italiano lingua immobile
Inviato: mer, 04 mag 2005 18:15
Che la lingua italiana scritta e parlata vada degradando è opinione comune. Basta leggere gli interventi degli utenti il Forum dell'Accademia della Crusca sul tema Morbus anglicus.
Orbene, a mio parere, il fenomeno di cambiamento (meglio sarebbe dire "di scadimento") è fisiologico per due motivi:
a lungo l'italiano è stato una lingua non debole, come qualcuno ha scritto, ma immobile e conservatrice (la grammatica, per esempio, nell'arco di sette secoli ha visto pochi mutamenti);
la diffusione di nuovi mezzi di comunicazione ha portato la lingua parlata là dove una volta essa non giungeva.
Proprio perché immobile, a un certo punto, con l'italianizzazione di massa favorita dalla scolarizzazione di massa, l'italiano ha principiato ad assorbire termini e locuzioni che prima respingeva, o cui resisteva meglio (vedi i vari purismi).
Il passo successivo verso lo scadimento ha coinciso con l'èra televisiva: mentre cinquant'anni fa, per imparare l'italiano, bisognava portarsi in luoghi come la scuola, dove ci si esprimeva correttamente; in seguito, è bastato accendere il televisore per sentir parlare italiano (O. Castellani Pollidori). Un certo italiano. Un italiano diverso da quello che si apprendeva a scuola: un italiano parlato da conduttori, da giornalisti, da uomini di sport, dalla pubblicità, nei film.
Pertanto, è cambiato il modello di lingua da apprendere e da parlare. E l'italiano da immobile s'è fatto instabile.
Prendiamo il caso dei giovani.
Una volta - e penso ai primi anni Sessanta, quando frequentavo il Liceo - la disobbedienza linguistica risultava un fatto alquanto eccentrico: ci si adeguava, per lo piú, all'italiano dei libri per lo scritto, all'italiano degli adulti per il parlato (E. Banfi); attualmente, l'industrializzazione prima e la globalizzazione dopo hanno dato luogo a un unico gusto, anche in fatto di lingua. In pratica è nato un unico linguaggio e, per conseguenza, un incontro di lingue (tra cui campisce l'inglese) che ha condotto alla babele delle lingue.
L'italiano, lingua conservatrice, ha patito piú di altre tale confusione, dal momento che aveva accolto poco o punto i cambiamenti, fino a quando le circostanze glie l'avevano permesso.
Orbene, a mio parere, il fenomeno di cambiamento (meglio sarebbe dire "di scadimento") è fisiologico per due motivi:
a lungo l'italiano è stato una lingua non debole, come qualcuno ha scritto, ma immobile e conservatrice (la grammatica, per esempio, nell'arco di sette secoli ha visto pochi mutamenti);
la diffusione di nuovi mezzi di comunicazione ha portato la lingua parlata là dove una volta essa non giungeva.
Proprio perché immobile, a un certo punto, con l'italianizzazione di massa favorita dalla scolarizzazione di massa, l'italiano ha principiato ad assorbire termini e locuzioni che prima respingeva, o cui resisteva meglio (vedi i vari purismi).
Il passo successivo verso lo scadimento ha coinciso con l'èra televisiva: mentre cinquant'anni fa, per imparare l'italiano, bisognava portarsi in luoghi come la scuola, dove ci si esprimeva correttamente; in seguito, è bastato accendere il televisore per sentir parlare italiano (O. Castellani Pollidori). Un certo italiano. Un italiano diverso da quello che si apprendeva a scuola: un italiano parlato da conduttori, da giornalisti, da uomini di sport, dalla pubblicità, nei film.
Pertanto, è cambiato il modello di lingua da apprendere e da parlare. E l'italiano da immobile s'è fatto instabile.
Prendiamo il caso dei giovani.
Una volta - e penso ai primi anni Sessanta, quando frequentavo il Liceo - la disobbedienza linguistica risultava un fatto alquanto eccentrico: ci si adeguava, per lo piú, all'italiano dei libri per lo scritto, all'italiano degli adulti per il parlato (E. Banfi); attualmente, l'industrializzazione prima e la globalizzazione dopo hanno dato luogo a un unico gusto, anche in fatto di lingua. In pratica è nato un unico linguaggio e, per conseguenza, un incontro di lingue (tra cui campisce l'inglese) che ha condotto alla babele delle lingue.
L'italiano, lingua conservatrice, ha patito piú di altre tale confusione, dal momento che aveva accolto poco o punto i cambiamenti, fino a quando le circostanze glie l'avevano permesso.