«Boomer»

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marcocurreli
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Re: «Boomer»

Intervento di marcocurreli »

Ai miei tempi matusa era molto comune nel gergo giovanile. A quei tempi il gergo giovanile parlava italiano.
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Carnby
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Re: «Boomer»

Intervento di Carnby »

Potremmo parlare di generazione W, dato che i successivi sono generazione X, generazione Y (i famosi millenials) e generazione Z (i giovincelli nati subito prima o nei primi anni del XXI secolo); la successiva, quella dei bambini e ragazzini di oggi, è detta, ovviamente, generazione α.
Luke Atreides
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Re: «Boomer»

Intervento di Luke Atreides »

G. M. ha scritto: ven, 16 apr 2021 10:48 Per boomer c'è l'ottimo matusa; dal Treccani:
matuṡa s. m. e f. [accorciamento del nome di Matusalemme (v. Matusalemme)], scherz., invar. – Nel linguaggio giovanile degli anni Sessanta e Settanta del 20° secolo, persona anziana, o anche semplicemente adulta, in quanto ritenuta depositaria di idee e concezioni superate o addirittura estinte: Il terrore di esistere non è cosa Da prender sottogamba, anzi i m. ne hanno stivata tanta nei loro sottoscala Che a stento e con vergogna potevano nascondervisi (Montale).
Io l'ho avevo tradotto così: Va bene, matusa.
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G. M.
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Re: «Boomer»

Intervento di G. M. »

G. M. nel filone «Zoomer» ha scritto: dom, 09 ott 2022 21:04 Attenzione: «[b]oomer in italiano può essere reso con matusa» solo nel significato estensivo ('persona vecchia, vista come sorpassata, retrograda'); anche ipotizzando una risemantizzazione, non mi sembra un termine appropriato (né motivato) per il significato proprio ('persona nata nel periodo del baby boom').
Lorenzo Federici, 𝘪𝘣𝘪𝘥𝘦𝘮 ha scritto: dom, 09 ott 2022 21:05 E allora che si fa? Bumista? Bumusa — volendo riprendere (senza una giustificazione) matusa?
Bummiere? :P
Non saprei. Per il significato proprio, suggerirei di proseguire la discussione nel filone «Baby boomer».
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12xu
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Re: «Boomer»

Intervento di 12xu »

Riporto qui il fuori-tema di questo filone come richiesto da G.M., anche per dargli la possibilità di rispondere a al riguardo.
domna charola ha scritto: mer, 01 feb 2023 15:19
Fuori tema
12xu ha scritto: mer, 01 feb 2023 15:11 Ha ragione, avrei dovuto esprimermi meglio: intendo dire che matusa non indica specificatamente una persona con la visione del mondo di un baby boomer, quanto genericamente una persona anziana e retrograda. Un traducente per boomer può essere solo un termine sociologico indicante un membro della stessa generazione, e lì bisogna necessariamente coniarlo.
È tutto da dimostrare, però, che i ragazzini del giorno d'oggi che ci appellano come boomer si riferiscano esattamente al modo di pensare che può avere un individuo nato in quel particolare periodo e cresciuto negli anni successivi, e non a un generico modo di pensare superato; un uso con riferimento a una precisa generazione implica per lo meno che abbiano una buona conoscenza di storia contemporanea con approfondimenti di stampo sociologico, cosa che dubito così diffusa nella massa...
La ragion d'essere di «boomer» sta appunto nello scontro generazionale che, come parola, si porta dietro. Non c'è sicuramente una buona conoscenza di storia contemporanea, però c'è sicuramente la presunzione di averla: la maggior parte della cultura giovanile (mia inclusa) è costruita su micro-informazioni raccattate qui e lì che, una volta assemblate come pezzi di un giscio, danno una visione (distorta) di insieme; per cui i «boomer» sono visti come persone convinte di essere padroni del mondo, che hanno plasmato il mondo per i propri agi, privando le generazioni successive della sua bellezza e delle sue risorse. Ai «boomer» viene addossata la responsabilità di aver ammalato il pianeta Terra, di aver costruito città brutte, di aver privilegiato l'agio privato invece di incentivare quello pubblico. Come vede, questa è una questione generazionale, e un termine come «matusa» non può mai racchiudere tutto ciò perché troppo generico ed estemporaneo* – oltre al fatto che è percepito come un termine da fricchettone degli anni Sessanta.
Aggiungo a latere una proposta per tradurre «boomer»: visto che si tratta della generazione nata nel primo periodo post-bellico, a mio modo di vedere la traducente dovrebbe richiamare tale periodo. Per esempio, posbello, posbé o simili.

*modifica: ho scoperto solo ora che estemporaneo indica in realtà qualcosa di improvvisato; in verità intendevo "fuori dal tempo", "non collocabile temporalmente", ma non mi vengono in mente vocaboli aventi questo significato.
Ultima modifica di 12xu in data mer, 01 feb 2023 23:08, modificato 1 volta in totale.
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G. M.
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Re: «Boomer»

Intervento di G. M. »

12xu ha scritto: mer, 01 feb 2023 19:25 Come vede, questa è una questione generazionale, e un termine come «matusa» non può mai racchiudere tutto ciò perché troppo generico [...]

Aggiungo a latere una proposta per tradurre «boomer»: visto che si tratta della generazione nata nel primo periodo post-bellico, a mio modo di vedere la traducente dovrebbe richiamare tale periodo. Per esempio, posbello, posbé o simili.

*modifica: ho scoperto solo ora che estemporaneo indica in realtà qualcosa di improvvisato; in verità intendevo "fuori dal tempo", "non collocabile temporalmente", ma non mi vengono in mente vocaboli aventi questo significato.
Secondo me, il suo eccesso di drasticità sta nel ricercare un termine unico, un "monotraducente" che riporti esattamente in italiano in modo univoco tutto ciò che significa la parola inglese. Nel linguaggio non tecnico, una corrispondenza biunivoca spesso non è necessaria, e si possono usare più possibili traduzioni a seconda del contesto. Nell'àmbito della traduzione è una banalità: l'inglese spring in una certa frase lo tradurremo con primavera, in un'altra con molla, in un'altra con balzo, in un'altra con sorgente o fonte, eccetera: è il contesto che ci dice con quale significato è usato il termine in inglese, e in base a quel significato usiamo la parola più appropriata in italiano. Non c'è nulla di strano né di male.

Nel caso in esame, possiamo individuare principalmente tre significati o usi distinti:
  1. l'uso in senso proprio non connotato (baby boomer), per il quale «[u]n traducente [...] può essere solo un termine sociologico indicante un membro della [...] generazione» e può aver senso la sua proposta neologica, o una analoga;
  2. l'uso in senso proprio ma con caratteri stereotipici negativi, come quelli che ha individuato lei;
  3. l'uso in senso esteso e generico, per indicare in modo spregiativo, in generale, ciò che è sentito come retrogrado, sorpassato, vecchio, eccetera.
Se per la prima e la seconda accezione è "necessario" il preciso riferimento alla generazione eccetera, non è invece necessario per la terza.

Come avrà visto in questo filone, anch'io concordo con altri —sulla base della mia esperienza pratica— che il termine nelle reti sociali in italiano è usato molto spesso nell'accezione 3, totalmente slegata da qualsiasi esattezza anagrafica originaria di boomer. Nei quasi due anni trascorsi da quando è stato aperto il filone, la mia esperienza non è cambiata e si è anzi confermata con più e più esempi.

Per dire, io non ho nemmeno 30 anni e le mie posizioni politiche coincidono direi poco con quelle attribuite al boomer anagrafico: cionnonostante mi danno del boomer se faccio proposte traduttive sui forestierismi, anche solo ragionando di possibilità, senza "costringere" nessuno, o se faccio ragionamenti sulle conseguenze dell'inglese come lingua internazionale. Intendono dire che faccio ragionamenti genericamente da «vecchio», perché in Italia voler tradurre o opporsi alla supremazia dell'inglese è considerato da vecchi (se non da conservatori o "nostalgici"): non c'è nessun riferimento specifico ai baby boomer anagrafici.

Proprio ieri vedevo che un'influenzatrice bolognese ha recentemente dato del boomer a Cicerone. Anche lì, l'uso è slegato dall'esattezza anagrafica.

Per cui mi trovo d'accordo coi dubbi espressi da domna charola. :wink:
12xu ha scritto: mer, 01 feb 2023 19:25 [...] oltre al fatto che è percepito come un termine da fricchettone degli anni Sessanta [...]
È una proposta "creativa" (ma non troppo... minimamente, direi) per recuperare un termine che condivide molto colle sfumature dell'anglicismo (sign. 3). Se avessimo un po' di desiderio di usare parole nostre, diciamo se fossimo linguisticamente più simili agl'ispanofoni circa quest'aspetto, credo che matusa ci sarebbe venuto naturale e lo avremmo recuperato senza difficoltà per tradurre boomer nell'accezione 3.
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Re: [FT] «Al riguardo», non «*a riguardo»

Intervento di Infarinato »

Fuori tema
12xu ha scritto: mer, 01 feb 2023 19:25 …anche per dargli la possibilità di rispondere a riguardo.
Al riguardo, non *a riguardo. Quante volte dovremo mai ripeterlo? :roll:
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Re: «Boomer»

Intervento di 12xu »

G. M. ha scritto: mer, 01 feb 2023 20:58 Secondo me, il suo eccesso di drasticità sta nel ricercare un termine unico, un "monotraducente" che riporti esattamente in italiano in modo univoco tutto ciò che significa la parola inglese.
Apprezzo molto il suo approccio metodico alla questione, ma reputo che trascuri due aspetti fondamentali: l'intento che porta a preferire un certo termine a un altro, e il corso a cui una parola è soggetta prima di assumere una connotazione più ampia come nel caso della personalità bolognese e Cicerone.
Come scritto sopra, il termine «boomer» comporta la volontà di provocare uno scontro generazionale, di lanciare una sfida alla gerontocrazia a cui vengono attribuite delle responsabilità storicamente ben definite. Questo intento racchiude tutti gli usi da lei sapientemente definiti: la sfida è rivolta in senso proprio a chi è nato tra gli anni Quaranta e la prima metà degli anni Sessanta; è rivolta a quelli che hanno formato il mondo come lo conosciamo oggi; è rivolta a quelli che si oppongono alla volontà trasformatrice giovanile e progressista.
Quindi: "matusa" è un traducente efficace nella battuta «ok boomer!», indipendentemente che il destinatario sia un «boomer» anagrafico o meno, perché l'intento è semplicemente attribuire un'etichetta spregiativa a qualcuno apparentemente recalcitrante allo stare al passo coi tempi; ma non lo è in frasi come "se volete trovare i responsabili di questa crisi, vi basta bussare alle porte dei matusa": chi sono i matusa? Cosa li definisce, a parte un generico reazionarismo? Quale termine si adopera se non «boomer»?
G. M. ha scritto: mer, 01 feb 2023 20:58 È una proposta "creativa" (ma non troppo... minimamente, direi) per recuperare un termine che condivide molto colle sfumature dell'anglicismo (sign. 3). Se avessimo un po' di desiderio di usare parole nostre, diciamo se fossimo linguisticamente più simili agl'ispanofoni circa quest'aspetto, credo che matusa ci sarebbe venuto naturale e lo avremmo recuperato senza difficoltà per tradurre boomer nell'accezione 3.
Concordo in pieno con la chiosa, ma rimango dubbioso sulla fortuna che può avere la rivitalizzazione di un termine nato e morto con i «boomer» per definire i «boomer» stessi :P
Noto che anche in Spagna e Francia «boomer» ha preso piede, e peraltro mancano anche qui dei traducenti sociologici; peccato perché sarebbe stato interessante vedere se si sarebbe affermato ugualmente in presenza di un traducente esatto.
Ponderando la questione, forse sarebbe il caso di lasciare «boomer» come bumerone/a/i e pensare a come tradurre le etichette generazionali presenti e future, come «millennial» e «zoomer» che sono destinate a diventare i bumeroni del futuro (i «millennial» peraltro sono già soggetti a una sorta di gerontofobia da parte degli «zoomer» :lol: )
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G. M.
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Re: «Boomer»

Intervento di G. M. »

12xu ha scritto: gio, 02 feb 2023 0:46 [...] Quindi: "matusa" è un traducente efficace nella battuta «ok boomer!», indipendentemente che il destinatario sia un «boomer» anagrafico o meno, perché l'intento è semplicemente attribuire un'etichetta spregiativa a qualcuno apparentemente recalcitrante allo stare al passo coi tempi; ma non lo è in frasi come "se volete trovare i responsabili di questa crisi, vi basta bussare alle porte dei matusa": chi sono i matusa? Cosa li definisce, a parte un generico reazionarismo? Quale termine si adopera se non «boomer»?
Mi pare che già concordiamo (io, lei, chiunque…): nessuno ha proposto di tradurre [baby] boomer in senso proprio (sign. 1) con matusa. :P (Non so perché continuo a venire frainteso su questo punto. Evidentemente sono poco chiaro).
12xu ha scritto: gio, 02 feb 2023 0:46 [...] rimango dubbioso sulla fortuna che può avere la rivitalizzazione di un termine nato e morto con i «boomer» per definire i «boomer» stessi.
Il suo primo boomer è un boomer1, ma il suo secondo è (nelle mie intenzioni, nel mio discorso) un boomer3. :wink: Non mi sembra molto importante, comunque...

Se la proposta non le piace, come sempre, non è obbligatorio usarla. Ma dato che significa la stessa cosa («persona anziana, o anche semplicemente adulta, in quanto ritenuta depositaria di idee e concezioni superate o addirittura estinte», ri-cito verbatim il Treccani) e ha pure le stesse connotazioni (gergale, informale, giovanilistico contro i vecchi) non vedo di meglio. (Francamente, da traduttore semiprofessionista oltre che da appassionato della lingua, sarei felice se per ogni nuovo anglicismo ci fosse già un termine così esatto pronto all’uso…! :oops:).
domna charola
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Re: «Boomer»

Intervento di domna charola »

12xu ha scritto: mer, 01 feb 2023 19:25
La ragion d'essere di «boomer» sta appunto nello scontro generazionale che, come parola, si porta dietro. Non c'è sicuramente una buona conoscenza di storia contemporanea, però c'è sicuramente la presunzione di averla: la maggior parte della cultura giovanile (mia inclusa) è costruita su micro-informazioni raccattate qui e lì che, una volta assemblate come pezzi di un gUscio, danno una visione (distorta) di insieme; per cui i «boomer» sono visti come persone convinte di essere padroni del mondo, che hanno plasmato il mondo per i propri agi, privando le generazioni successive della sua bellezza e delle sue risorse. Ai «boomer» viene addossata la responsabilità di aver ammalato il pianeta Terra, di aver costruito città brutte, di aver privilegiato l'agio privato invece di incentivare quello pubblico. Come vede, questa è una questione generazionale, e un termine come «matusa» non può mai racchiudere tutto ciò perché troppo generico ed estemporaneo* – oltre al fatto che è percepito come un termine da fricchettone degli anni Sessanta.
Sì, però già negli anni '60 si pensava questo. La generazione precedente era quella che, come un padrone, aveva consegnato il mondo alla seconda guerra mondiale, mentre ora si rifiutava l'ideologia stessa della conquista e della guerra; le bruttezze architettoniche del passato erano già messe in discussione e si affacciavano ovviamente nuovi modi di concepire architettura e tessuto urbano, pensando anche a un uso collettivo, venivano prepotentemente fuori le istanze dei giovani come parte attiva della società, si guardava agli altri mondi non come riserve da saccheggiare ma come culture da condividere etc. etc.
Tutto questo si è concentrato sino a esplodere nel '68, vero punto di svolta per molti versi. Ma non dimentichiamo che gli studenti in piazza nel '68 andavano dai 17 anni più o meno - che allora non era ancora maggior età - sino ai 22 o 24, fine insomma degli studi universitari, quindi fatti due conti, erano nati dal '44 al '53.
Ora, genericamente con "baby boom" si indica quello del dopoguerra, quindi le nascite dal '45 al '60 - o secondo una visione più ampia sino a tutti gli anni Sessanta - guidato dall'euforia dell'essere usciti da un cunicolo che portava al baratro, dalla ripresa economica sostenuta dalla vittoria degli Stati Uniti e dal Piano Marshall - non dimentichiamo che il Piano Marshall fu studiato non per pura beneficienza ma perché agli autori serviva per rilanciare anche la loro economia su scala mondiale - dalle nuove possibilità che si aprivano per tutti verso stili di vita migliori e più ricchi di facilitazioni.
Quindi, sarebbero proprio i "boomer" ad aver sviluppato questo nuovo modo di sentire...

Purtroppo, ogni generazione nasce con grandi ideali, e - per fortuna - spera e crede di riuscire ad attuarli, salvo poi perdere lo slancio iniziale e ripiegarsi sul quieto vivere. Questo permette alla generazione successiva di sentirsi geniale, innovatrice, la vera forza di sviluppo del mondo nuovo, e di guardare dall'alto in basso quelli che ormai sembrano solo "vecchietti insulsi".
Intendo dire insomma che il termine racchiude più una percezione generazionale comune, dandogli una pittata di novità come si conviene, che non un'accurata analisi storica e sociologica del periodo accusato. Come appunto anche lei mette in luce nell'intervento successivo (rif. rosso):
12xu ha scritto: mer, 01 feb 2023 19:25
Come scritto sopra, il termine «boomer» comporta la volontà di provocare uno scontro generazionale, di lanciare una sfida alla gerontocrazia a cui vengono attribuite delle responsabilità storicamente ben definite. Questo intento racchiude tutti gli usi da lei sapientemente definiti: la sfida è rivolta in senso proprio a chi è nato tra gli anni Quaranta e la prima metà degli anni Sessanta; è rivolta a quelli che hanno formato il mondo come lo conosciamo oggi; è rivolta a quelli che si oppongono alla volontà trasformatrice giovanile e progressista.
Quindi: "matusa" è un traducente efficace nella battuta «ok boomer!», indipendentemente che il destinatario sia un «boomer» anagrafico o meno, perché l'intento è semplicemente attribuire un'etichetta spregiativa a qualcuno apparentemente recalcitrante allo stare al passo coi tempi; ma non lo è in frasi come "se volete trovare i responsabili di questa crisi, vi basta bussare alle porte dei matusa": chi sono i matusa? Cosa li definisce, a parte un generico reazionarismo? Quale termine si adopera se non «boomer»?
Quindi, in pratica, il '68 che ha aperto la scuola a tutti e un po' di altre cosette, lo buttiamo alle ortiche? Oppure non è ancora entrato nei programmi scolastici di storia contemporanea? (rif. grassetto)
Per il resto, se "matusa" lo consideriamo nel suo significato originario - quello di generazione precedente, con mentalità vecchia, superata, in cui non ci si riconosce più, con visione del mondo uguale a quella di Matusalemme - i responsabili di ogni epoca successiva vista come crisi da chi ci vive dentro restano sempre e comunque dei "matusa". Si sposta il periodo di nascita, ovviamente, perché cambiano le generazioni, ma la zuppa non cambia. D'altra parte, Matusalemme è noto per la sua estrema longevità, tale da portarlo a vivere in un tempo fuori dal proprio: quindi, nella visione dei "giovani" di un dato momento, diviene sinonimo di qualcosa di ancora vivo e agente, ma secondo una mentalità di tempi andati, non contemporanea.

Tutto il resto è gergo, di una comunità giovanile che per fortuna vive questa fase di spinta al nuovo, questa capacità di credere di poter salvare il mondo. E' una forza propulsiva eccezionale e irrinunciabile, e si esprime anche nelle parole e nella voglia di crearne di proprie come segno di distinzione e opposizione. Tutti fenomeni già visti attraverso i secoli, peraltro, e che sono alla base dello sviluppo delle società occidentali.
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12xu
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Re: «Boomer»

Intervento di 12xu »

G. M. ha scritto: gio, 02 feb 2023 1:11 Mi pare che già concordiamo (io, lei, chiunque…): nessuno ha proposto di tradurre [baby] boomer in senso proprio (sign. 1) con matusa. :P (Non so perché continuo a venire frainteso su questo punto. Evidentemente sono poco chiaro).
Avevo compreso male io, colpa mia :oops:
Però non vedo il punto di trovare traducenti differenti in base al contesto, in questo caso. È evidente che la lacuna della lingua italiana riguardi il primo uso; una volta colmata quella, i sensi lati si sviluppano da sé, ovviamente finendo per stratificarsi in alcuni aree con parole affini (bacucco, matusa, cariatide, ...).
G. M. ha scritto: gio, 02 feb 2023 1:11 Se la proposta non le piace, come sempre, non è obbligatorio usarla. Ma dato che significa la stessa cosa («persona anziana, o anche semplicemente adulta, in quanto ritenuta depositaria di idee e concezioni superate o addirittura estinte», ri-cito verbatim il Treccani) e ha pure le stesse connotazioni (gergale, informale, giovanilistico contro i vecchi) non vedo di meglio. (Francamente, da traduttore semiprofessionista oltre che da appassionato della lingua, sarei felice se per ogni nuovo anglicismo ci fosse già un termine così esatto pronto all’uso…! :oops:).
Beh, se sono qui è proprio per appuntare ciò che non mi convince e dare degli spunti su come, dalla prospettiva «zoomer», le proposte possono essere migliorate perché la questione della lingua mi sta a cuore e mal sopporto l'uso smodato degli anglismi da parte dei miei coetanei :wink:
domna charola ha scritto: gio, 02 feb 2023 10:20 Quindi, in pratica, il '68 che ha aperto la scuola a tutti e un po' di altre cosette, lo buttiamo alle ortiche? Oppure non è ancora entrato nei programmi scolastici di storia contemporanea? (rif. grassetto)
Il punto è che, come scritto sopra, è una questione generazionale storicamente ben definita. Con ciò non intendo dire che sia una cosa nuova, gli scontri generazionali esistono dai tempi di Saturno e i suoi figli :D
Ma è una questione generazionale in senso identitario. Nessun giovane vuole essere un neo-sessantottino: vuole essere una cosa a sé, con le proprie idee, il proprio linguaggio, i propri motti e le proprie parole. E in effetti, per quanto ci siano delle sovrapposizioni, è evidente che delle differenze ci sono: non si attacca (sol)tanto il moralismo delle generazioni precedenti (ormai la libertà sessuale è abbastanza sdoganata), quanto il loro eccessivo benessere; l'ambiente ha un ruolo molto più centrale di quanto non lo avesse nel Sessantotto; il comunismo ha perso la sua presa ideologica, e ci si identifica più nelle socialdemocrazie liberali ed europee che non nei regimi asiatici (URSS e Cina) e sudamericani; più che "l'immaginazione al potere", si chiede un ritorno della ragione al potere.
Quindi no, dalla prospettiva giovanile il movimento del 68 non si butta alle ortiche, semplicemente si lascia lì dov'è e si cerca di partire dai suoi risultati per andare avanti.
domna charola ha scritto: gio, 02 feb 2023 10:20 Per il resto, se "matusa" lo consideriamo nel suo significato originario - quello di generazione precedente, con mentalità vecchia, superata, in cui non ci si riconosce più, con visione del mondo uguale a quella di Matusalemme - i responsabili di ogni epoca successiva vista come crisi da chi ci vive dentro restano sempre e comunque dei "matusa". Si sposta il periodo di nascita, ovviamente, perché cambiano le generazioni, ma la zuppa non cambia. D'altra parte, Matusalemme è noto per la sua estrema longevità, tale da portarlo a vivere in un tempo fuori dal proprio: quindi, nella visione dei "giovani" di un dato momento, diviene sinonimo di qualcosa di ancora vivo e agente, ma secondo una mentalità di tempi andati, non contemporanea.
Credo di aver ripetuto abbastanza spesso perché «matusa» non può essere un traducente efficace, quindi pongo una domanda: perché i giovani anglosassoni non hanno adoperato l'esistente «fogey» o «fuddy-duddy» (il loro matusa) invece di «boomer»? E anche, perché gli anglosassoni hanno la libertà di poter adoperare un termine così specifico, mentre gli italofoni devono riutilizzare «fogey»? Dal mio punto di vista questa questione è differente da quella di «cringe», anche se intimamente collegate: se «cringe» è sintomo dell'appiattimento lessicale italiano (quindi l'uso di poche parole che, combinate in delle perifrasi, trasmettono lo stesso significato di una singola parola desueta), «boomer» è sintomo della carenza creativa dei suoi parlanti.
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Ferdinand Bardamu
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Re: «Boomer»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

A mio parere il traducente migliore —non il migliore in senso assoluto, cioè non quello che potrebbero usare le giovani generazioni, ma la miglior resa che si potrebbe adottare in contesti comunicativi in cui l’identità degli interlocutori non è in cerca di conferme— è quello che si otterrebbe chiedendo al giovane «Che cosa significa?». «Sei proprio un boomer!», «E che cosa significa?», «Significa che sei… [io direi vecchio, ma giovane ahimè non sono piú, dunque non faccio testo]». Lo stesso procedimento per me si può applicare anche a cringe.
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G. M.
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Re: «Boomer»

Intervento di G. M. »

12xu ha scritto: gio, 02 feb 2023 11:52 Beh, se sono qui è proprio per appuntare ciò che non mi convince e dare degli spunti su come, dalla prospettiva «zoomer», le proposte possono essere migliorate perché la questione della lingua mi sta a cuore e mal sopporto l'uso smodato degli anglismi da parte dei miei coetanei :wink:
E fa bene e siamo felici di averla qui con noi. :)
12xu ha scritto: gio, 02 feb 2023 11:52 Credo di aver ripetuto abbastanza spesso perché «matusa» non può essere un traducente efficace, quindi pongo una domanda: perché i giovani anglosassoni non hanno adoperato l'esistente «fogey» o «fuddy-duddy» (il loro matusa) invece di «boomer»? E anche, perché gli anglosassoni hanno la libertà di poter adoperare un termine così specifico, mentre gli italofoni devono riutilizzare [un più biunivoco equivalente di] «fogey»?
Per come la vedo io, non è che loro «possono» per un qualche privilegio e noi «non possiamo»: è che noi… non ne abbiamo bisogno. Non c'è una necessità di replicare —cercare di imitare— pedissequamente gli esatti processi di evoluzione semantica dell’inglese, tanto più per un termine che in moltissimi casi, se non nella maggioranza assoluta, finisce per essere vago e slegato dal senso originale, non solo in italiano ma già nel contesto originale inglese.

Torniamo al mio caso particolare: la traduzione dei forestierismi, la promozione della coscienza linguistica, il desiderio di democrazia ed equità tra i popoli, sono concetti che si legano particolarmente ai boomer anagrafici? No. Semmai, se vogliamo collegarci a qualcosa di storico e anche vicino a quegli anni, avrebbe più senso (!) darmi del fascista (come, naturalmente, regolarmente fanno :P). Ma chi mi dà del boomer non vuole fare alcun riferimento specifico alla storia.

E lo stesso per Cicerone boomer. Se alla scevaista istagrammatica è venuto spontaneo appellarlo così, è per cavalcare l’onda d’un termine oggi alla moda (boomer) per dare voce a qualcosa che è sempre esistito (l’antipatia dei giovani per i vecchi, moralisti, paternalistici, antiquati, tirannici, ecc.), non perché intenda fare un riferimento specifico al baby boom. Se in italiano oggi si usasse (ancora) comunemente matusa, e non si usasse boomer in questo senso (sign. 3), certamente l’avrebbe chiamato matusa («Tu pensa che mi tocca studiare Cicerone che, con "ironia" (seh) da matusa, accusa Clodia di farsela col fratello minore (di lei, certo), dipingendola come una t***ia [...]») e non boomer. Lo stesso vale per gli ok boomer usati nei miei confronti.

Quindi, a che pro voler replicare pedissequamente l’inglese? Che cosa ci guadagna l’italiano? Non capisco la sua insistenza su questo punto...
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12xu
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Re: «Boomer»

Intervento di 12xu »

G. M. ha scritto: gio, 02 feb 2023 12:38 E fa bene e siamo felici di averla qui con noi. :)
Grazie :D
G. M. ha scritto: gio, 02 feb 2023 12:38 Per come la vedo io, non è che loro «possono» per un qualche privilegio [...]
Per come la vedo io, in realtà sì: il privilegio non sta assolutamente nella superiorità della lingua inglese come molti italiani con la puzza sotto il naso sostengono, piuttosto nel dominio culturale americano e britannico (per meglio dire, del «commonwealth»). L'interrete, almeno nell'Occidente, è dominato dall'inglese; la lingua delle pubblicazioni scientifiche e umanistiche è l'inglese; e in un mondo in cui tutta questa conoscenza percola in micro-informazioni attraverso enciclopedie libere come Wikipedia prima e attraverso le reti sociali come Twitter poi, è naturale che questa venga assorbita innanzitutto in inglese.
Fuori tema
Poi ovviamente, questo dominio non si estrinseca soltanto nella letteratura, ma anche nell'intrattenimento: se prima vi erano la televisione e il cinema a filtrare e metabolizzare i prodotti culturali inglesi, oggi questo filtro non è del tutto saltato, ma si è spostato e si è allargato. Gli intrattenitori migliori sono persone non necessariamente anglosassoni (vedi PewDiePie) che parlano inglese semplice, perché così facendo raggiungono la più ampia platea possibile e guadagnano molti più soldi di quanti ne guadagnerebbero parlando nella loro lingua natia (nel caso di PewDiePie, lo svedese); e dato che l'essere umano funziona per imitazione, è naturale che:
  1. PewDiePie "trasmette" la cultura anglosassone dominante perché la maggioranza dei contenuti che può riutilizzare nei suoi video è in lingua inglese
  2. il giovane italiano che vede YouTube invece della televisione imita PewDiePie e comincia ad adoperare «cringe» per descrivere tutte quelle situazioni che ricollega ai video di PewDiePie rappresentanti situazioni «cringe» perché non conosce traducenti nell'italiano comunemente usato.
G. M. ha scritto: gio, 02 feb 2023 12:38 [...] e noi «non possiamo»: è che noi… non ne abbiamo bisogno. Non c'è una necessità di replicare —cercare di imitare— pedissequamente gli esatti processi di evoluzione semantica dell’inglese, tanto più per un termine che in moltissimi casi, se non nella maggioranza assoluta, finisce per essere vago e slegato dal senso originale, non solo in italiano ma già nel contesto originale inglese.
Ricollegandomi a quello che ho scritto in OT: la giovane italiana che vede il popolare cinguettio (diciamo con 20mila cuori) di un'americana che risponde «Ok boomer» a un'anziana che si lamenta di come i giovani pretendano l'università gratuita quando ai suoi tempi bisognava lavorare e indebitarsi per pagarsela, gugolerà «boomer» e scoprirà su Wikipedia che nella letteratura sociologica italiana il termine per indicare un «boomer» è esattamente l'anglismo. Adopererà dunque tale termine in situazioni analoghe perché intende replicare la condotta tenuta dall'americana in tale situazione.
Il problema è quindi proprio qui: tra il «non ce n'è bisogno perché è un termine specifico che usiamo solo noi della nostra setta» (che immagino sia il motivo per cui i sociologi non hanno pensato a creare degli equivalenti) e il «non ce n'è bisogno perché tanto finisce per assumere un significato vago», c'è stato il momento in cui la ragazzina aveva bisogno di un traducente per «boomer» e non l'ha trovato, e ha finito per adoperare quello inglese.
G. M. ha scritto: gio, 02 feb 2023 12:38 Quindi, a che pro voler replicare pedissequamente l’inglese? Che cosa ci guadagna l’italiano? Non capisco la sua insistenza su questo punto...
Io non voglio replicare pedissequamente l'inglese, vorrei che l'italiano fosse parlato e scritto in maniera più creativa perché una lingua creativa colma le sue lacune, e una lingua lacunosa è necessariamente permeabile ai forestierismi; e vorrei che si dimostrasse agli italofoni che la nostra lingua è feconda e faconda esattamente come quella inglese, e che non è vero che l'italiano è necessariamente più "preciso" (che non è necessariamente un pregio, una lingua eccessivamente precisa si presta meno ai sensi figurati) e "prolisso".
Reputo che termini come «boomer» ormai siano irrecuperabili, e forse bisognerebbe accettare ad adattarlo semplicemente all'ortografia italiana con bumerone («boomerone» è una variante molto popolare di «boomer», in quanto più spregiativa). Però se i sociologi italiani avessero stimolato un po' di più la loro creatività, magari avremmo avuto risultati differenti. Se i francesi e gli spagnoli non usano «mouse» come noi italiani, è proprio perché hanno creato degli equivalenti; perché per «boomer» dovrebbe essere necessariamente diverso?
Ultima modifica di 12xu in data gio, 02 feb 2023 14:20, modificato 1 volta in totale.
Utente cancellato 676

Re: «Boomer»

Intervento di Utente cancellato 676 »

12xu ha scritto: gio, 02 feb 2023 11:52perché i giovani anglosassoni non hanno adoperato l'esistente «fogey» o «fuddy-duddy» (il loro matusa) invece di «boomer»?
Per lo stesso motivo per cui solo chi voglia usare un linguaggio ricercato chiama «codino» (accezione 4) un reazionario, rifacendosi ai codini dei monarchici durante la Rivoluzione francese. Ogni aspirante rivoluzionario vuole rivoluzionare anche il linguaggio, anche quando non ce n’è bisogno.
E anche, perché gli anglosassoni hanno la libertà di poter adoperare un termine così specifico, mentre gli italofoni devono riutilizzare «fogey»?
È specifico solo nella accezione 1, delle 3 riportate in questo filone. Accezione che praticamente non serve mai, che è la ragione per cui secondo me non ha molto senso tentare un traducente esatto di «boomer» in quella accezione (magari qualche sociologo dissente, ma a lui il compito di proporla).
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