Pronuncia di «Ehi!»

Spazio di discussione su questioni di fonetica, fonologia e ortoepia

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valerio_vanni
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Re: Pronuncia di «Ehi!»

Intervento di valerio_vanni »

Ligure ha scritto: sab, 02 ott 2021 10:39 Perciò, come già emerso, se davvero l'interiezioni sono sottratte ai vincoli della grammatica e dell'ortoepia, le pronunce caratterizzate da /jj/ geminato - indubbiamente molto diffuse - non possiedono, in sé, nulla di cattivo o d'inferiore ad altre e non si vedrebbe perché non registrarle.
Forse perché sono troppe? Possiamo avere varie combinazioni di lunghezze vocaliche e consonantiche, e anche forti.
Che so, mettiamo le varianti fino alla "tripla a" iniziale e/o finale? Mettiamo anche quelle quadruple?
Ad es., nessuno dei miei conoscenti e dei miei ex-insegnanti pronuncia "ahia!" con /j/ semplice né lo farebbe mai solo perché non riscontra la propria pronuncia registrata, essendo, tra l'altro, non pochi di loro giunti a sostenere con me, quand'ero piccolo, che quella fosse la "norma" ...
E la pronuncia con /j/ semplice le suona sbagliata?

Io, invece, rigetto proprio l'idea di una norma forte sulle interiezioni.
Ligure
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Re: Pronuncia di «Ehi!»

Intervento di Ligure »

valerio_vanni ha scritto: sab, 02 ott 2021 14:00
Ligure ha scritto: sab, 02 ott 2021 10:39 Perciò, come già emerso, se davvero l'interiezioni sono sottratte ai vincoli della grammatica e dell'ortoepia, le pronunce caratterizzate da /jj/ geminato - indubbiamente molto diffuse - non possiedono, in sé, nulla di cattivo o d'inferiore ad altre e non si vedrebbe perché non registrarle.
Forse perché sono troppe? Possiamo avere varie combinazioni di lunghezze vocaliche e consonantiche, e anche forti.
Che so, mettiamo le varianti fino alla "tripla a" iniziale e/o finale? Mettiamo anche quelle quadruple?
Nel mio messaggio non ho affatto parlato di ciò. Ho fatto un discorso diverso. Innanzitutto, mi sono mosso esclusivamente all'interno della fonologia italiana che riconosce contrastività dicotomica tra consonanti semplici e geminate. E mi sono solamente limitato a osservare che, sul piano della realtà della lingua, la variante geminata d'una certa interiezione esiste. E mi sono banalmente chiesto per quale ragione essa non sia stata registrata, dal momento che altre interiezioni d'uso frequente possiedono un numero significativo di varianti nell'ambito della loro trascrizione.

Siccome credo che, normalmente, l'incidenza delle pure coincidenze risulti poco rilevante e sono convinto che chi redige un prontuario possieda una conoscenza della varie forme possibili (dato che vengono elencate anche in base al territorio) ampia e approfondita, ho pensato - e mi sono concesso di riferire - che ciò fosse dovuto al fatto che la consonante /j/ in italiano non si riscontra geminata.

Ma - ripeto -, se ciò si riscontra nella pronuncia diffusa dell'interiezioni, la mia personale opinione (che certamente non conta nulla, ma che, per altro, non infrange alcuna convenzione) è che, com'è stato fatto in tanti altri casi, anche in questo si potessero includere due varienti leggermente diverse. Infatti, il vincolo che richiede che /j/ non venga geminata - in italiano - è di tipo fonologico. Ma non di tipo fonetico. Nessuno di noi avrebbe difficoltà a "simulare" la pronuncia regionale "pajja" o, più in generale, a pronunciare /jj/ geminato. Ma non si fa in quanto si sa che non è corretto. Ma, se mi s'obietta che l'interiezioni sono al di fuori della fonologia grammaticale, ne consegue che non s'infrangerebbe alcun vincolo.

E, dato che l'obiettivo d'un prontuario, è quello di contenere e rispecchiare - in modo attendibile - la realtà delle forme dei suoni "convenzionali", anche quelli agrammaticali - se tali vanno ritenute l'interiezioni -, l'osservazione d'un utente (del prontuario) che afferma correttamente di non ritrovarvi inclusa una forma d'uso diffuso mi pare del tutto pertinente.

Infatti, se pure si possano ritenere l'interiezioni al di fuori della grammatica, esse sono tutt'altro che al di fuori delle "convenzioni" ...

D'altronde, il nostro orecchio ha a che fare con la fonetica e distingue benissimo l'eventuale geminazione di /jj/, tant'è vero che riconosce prontamente (talora ne resta "sorpreso", se proviene da altri territori) pronunce quali "bujjo" ecc..

Ovviamente, non ho mai neppure potuto pensare di parlare di alcuna molteplicità tripla o quadrupla. Certamente mai nulla di questo in quanto ho sempre tenuto presente, come detto - in merito alle consonanti italiane -, il paradigma di tipo dicotomico

Anche altre trascrizioni non corrispondono alle forme esattamente pronunciate, ma questo è un messaggio di risposta (o, forse, chiarimento) e non mi sembra opportuno allargare ora l'ambito d'osservazione. Metto soltanto un cenno in P.S..

Ciò che francamente capisco meno è come s'ammetta l'estraneità rispetto alla grammatica dell'interiezioni, ma, poi, non risulti avvertita l'aspettativa che almeno le varianti più diffuse vengano adeguatamente riferite. L'obiettivo della descrizione di qualsiasi fenomeno - in questo caso la "trascrizione" - consiste sempre nella rappresentazione più attendibile possibile, la quale dovrebbe includere le possibili variazioni del suo manifestarsi.
valerio_vanni ha scritto: sab, 02 ott 2021 14:00
Ligure ha scritto: sab, 02 ott 2021 10:39 Ad es., nessuno dei miei conoscenti e dei miei ex-insegnanti pronuncia "ahia!" con /j/ semplice né lo farebbe mai solo perché non riscontra la propria pronuncia registrata, essendo, tra l'altro, non pochi di loro giunti a sostenere con me, quand'ero piccolo, che quella fosse la "norma" ...
E la pronuncia con /j/ semplice le suona sbagliata?

Io, invece, rigetto proprio l'idea di una norma forte sulle interiezioni.
Sostanzialmente, ho già risposto nell'ambito delle considerazioni che ho finora svolto. Non c'è mai stato un mio messaggio in cui io abbia invocato norme - ma l'argomento attuale non riguarda assolutamente la mia opinione in merito alle norme linguistiche che, per altro, non penso possa interessare nessuno -. Mi sono sempre attenuto a dei fatti di lingua "dicotomicamente" riscontrabili come "veri" o "falsi". Mere banalità quali l'esistenza - comprovabile - della geminata in ['gat:to] o nella "variante" ['aj:ja] - "ahia!". Non altro. Certamente non ho potuto non "citare" il concetto di "norme" - quale risultato di una consapevolezza scientificamente dimostrabile - relativamente ai risultati ormai storicamente conseguiti nella linguistica e, in particolare, in quelli della linguistica italiana.

Per altro, prima di questi scambi d'opinioni, non possedendo una conoscenza adeguatamente ampia della lingua italiana effettivamente parlata in un territorio così ampio, non potevo avere alcuna idea relativa, ad es., alla frequenza di una pronuncia quale ['aj:ja] di cui s'è discusso. Ma si tratterebbe, per altro, di due sole varianti e rimango convinto che potrebbero anche essere registrate entrambe. Proprio come, ormai, si fa - "mutatis mutandis" - per ['ka:sa] e ['ka:za] ecc..

P.S.: Non intendo aprire nessun altro "fronte", ma mi permetto di far notare, in conclusione, che la mia convinzione dell'influenza dei vincoli fonologici sulla rappresentazione dell'interiezioni italiane risulta rafforzata da quanto riscontro in merito alla trascrizione d'interiezioni assai diffuse, che sono semplici vocali. Vocali lunghe che, ad es., s'oppongono a "ha" o a "ho", mentre esse vengono trascritte come due vocali successive. Ma questo non è ciò che si sente dalla bocca degl'italiani. Anche in questo caso non riesco a non pensare, dato che esistono, nei prontuari, i simboli relativi alla lunghezza vocalica e si sarebbero potuti impiegare, che si sia cercato d'evitare una possibile occorrenza di coppie minime relative alla lunghezza vocalica. Le vocali finali accentate della lingua italiana non possiedono variabilità di lunghezza (sia pure allofonica), mentre ciò risulta possibile nel corpo di parola: ['ka:de] - ['kad:de]. Come "sarebbe" per ['a:ja] - ['aj:ja] (Aia o aia - "ahia!"). Certo, a livello allofonico, fonetico. Ma, allora, a livello fonetico s'avrebbe anche ['a] - ['a:] (ha - "ah!"), come pure ['ɔ] - ['ɔ:] (ho - "oh!"). Quasi potessero essere ritenute coppie minime dell'italiano sotto l'aspetto quantitativo (non essendo coinvolte consonanti) ... mentre in ['ka:de] - ['kad:de] varia la durata consonantica, ma - simultaneamente - anche la quantità vocalica ... quindi, "a rigore", relativamente alla contrastività delle consonanti, l'italiano potrebbe unicamente disporre di coppie subminime.

Infatti, come nessun italiano ha mai avuto alcuna difficoltà a pronunciare /jj/ e, infatti, pronuncia ['aj:ja] - se questa è l'interiezione di cui intende avvalersi -, così nessun italiano ha la minima difficoltà a pronunciare foneticamente "vocali quantitativamente lunghe" se di queste intende specificamente avvalersi quali interiezioni. E, allora, molti non vedono perché interiezioni di questa tipologia non possano essere registrate - come "varianti" o altro - in una raccolta lessicale, quasi ci fossero dei "tabù" da dover osservare in merito ...

Si può pensare che la fonologia della lingua italiana conserverà la propria solidità, ma che (con opportuni chiarimenti e avvertimenti rispetto alle questioni metodologiche accennate) si possa addivenire a breve a una rappresentazione un po' più realistica dell'interiezioni italiane - rendendosi liberi dai vincoli che ad esse non competono, se ciò è vero -, in quanto l'obiettivo della rappresentazione scientifica d'ogni fenomeno preso in considerazione rimane quello di descriverlo al meglio mediante un "modello" in cui - in casi come questo - il locutore (colui che "determina" il fenomeno "fonico") si possa "riconoscere". E penso che molti, in un "modello" che propone consonanti semplici quando sono effettivamente foneticamente geminate o dittonghi costituiti dallo stesso timbro vocalico quando la pronuncia - sia pure nel contesto della lingua italiana - è quella - sotto l'aspetto fonetico - di una vocale ultimale caratterizzata da quantità lunga, non possano risconoscere le modalità mediante le quali essi comunicano quotidianamente nella loro lingua. Se solo ci riflettono. Il che mi pare, per altro, importante. D'altronde sembra trattarsi di una situazione in cui siano state prese delle decisioni in base a un criterio d'opportunità. Non in quanto il fenomeno linguistico non risulti adeguatamente chiaro o in base al fatto che la simbologia disponibile non sia più che ampiamente sufficiente. Comunque, tutto qui.
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Re: Pronuncia di «Ehi!»

Intervento di Infarinato »

Alcune rapide considerazioni in ordine sparso:
  1. A prescindere da eventuali dichiarazioni degli autori in merito (che ora non rammento), né quella del DOP né quella del DiPI sono trascrizioni fonematiche in senso stretto: si tratta invece di trascrizioni fonetiche larghe con un chiaro intento «ortoepico-didascalico». Per cui, ad esempio nel DiPI (che è l’unico a riportarla), l’indicazione della variante [ˈajja] per un’interiezione quale ahia /a̍ja/ non sarebbe punto fuori luogo —che le interiezioni si collochino ai margini della fonologia d’una lingua è un dato di fatto, come testimoniano, ad esempio, il manzoniano ahn e la trascrizione che ne dà il DOP;
  2. A differenza di ahi (e anche di ehi, d’introduzione assai piú recente), ahia non appartiene alla nostra tradizione letteraria (come implicitamente testimonia la sua assenza nel DOP, nel GDLI e nel Vocabolario Treccani) né, per la verità, al mio parlato (o urlato) quotidiano: leggendola, la pronuncio semplicemente [ˈaːja] (= aia) e, se mi si chiedesse una resa piú realistica, direi al piú [ˈaːˑja, ˈaːː-] con allungamento della vocale iniziale, ma senz’alcuna geminazione della semiconsonante;
  3. DOP DiPI riportano indicazioni «tonetiche», per cui sarebbe inopportuno riportarle per un’interiezione quale ehi, e del resto la resa del Fiorelli è solo una di quelle possibili: per quanto detto al punto 1, si potrebbe però riportare una variante con la vocale iniziale allungata, e.g. /e̍i/ [ˈeˑi, ˈeːi] etc.
Ligure
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Re: Pronuncia di «Ehi!»

Intervento di Ligure »

Ringrazio davvero Infarinato per le interessanti (e molto utili) informazioni e certezze fornite in merito alla pronuncia delle varianti di alcune interiezioni italiane.

Sì, è assolutamente vero, ahia compare ben poco nei prontuari e nei lessici e non appartiene alla nostra tradizione letteraria. In precedenza, nel corso dell'argomentazioni, questa caratteristica non era emersa. Penso, per altro, che potrebbe trattarsi di una forma abbreviata rispetto a ahiahiahi, che è - evidentemente - una forma di ripetizione, per altro riportata nel DiPI sotto ahi.

Gradirei, se possibile, una risposta in merito alle possibili trascrizioni di due alternative di pronuncia (d'interiezioni) molto diffuse - ad es., ascoltabili nel DOP in linea -, prescindendo dalla tonetica:

https://dop.netadcom.com/p.aspx?nID=lem ... ID=1021370

https://dop.netadcom.com/p.aspx?nID=lem ... ID=1002191

Per far capire in modo indiscutibile la differenza - che potrebbe anche riguardare la stessa voce - basta segnalare la diversa durata della prima vocale del dittongo? Com'è meglio?

La vocale /i/ è pronunciata nello stesso modo nei due enunciati riferiti o si possono riscontrare differenze?

Grazie ancora molto
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Re: Pronuncia di «Ehi!»

Intervento di Infarinato »

Mah? Si tratta indubbiamente di realizzazioni fonetiche diverse, ma non direi necessariamente «paradigmatiche» per le interiezioni date. Volendo trascriverle esattamente senza eseguire una precisa analisi strumentale (di fonetica acustica), direi, tonetica a parte, [ˈeːˑi] e [ˈaːi], rispettivamente, quest’ultimo realizzato in modo pressoché identico all’hai di avere e in maniera quasi impercettibilmente diversa dall’ai preposizione articolata /ai/, qui [ˈaˑi], ma normalmente [ai], [ˈaˑi] rappresentando invece la normale resa di hai /a̍i/ (e di un non enfatico ahi, tonetica a parte).
Ligure
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Re: Pronuncia di «Ehi!»

Intervento di Ligure »

Infarinato ha scritto: mar, 05 ott 2021 0:31 Mah? Si tratta indubbiamente di realizzazioni fonetiche diverse, ma non direi necessariamente «paradigmatiche» per le interiezioni date.
Certo, non necessariamente «paradigmatiche» per l'interiezioni date, ma - potenzialmente - molto utili per chi desideri comprendere e tentare di padroneggiare - anche più in generale - aspetti relativi alla pronuncia e alla trascrizione nell'ambito dei dittonghi e della durata di vocali e consonanti, dal momento che, in italiano, l'interiezioni si prestano assai bene - come mostra particolarmente il DOP (v., ad es, oh, in cui si tratta anche di lunghezza) - a questo tipo di consapevolezza e di possibili esemplificazioni pratiche.

Infarinato ha scritto: mar, 05 ott 2021 0:31 Volendo trascriverle esattamente senza eseguire una precisa analisi strumentale (di fonetica acustica), direi, tonetica a parte, [ˈeːˑi] e [ˈaːi], rispettivamente, quest’ultimo realizzato in modo pressoché identico all’hai di avere e in maniera quasi impercettibilmente diversa dall’ai preposizione articolata /ai/, qui [ˈaˑi], ma normalmente [ai], [ˈaˑi] rappresentando invece la normale resa di hai /a̍i/ (e di un non enfatico ahi, tonetica a parte).
Ringrazio nuovamente molto Infarinato per l'ampia e chiarissima sintesi in merito alla possibile distribuzione della lunghezza vocalica nei dittonghi, bifonematici (se si escludono rarità del tipo di Nausicaa), della lingua italiana.
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