Pronuncia della dieresi su «i» diacritica
Inviato: ven, 25 mar 2022 19:39
Nella poesia dei secoli passati si usava porre il segno di dieresi anche sulla ‹i› diacritica. Un esempio tratto dall’Iliade tradotta da Vincenzo Monti:
nel sonno
tutti giaccion sommersi i collegati,
che da diverse regïon raccolti,
né figli avendo né consorte al fianco,
lasciano ai Teucri delle guardie il peso.
Mi chiedo se davvero nella pronuncia si debba far sentire quell’‹i›. Mi verrebbe da dir di sí, perché altrimenti la conta delle sillabe non torna; tuttavia, è con ogni evidenza una lettura innaturale. (Mi ha sempre lasciato perplesso questa scansione «grafica» del verso: è possibile che i poeti d’un tempo non si rendessero conto della natura diacritica di questa lettera? o è una mera licenza poetica, con la quale si può giustificare qualunque violazione della norma?).
nel sonno
tutti giaccion sommersi i collegati,
che da diverse regïon raccolti,
né figli avendo né consorte al fianco,
lasciano ai Teucri delle guardie il peso.
Mi chiedo se davvero nella pronuncia si debba far sentire quell’‹i›. Mi verrebbe da dir di sí, perché altrimenti la conta delle sillabe non torna; tuttavia, è con ogni evidenza una lettura innaturale. (Mi ha sempre lasciato perplesso questa scansione «grafica» del verso: è possibile che i poeti d’un tempo non si rendessero conto della natura diacritica di questa lettera? o è una mera licenza poetica, con la quale si può giustificare qualunque violazione della norma?).