Sí, ho letto i dibattiti che si sono tenuti in passato in questo ambito. Ma secondo me lei, in questo caso, pecca nell'altro senso, ché io non trovo inutile avere l'aggettivo d'
ifenazione. E infatti gl'Inglesi lo hanno. E ciò dimostra come pure il parametro dell'«utilità», insieme con l'onomaturgia, «vada preso cólle molle». Pensi a
univerbare: è «utile»? No, si potrebbe benissimo dire
unire in una parola. Eppure nel dizionario c'è.
Al che, lei ribatterà: «Allora anche gli anglicismi sono ‹utili›, per chi li usa; d'altra parte, anch'essi son sul dizionario». Vero. E infatti è la
langue a stabilire se sono «utili», dopo che sono stati introdotti nella lingua ricevente. Di qui il compito piú importante del «dizionario descrittivo»: stabilire che cos'è ormai
langue e che cosa invece è rimasto
parole.
Lasciando perdere l'argomento «Anglicismi», però, ché ne conosciamo la solfa, io le posso dimostrare l'«utilità» d'
ifenato accennando l'esempio banale d'un contesto nel quale la formulazione [
scritto]
con trattino risulterebbe troppe volte ripetuta. Oppure d'un ambito specialistico nel quale si senta l'esigenza d'usare un linguaggio specifico che adoperi tutta la serie (*
ifenare,
ifenato,
ifenazione).
D'altro canto,
ifenazione, se non fosse un anglicismo, morfologicamente presupporrebbe il verbo.