Come dire?
Per quanto riguarda la maggior parte dell'Italia settentrionale l'uso
tradizionale (espresso nei dialetti e mediante l'innumerevoli forme dell'italiano locale) risultava assolutamente allineato con quello della Toscana.
Per altro, è vero che si può rilevare una tendenza in atto - soprattutto nei locutori più giovani - a non impiegare in enclisi, mediamente, più di due clitici e a pronunciare, ad es.: "per favore, mettici anche il mio ..." vel sim..
Sembra tuttavia, se così ci si può esprimere, di un effetto "indiretto", non teso - in realtà - a evitare la lunghezza prodotta dal cumulo dei clitici, in quanto la vera motivazione andrebbe ricercata nel disuso in cui è incorso il "dativo etico o d'interesse":
https://www.treccani.it/enciclopedia/da ... Italiano)/
A causa della proscrizione decretata dalla scuola - per ignoranza dei docenti e senz'effettive buone ragioni - nei confronti di questa modalità espressiva.
Nella mia famiglia s'è sempre potuto dire: "Mi bevo un bel tazzone di latte ..." anche se gl'insegnanti avevano da tempo decretato guerra a quel povero "mi" ("Mica bevi te stesso!" affermavano sdegnati quelli della mia scuola), in quanto, in casa nostra, esisteva una cultura adeguata a comprendere che la scuola stava esagerando.
Ma così non era per tutti, molti, culturalmente più vulnerabili, furono umiliati da osservazioni - per altro, errate - di questo tipo e si attennero ad esse rigorosamente. Il risultato è stato l'abbandono quasi totale del "dativo etico", ritenuto caratteristico di un modo di esprimersi sbagliato, criticabile, inferiore. Per altro, tanto in proclisi quanto in enclisi.
In definitiva, il "mi" - almeno, nel linguaggio locale "più moderno e corretto" - non compare più in "mettimicelo" - reso con "mettici anche il mio" o "metticelo anche per me" - esattamente come non si riscontra più in "mi bevo ...(se pure seguito, un tempo, dal complemento oggetto adeguato)". Infatti, l'evitamento - in gran parte dell'Italia settentrionale - non riguarda la lunghezza determinata dal cumulo di forme in enclisi (al contrario ben attestato e tuttora praticato nel linguaggio locale di tipo tradizionale), bensì il ricorso al "dativo etico", la cui proscrizione - decretata a causa d'ignoranza da parte dell'istituzioni scolastiche - venne osservata pedissequamente (come tante altre!) dai "benparlanti" nell'aspettativa - totalmente acritica e infondata - di aderire a una forma linguistica reputata di livello "superiore".