Proposta di linee-guida per la discussione sui forestierismi
Inviato: ven, 10 giu 2005 12:08
Ripropongo qui gli stralci chomskyani da me presentati in un altro forum del sito dell'Accademia, con acclusi gli interventi di commento, per completezza e chiarezza.
"Della gamma di fenomeni che potrebbero venire in qualche modo considerati pertinenti al linguaggio, l’approccio biolinguistico concentra l’attenzione su una componente della biologia umana che ha a che fare con l’uso e l’acquisizione del linguaggio, come che il termine “linguaggio” venga interpretato. Chiamiamola “facoltà del linguaggio”, adattando un termine tradizionale a un nuovo uso. Questa componente è più o meno allo stesso livello del sistema della visione dei mammiferi, del sistema di navigazione degli insetti e così via. In molti di questi casi, le migliori teorie esplicative attribuiscono all’organismo sistemi computazionali e quello che viene chiamato, nell’uso informale, “l’obbedire a delle regole” – per esempio, quando un recente testo sulla visione presenta il cosiddetto “principio della rigidità” come è stato formulato 50 anni fa: “se è possibile, e altre regole lo autorizzano, interpreta i movimenti delle immagini come proiezioni in tre dimensioni di moti rigidi.” In questo caso, studi più recenti hanno fornito una sostanziale comprensione delle computazioni mentali che sembrano essere coinvolte quando il sistema visivo segue queste regole ma, perfino in organismi molto semplici, questo normalmente non è un’impresa semplice, e mettere in relazione computazioni mentali e analisi a livello cellulare è in generale un obiettivo lontano...
Assumendo che la facoltà del linguaggio abbia le proprietà generali di altri sistemi biologici, dovremmo, di conseguenza, cercare tre fattori che entrano nell’evoluzione del linguaggio nell’individuo:
(1) Fattori generici, apparentemente quasi uniformi per la specie, l’argomento della GU [Grammatica Universale]. La dotazione genetica interpreta parti dell’ambiente come esperienza linguistica, un compito non banale che il bambino svolge in maniera di riflesso, e determina il corso generale dello sviluppo della facoltà del linguaggio verso le lingue raggiunte.
(2) L’esperienza, che porta alla variazione, all’interno di un campo piuttosto ristretto, come nel caso di altri sottosistemi di capacità umane e dell’organismo in generale.
(3) Principi non specifici della facoltà del linguaggio.
Il terzo fattore include principi di architettura strutturale che restringono gli esiti, includendo principi di computazione efficiente, che ci si aspetterebbe che fossero di particolare significatività per sistemi computazionali come lo è il linguaggio, determinando il carattere generale dei linguaggi ottenibili."
Ho riportato per intero i due stralci fondamentali (almeno a mio giudizio) della sintesi di Noam Chomsky su "La prospettiva biolinguistica 50 anni dopo", presente nella sezione intitolata "l'articolo" del sito dell'Accademia. Il punto più interessante per noi, fra le argomentazioni e le prospettive teoriche in essa vagliate da Chomsky è, almeno a mio parere, costituito dalla definizione dei "tre fattori che entrano nell'evoluzione del linguaggio dell'individuo". Tale definizione potrebbe fornire spunti interessanti per inquadrare certe discussioni su prestiti e forestierismi all'interno di un quadro un pochino più sistematico. Così come permetterebbe di fondare in modo un po' più saldo un discorso sulle alternative al forestierismo, magari ponendo le basi per dei criteri che potrebbero guidarci nel contrassegnare il grado di "accoglibilità" di un nuovo conio.
Una prima circoscrizione delle circostanze e dei fattori di evoluzione linguistica su elencati potrebbe essere la seguente:
1) Identificazione di dinamiche generiche di comunicazione e scambio interlinguistico, in particolare di quei fattori che favoriscono, all'interno della lingua come sistema e delle sue dinamiche e matrici generative, l'accoglimento del prestito;
2) elementi nuovi dell'esperienza comunicativa dei parlanti, con cui i parlanti si confrontano -e loro dinamiche generative anche extralinguistiche;
3) criteri di accoglimento del prestito o del nuovo conio sostitutivo non specifici del confronto interlinguistico come tale, ma tipici della dinamica della lingua di ristrutturare e omogeneizzare e sistematizzare i nuovi prestiti e i nuovi conii favoriti dai fattori dei punti 1) e 2).
Per rendere più trasparente il ragionamento (speriamo invece di non complicarlo), cercherò di spiegare i legami fra gli assunti generali della sintesi storica chomskiana e il tema dei forestierismi più volte affrontato nei forum dell'Accademia da varie angolazioni. Si tratta di ancorare la discussione a quelle che sono le caratteristiche di quel sottinsieme relativo a decodifica e relazionabilità di sistemi simbolici differenti, che è proprietà tipica, fra le altre, della facoltà del linguaggio e della capacità umana a costruire sistemi di simboli; all'interno di questo sottoinsieme, tenere presenti bene o male quelle che sono le dinamiche linguistiche ed extralinguistiche che permettono l'accoglimento, in un sistema linguistico, di elementi (semantici, morfosintattici, fonetici) tipici di un altro sistema linguistico. I tre fattori predisponenti l'accoglimento del prestito permettono poi, una volta tenute in considerazione queste premesse, di elicitare una serie di linee di intervento: dove il punto 2), fattore extralinguistico di nuove esperienze comunicative, è di peso troppo forte, una volta che ciò si sia dimostrato, abbandonare la possibilità di un traducente; dove invece, le dinamiche linguistiche di cui al punto 1) possono essere identificate con precisione, in presenza di traducenti ordinari della lingua di arrivo del prestito, cassare il prestito stesso come inutile; esaminare (punto 3) possibili soluzioni di adattamento e neoconio accettabili, ove il punto 2) si ritenga non di mostrato o il punto 1) non verificabile.
ll discorso si semplifica estremamente, scendendo nel concreto. Si tratta di tenere presente perché in generale, in una lingua, viene accolta una parola nuova (motivazioni storiche, sociali, etc. di cui al punto 2); occorre considerare in che modo genericamente le lingue assorbono i prestiti e con che intensità (punto 1); è bene poi esaminare le ragioni del prestito, e vedere se è legittimo cercare un traducente (punti 2 e 3); qualora sia legittimo, ricorrere al traducente più linguisticamente "orecchiabile", perché formato in base a regole di formazione lessicale produttive.
Esaminiamo un caso discusso più volte e a lungo altrove, sui forum dell'Accademia: il caso di best seller. Viene analizzato l'aspetto concreto e materiale dell'esperienza dei parlanti, la cui pressione ha condotto ad assumere il prestito (dinamiche del mercato internazionale etc.-discussione sui punti 1 e 2); da parte di alcuni si propone un traducente di nuovo conio, "vendissimo". Si apre a questo punto una discussione sulle dinamiche che conducono alla formazione del nuovo conio e vengono messe in gioco sia riflessioni sulle regole grammaticali in generale, sia riflessioni sulle modalità di formazione lessicale (riflessioni collegate col problema specifico, che riguardano però anche leggi grammaticali non specifiche del fenomeno del prestito come tale, ma proprie della struttura della lingua come sistema). Si propongono dunque una pluralità di traducenti (perifrasi e nuovi conii), che vengono confrontati fra loro in base al criterio della loro concreta "opportunità" linguistica, sia sul piano grammaticale, sia sul piano semantico, sia sul piano pragmatico.
La mia proposta va nel senso di una esplicitazione sistematica di linee guida del ragionamento che indichino orientativamente dei percorsi di discussione possibili in tema di anglismi e forestierismi in genere.
Spero di non aver oberato le vostre lasse orecchie. L'idea era fornire alcuni spunti per sistematizzare la discussione, evitando, ove se ne ponessero malauguratamente le condizioni, contraddittori non risolutivi fra livelli di approccio differenti e perciò asimmetrici.
"Della gamma di fenomeni che potrebbero venire in qualche modo considerati pertinenti al linguaggio, l’approccio biolinguistico concentra l’attenzione su una componente della biologia umana che ha a che fare con l’uso e l’acquisizione del linguaggio, come che il termine “linguaggio” venga interpretato. Chiamiamola “facoltà del linguaggio”, adattando un termine tradizionale a un nuovo uso. Questa componente è più o meno allo stesso livello del sistema della visione dei mammiferi, del sistema di navigazione degli insetti e così via. In molti di questi casi, le migliori teorie esplicative attribuiscono all’organismo sistemi computazionali e quello che viene chiamato, nell’uso informale, “l’obbedire a delle regole” – per esempio, quando un recente testo sulla visione presenta il cosiddetto “principio della rigidità” come è stato formulato 50 anni fa: “se è possibile, e altre regole lo autorizzano, interpreta i movimenti delle immagini come proiezioni in tre dimensioni di moti rigidi.” In questo caso, studi più recenti hanno fornito una sostanziale comprensione delle computazioni mentali che sembrano essere coinvolte quando il sistema visivo segue queste regole ma, perfino in organismi molto semplici, questo normalmente non è un’impresa semplice, e mettere in relazione computazioni mentali e analisi a livello cellulare è in generale un obiettivo lontano...
Assumendo che la facoltà del linguaggio abbia le proprietà generali di altri sistemi biologici, dovremmo, di conseguenza, cercare tre fattori che entrano nell’evoluzione del linguaggio nell’individuo:
(1) Fattori generici, apparentemente quasi uniformi per la specie, l’argomento della GU [Grammatica Universale]. La dotazione genetica interpreta parti dell’ambiente come esperienza linguistica, un compito non banale che il bambino svolge in maniera di riflesso, e determina il corso generale dello sviluppo della facoltà del linguaggio verso le lingue raggiunte.
(2) L’esperienza, che porta alla variazione, all’interno di un campo piuttosto ristretto, come nel caso di altri sottosistemi di capacità umane e dell’organismo in generale.
(3) Principi non specifici della facoltà del linguaggio.
Il terzo fattore include principi di architettura strutturale che restringono gli esiti, includendo principi di computazione efficiente, che ci si aspetterebbe che fossero di particolare significatività per sistemi computazionali come lo è il linguaggio, determinando il carattere generale dei linguaggi ottenibili."
Ho riportato per intero i due stralci fondamentali (almeno a mio giudizio) della sintesi di Noam Chomsky su "La prospettiva biolinguistica 50 anni dopo", presente nella sezione intitolata "l'articolo" del sito dell'Accademia. Il punto più interessante per noi, fra le argomentazioni e le prospettive teoriche in essa vagliate da Chomsky è, almeno a mio parere, costituito dalla definizione dei "tre fattori che entrano nell'evoluzione del linguaggio dell'individuo". Tale definizione potrebbe fornire spunti interessanti per inquadrare certe discussioni su prestiti e forestierismi all'interno di un quadro un pochino più sistematico. Così come permetterebbe di fondare in modo un po' più saldo un discorso sulle alternative al forestierismo, magari ponendo le basi per dei criteri che potrebbero guidarci nel contrassegnare il grado di "accoglibilità" di un nuovo conio.
Una prima circoscrizione delle circostanze e dei fattori di evoluzione linguistica su elencati potrebbe essere la seguente:
1) Identificazione di dinamiche generiche di comunicazione e scambio interlinguistico, in particolare di quei fattori che favoriscono, all'interno della lingua come sistema e delle sue dinamiche e matrici generative, l'accoglimento del prestito;
2) elementi nuovi dell'esperienza comunicativa dei parlanti, con cui i parlanti si confrontano -e loro dinamiche generative anche extralinguistiche;
3) criteri di accoglimento del prestito o del nuovo conio sostitutivo non specifici del confronto interlinguistico come tale, ma tipici della dinamica della lingua di ristrutturare e omogeneizzare e sistematizzare i nuovi prestiti e i nuovi conii favoriti dai fattori dei punti 1) e 2).
Per rendere più trasparente il ragionamento (speriamo invece di non complicarlo), cercherò di spiegare i legami fra gli assunti generali della sintesi storica chomskiana e il tema dei forestierismi più volte affrontato nei forum dell'Accademia da varie angolazioni. Si tratta di ancorare la discussione a quelle che sono le caratteristiche di quel sottinsieme relativo a decodifica e relazionabilità di sistemi simbolici differenti, che è proprietà tipica, fra le altre, della facoltà del linguaggio e della capacità umana a costruire sistemi di simboli; all'interno di questo sottoinsieme, tenere presenti bene o male quelle che sono le dinamiche linguistiche ed extralinguistiche che permettono l'accoglimento, in un sistema linguistico, di elementi (semantici, morfosintattici, fonetici) tipici di un altro sistema linguistico. I tre fattori predisponenti l'accoglimento del prestito permettono poi, una volta tenute in considerazione queste premesse, di elicitare una serie di linee di intervento: dove il punto 2), fattore extralinguistico di nuove esperienze comunicative, è di peso troppo forte, una volta che ciò si sia dimostrato, abbandonare la possibilità di un traducente; dove invece, le dinamiche linguistiche di cui al punto 1) possono essere identificate con precisione, in presenza di traducenti ordinari della lingua di arrivo del prestito, cassare il prestito stesso come inutile; esaminare (punto 3) possibili soluzioni di adattamento e neoconio accettabili, ove il punto 2) si ritenga non di mostrato o il punto 1) non verificabile.
ll discorso si semplifica estremamente, scendendo nel concreto. Si tratta di tenere presente perché in generale, in una lingua, viene accolta una parola nuova (motivazioni storiche, sociali, etc. di cui al punto 2); occorre considerare in che modo genericamente le lingue assorbono i prestiti e con che intensità (punto 1); è bene poi esaminare le ragioni del prestito, e vedere se è legittimo cercare un traducente (punti 2 e 3); qualora sia legittimo, ricorrere al traducente più linguisticamente "orecchiabile", perché formato in base a regole di formazione lessicale produttive.
Esaminiamo un caso discusso più volte e a lungo altrove, sui forum dell'Accademia: il caso di best seller. Viene analizzato l'aspetto concreto e materiale dell'esperienza dei parlanti, la cui pressione ha condotto ad assumere il prestito (dinamiche del mercato internazionale etc.-discussione sui punti 1 e 2); da parte di alcuni si propone un traducente di nuovo conio, "vendissimo". Si apre a questo punto una discussione sulle dinamiche che conducono alla formazione del nuovo conio e vengono messe in gioco sia riflessioni sulle regole grammaticali in generale, sia riflessioni sulle modalità di formazione lessicale (riflessioni collegate col problema specifico, che riguardano però anche leggi grammaticali non specifiche del fenomeno del prestito come tale, ma proprie della struttura della lingua come sistema). Si propongono dunque una pluralità di traducenti (perifrasi e nuovi conii), che vengono confrontati fra loro in base al criterio della loro concreta "opportunità" linguistica, sia sul piano grammaticale, sia sul piano semantico, sia sul piano pragmatico.
La mia proposta va nel senso di una esplicitazione sistematica di linee guida del ragionamento che indichino orientativamente dei percorsi di discussione possibili in tema di anglismi e forestierismi in genere.
Spero di non aver oberato le vostre lasse orecchie. L'idea era fornire alcuni spunti per sistematizzare la discussione, evitando, ove se ne ponessero malauguratamente le condizioni, contraddittori non risolutivi fra livelli di approccio differenti e perciò asimmetrici.