Col collega posso anche affrontare una lunga amichevole disquisizione sulle facies granulitiche in ambiente di crosta profonda, infarcendola di facezie assortite a tema, o anche molto seriamente per metter a punto un progetto di ricerca, e allora uso un sistema di comunicazione tipo Uotsappo, perché sono chiacchiere inter nos, di cui non ho necessità di mantenere la relazione, oppure di cui ho proprio necessità che non resti traccia. Se invece devo sollevare obiezioni sull'interpretazione dello steso soggetto fatta dal Servizio Geologico sulla cartografia ufficiale, invio una missiva elettronica, o magari anche di posta certificata con copia per conoscenza ai maggiori esperti del settore. Se invece ritengo veramente di avere in mano delle informazioni di importanza scientifica, passo direttamente alla pubblicazione ufficiale cartacea.
Insomma, al di là di tutto, è l'uso che determina le differenze o le affinità. Comunque si rigiri la frittata, anche nelle circostanze più serie, un abboccamento si può fare ciattando, un contratto si firma con l'identità elettronica e tutti i sacri crismi.
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Ferdinand Bardamu
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Re: «Chat»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

brg ha scritto: lun, 14 feb 2022 21:06La "chat" di Whatsapp usa un sistema centralizzato del tutto simile ad una implementazione privata del servizio di posta elettronica. In un tale contesto l'informalità della conversazione la fanno più i partecipanti, che la tecnologia. Ad esempio, le conversazioni di Whatsapp sul mio telefono di lavoro sono diverse da quelle sul telefono privato e non sono francamente descrivibili come "ciberciarle".
Per me il mezzo è il messaggio, per citare McLuhan: l’immediatezza, l’istantaneità, l’assenza di organizzazione della catena di messaggi in filoni e l’assenza di memoria (che permane, anche se oggi le piattaforme consentono di avere a disposizione la cronologia) favorisce la colloquialità e pure la frivolezza e l’inanità. Che poi si possano tenere conversazioni profonde, serie anche su WhatsApp e applicazioni simili, o per converso che in un gruppo di discussione si possa trascendere nella mera chiacchiera, è un altro discorso.

Ma di là da tutte queste disquisizioni, ciò che davvero importa per i fini che qui c’interessano è questo:
brg ha scritto: lun, 14 feb 2022 21:06 Il vocabolo "chat" è oramai decisamente polisemico, per tutta una serie di ragioni, alcune delle quali ho tentato di mostrare. Ciò significa, dal mio personalissimo punto di vista, che o viene adottato un termine generico che ha una qualche attinenza con i differenti valori della parola o vengono adottati più termini specifici che tentino di riproporre precisamente i vari significati. Io propendo per la prima soluzione, il termine generico, magari da sostituire nei vari contesti, quando sia possibile, con parole di uso comune, quali discussione, conversazione, gruppo, stanza.
Concordo sulla polisemia di chat. Non ho però ben capito quale sia la sua proposta: propende per il termine generico o per termini diversi secondo i contesti? Se intende dire che debbono essere adottati tanti termini quanti sono i significati che l’anglismo ha assunto in italiano, mi trova d’accordo.

Ritengo però forviante il termine discussione, alla luce dell’argomento che ho espresso qui su sulla colloquialità e informalità della chat. Nel Dizionario dei sinonimi del Tommaseo si legge, al paragrafo 1083 («Dibattere, discutere. Dibattimento, discussione»): «Discutere chiede piú riflessione; dibattere piú calore. Si dibatte cosa nella quale ciascuno crede averci ragione; si discute una questione pur per vederla schiarita». Al paragrafo 789 («Colloquio, Dialogo, Conversazione, Confabulazione, Diverbio») si dice: «La conversazione comprende e il convivere e il discorrere insieme di qualsiasi argomento, ma per lo piú non d’affari»; mentre al paragrafo 899 («Conversazione, Ritrovo») si definisce conversazione come «piú generale»: «Due persone fanno conversazione fra loro. Poi, abbiamo le conversazioni della sera, dove si gioca, si chiacchiera e si sbadiglia».

Interessante è poi il paragrafo 692 («Chiacchiera, Chiacchieramento, Chiacchierata. Chiacchiera, Chiacchiere»), di cui riporto questo passo significativo: «La chiacchierata ha senso di meno dispregio [rispetto a chiacchiera]. Due amici si trovano e fanno una chiacchierata insieme; discorrono e di cose grandi e di cose piccole, e di cose piacevoli e di cose serie, ma familiarmente, senza soggezione, senza pretensione, e con quella loquacità che la confidenza ispira e talvolta richiede. V’è certe chiacchierate che son tutt’altro che chiacchiere». Cosí, molto spesso nelle chat si fanno chiacchierate piuttosto che chiacchiere.

Venendo al concreto, vediamo alcuni esempi giornalistici di chat, cosí possiamo ragionare su possibili traducenti:

È la chat più usata tra colleghi d'ufficio, per scambiarsi messaggi sui lavori in corso. Slack, startup lanciata nel 2013 e diventata strumento fondamentale di comunicazione in molte aziende, avrebbe ricevuto diverse proposte di acquisizione. (La Repubblica, 16 giugno 2017)

Trame, agguati, complotti. Conditi da frizzi e lazzi, «vi raggiungo a cena», «ti penso », «ti abbraccio forte», scritti in chat come se si stesse organizzando una vacanza, non governando Roma. (La Repubblica, 10 settembre 2017)

È solo uno dei messaggi che un anno fa, all'inizio del 2016, prima di diventare candidata sindaca del M5S, Virginia Raggi inviava a una chat privata di "portavoce" romani. (La Repubblica, 2 febbraio 2017)

Come possiamo tradurlo? Nel primo caso, direi applicazione di conversazione; nel secondo e nel terzo gruppi o stanze di conversazione. Che ne dite?
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Carnby
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Re: «Chat»

Intervento di Carnby »

Se non ci fosse la proscrizione verso le parole dialettali, userei il venetismo ciacola.
brg
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Re: «Chat»

Intervento di brg »

Ferdinand Bardamu ha scritto: lun, 14 feb 2022 23:03 Concordo sulla polisemia di chat. Non ho però ben capito quale sia la sua proposta: propende per il termine generico o per termini diversi secondo i contesti? Se intende dire che debbono essere adottati tanti termini quanti sono i significati che l’anglismo ha assunto in italiano, mi trova d’accordo.
Ho effettivamente fatto un po' di confusione. Quel che volevo dire è che propendo per l'adozione di un traducente unico di "chat", quando usato in senso, per così dire, tecnico, mentre per l'uso in senso traslato preferisco l'uso di sinonimi già in uso. Cioè, quando si dice "chat" nel senso del servizio di comunicazione di rete, io userei una parola o locuzione unica, indipendentemente dalle peculiarità del servizio; mentre quando si dice "chat" in senso traslato o in metonimia, ad esempio per dire "conversazione a mezzo di chat", adopererei il termine proprio, cioè "conversazione", "discussione", "chiacchierata", "gruppo", a seconda del caso.
Ferdinand Bardamu ha scritto: lun, 14 feb 2022 23:03 È la chat più usata tra colleghi d'ufficio, per scambiarsi messaggi sui lavori in corso. Slack, startup lanciata nel 2013 e diventata strumento fondamentale di comunicazione in molte aziende, avrebbe ricevuto diverse proposte di acquisizione. (La Repubblica, 16 giugno 2017)
Leggo in rete che Slack è un prodotto informatico che rientra nella categoria dei software collaborativi o (software) applicativi per gruppi di lavoro. Offre vari servizi, tra cui appunto uno di messaggistica istantanea ("chat"). Qui, a parer mio, "chat" è una sineddoche involontaria per qualcosa di più complesso, che probabilmente va oltre l'esperienza e la possibilità (o magari volontà) di comprensione del giornalista.

Ferdinand Bardamu ha scritto: lun, 14 feb 2022 23:03 Trame, agguati, complotti. Conditi da frizzi e lazzi, «vi raggiungo a cena», «ti penso », «ti abbraccio forte», scritti in chat come se si stesse organizzando una vacanza, non governando Roma. (La Repubblica, 10 settembre 2017)

È solo uno dei messaggi che un anno fa, all'inizio del 2016, prima di diventare candidata sindaca del M5S, Virginia Raggi inviava a una chat privata di "portavoce" romani. (La Repubblica, 2 febbraio 2017)
Mah, a me qui piacerebbe "gruppo di discussione" in entrambi i casi, anche solo "gruppo" nel secondo. Peraltro, mi par di capire, qui si fa riferimento a "chat" semi-istituzionali, la cui intenzione sarebbe appunto una conversazione di un certo livello. Quello che poi è effettivamente successo, mi ripeto, è più sociologico che linguistico.
Uno non è mica che si lamenta con la Crusca, se, comprato un pacco di fogli "da disegno", poi li usa per fare collage o esercitarsi in calligrafia o li dà alla figlioletta di tre anni per scarabocchiarli: ufficialmente rimangono fogli da disegno.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
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Re: «Chat»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Mi rendo conto che gli esempi giornalistici non sono proprio i migliori per capire come orientarci: sappiamo bene come la lingua dei giornali sia molto spesso approssimativa. Non sono però d’accordo sulla traduzione gruppi di discussione, soprattutto perché questo termine si riferisce ai fòri come il presente (qualunque sia il sistema che ne permette il funzionamento tecnico), cioè a spazi organizzati in filoni e destinati a scambi comunicativi almeno teoricamente piú strutturati e meno casuali e informali (ma su questo mi sono già espresso a sufficienza).

Dissento anche per una questione semantica, perché, come ho riportato su citando il Tommaseo, tra l’idea di conversazione e chiacchierata (piú o meno seria, piú o meno profonda) e quella di discussione c’è una differenza sensibile.

È forse piú utile vedere come la parola inglese chat sia tradotta nelle interfacce delle applicazioni piú usate. Nell’interfaccia inglese di Telegram, tenendo presente che qui con chat s’intendono sia i cosiddetti canali (che corrispondono nella sostanza ai bollettini, le newsletter, e spesso non sono aperti ai commenti) sia le conversazioni private tra due o piú persone, l’etichetta posta sotto l’iconcina coi fumetti è chats; in italiano (ovviamente :roll: ) è chat; in francese è échanges; in spagnolo, portoghese e catalano rimane l’anglicismo, sebbene in catalano sia adattato in xats divenendo cosí formalmente una parola catalana (si confronti con gats, ‹gatti›).

In WhatsApp, l’inglese chats in francese diventa, com’è stato già detto, discussions; in italiano, spagnolo e catalano rimane chat (xats); in portoghese è conversas; in rumeno è conversații. Anche qui la sezione denominata Chats in inglese comprende sia canali in cui la comunicazione va da uno a molti senza la possibilità di scambi sia gruppi e conversazioni private.

In Signal, all’inglese chat corrisponde conversation in francese, chat in italiano e spagnolo, conversa in catalano e portoghese, conversaţie in rumeno.

Direi che si può osservare una certa tendenza delle lingue romanze verso la parola che in italiano corrisponde a conversazione.
brg
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Re: «Chat»

Intervento di brg »

Il termine "conversazione" ha già una certa diffusione in questo contesto. Google definisce "conversazioni" gli scambi di messaggi di posta elettronica, di chat e dei gruppi di discussione. Ovviamente ciò non risolve il problema dell'ambiguità di fondo, che io considero il vero scoglio da superare, tra tutti questi servizi.
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