«Boomer, fatevene una ragione, la lingua continua a cambiare»

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Moderatore: Cruscanti

Avatara utente
Axum Verona
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Iscritto in data: gio, 24 giu 2021 10:10
Località: Verona

Re: «Boomer, fatevene una ragione, la lingua continua a cambiare»

Intervento di Axum Verona »

Buongiorno, signore e signori,
mi sono appena iscritto perché conosco, fin dal 2003, l'ampia conoscenza linguistica di Marco1971, che seguivo nel foro de La Crusca assieme ad altre persone brillanti e preparate.
Dopo aver parlato con alcuni anglofoni madrelingua, ho scoperto che gli italiani che si slogano le mandibole con l'itanglese risultano — a loro — incomprensibili poiché gran parte delle locuzioni (inventate e avventate), commiste all'italiano, nell'inglese britannico non significano nulla e sovente risultano, sempre per loro, come le frasi dei bambini quando si allenano col parlato corretto. Non si tratta di pronuncia: si tratta di composizione risibile delle frasi cocktail.
Una lingua non cambia quando diventa un commisto (per quel progetto c'è già l'Esperanto), bensì quando si trasforma attingendo e adattando, con forme espressive consone all'italiano, i forestierismi alla lingua madre; così come è sempre avvenuto. Nel modo [risibile] attuale, si tenta di sbolognare una lingua che non esiste, non per noi né per gli anglofoni nativi. Come può cambiare quel che non esiste?
Ultima modifica di Axum Verona in data mar, 29 giu 2021 13:36, modificato 1 volta in totale.
Più cresce il numero delle cose che imparo, e più si amplia la visuale sulla vastità della mia ignoranza.
Avatara utente
G.B.
Interventi: 867
Iscritto in data: gio, 15 ago 2019 11:13

Re: «Boomer, fatevene una ragione, la lingua continua a cambiare»

Intervento di G.B. »

Pur a distanza di qualche giorno, ringrazio Antonio per aver chiarito il suo pensiero e gli faccio presente che ho letto con interesse la sua risposta, alla quale non replico perché solleva, insieme con l'intervento di G. M., problemi complessi. Nel merito: fino a dove la questione degli anglicismi possa essere trattata senza prendere una posizione [geo]politica; quanto il «politicamente corretto» linguistico sia [non] imposto; quanto siamo liberi di non usare le parole inglesi (= «dove termina il nostro provincialismo»); e quindi il problema dell'inglese come lingua internazionale. Bisogna vedere.

In ogni modo, resto persuaso dal fatto che un certo «lessico», in una certa maniera impostato («multinazionali», «capitalismo globalizzato», «pensiero dominante», «sistema dominante», «dittatura del pensiero unico»...), sia mal percepito dal mondo intellettuale italiano, non so se come «fusarata» o come «veterocomunismo», ma comunque mal percepito. Prendo atto che l'articolo era coscientemente «battagliero».

P.S. Il «mah» l'ho voluto inserire immedesimandomi in qualcuno che in quell'inciso, vi avesse ravvisato una mera prolessi (sign. 1.). Non ho espresso opinioni politiche.
G.B.
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