Pagina 1 di 1

«Umami»

Inviato: mar, 14 giu 2022 19:05
di Carnby
Con umami si intende il «quinto gusto», che ha recettori particolari. Secondo la definizione dello stesso Umami Information Center si tratta di
un gusto sapido piacevole che viene dal glutammato e da diversi ribonucleotidi, tra cui inosinato e guanilato, che si trovano naturalmente in carne, pesce, verdura e prodotti lattiero caseari.
Mi pare che sia la stessa cosa di sapidità.

Re: «Umami»

Inviato: mer, 15 giu 2022 12:27
di domna charola
Sarebbe da verificare se tutti i cibi che definiamo sapidi, ovvero che hanno sapore, saporiti, contengono effettivamente le molecole recepite dalle nostre papille come umami, o se esistono anche cibi sapidi ma privi di umami.
Viene collegato solo a tre composti di derivazione proteica, che se presenti assieme - per somma di ingredienti - si amplificano a vicenda. Quindi la domanda è: solo nei cibi in cui questi composti sono presenti riconosciamo la caratteristica di sapidità? Treccani esemplifica anche con "un vino sapido": il vino contiene le molecole dell'umami? Una tavoletta di cioccolato o una torta ha umami?

Re: «Umami»

Inviato: mer, 15 giu 2022 15:10
di Millermann
domna charola ha scritto: mer, 15 giu 2022 12:27Quindi la domanda è: solo nei cibi in cui questi composti sono presenti riconosciamo la caratteristica di sapidità? Treccani esemplifica anche con "un vino sapido": il vino contiene le molecole dell'umami? Una tavoletta di cioccolato o una torta ha umami?
La risposta non è univoca. In realtà, stando ad alcuni «esperti», sembra che riconosciamo la «sapidità» anche in certi cibi che non contengono i composti dell'umami, come, per l'appunto, il cioccolato fondente. Alcuni vini, comunque (come scerri e marsala, ricchi di nucleotidi) pare che trasmettano questo sapore, sempre in misura limitata e in base al processo di vinificazione. :)

In ogni caso, questo umami è un termine visto come tipicamente giapponese in tutte le lingue, perciò, per una volta che troviamo un forestierismo che rispetta le regole fono-morfologiche dell'italiano piú di quanto rispetti quelle dell'inglese o del francese, vogliamo pure tradurlo? :P

P.S. In giapponese umami significa letteralmente sapore gustoso. Mi sembra un po' di parte: si sa che i gusti sono soggettivi! Io, per spiegare bene questo sapore agli italiani, ricordando una vecchia pubblicità, lo avrei definito sapore... di dado! ;)

P.P.S. A pensarci bene... Perché no? Se proprio vogliamo una traduzione, direi che sapore di dado per umami mi sembra ragionevole, oltre che, come si sente dire oggi per la solita interferenza dell'inglese, piuttosto «accurato». ;)

Re: «Umami»

Inviato: mer, 15 giu 2022 18:38
di Carnby
Millermann ha scritto: mer, 15 giu 2022 15:10 [...] questo umami è un termine visto come tipicamente giapponese in tutte le lingue, perciò, per una volta che troviamo un forestierismo che rispetta le regole fono-morfologiche dell'italiano piú di quanto rispetti quelle dell'inglese o del francese, vogliamo pure tradurlo?
Questo è vero, ma dato che l’incipit della Guichipedia inglese recita «umami, or savoriness» ho pensato che avessimo già nella nostra lingua un concetto analogo, con tanto di relativo aggettivo (sapido).

Re: «Umami»

Inviato: gio, 16 giu 2022 12:32
di domna charola
Millermann ha scritto: mer, 15 giu 2022 15:10 P.P.S. A pensarci bene... Perché no? Se proprio vogliamo una traduzione, direi che sapore di dado per umami mi sembra ragionevole, oltre che, come si sente dire oggi per la solita interferenza dell'inglese, piuttosto «accurato». ;)
Tecnicamente non fa una grinza: il dado è glutammato più un po' di additivi, quindi la sensazione gustativa umami, generata anche dal glutammato, è quella del dado.
Però lo percepisco come pesantemente offensivo verso i giapponesi, la loro cucina, i loro gusti e tutto il resto che ci si vuole mettere dietro. Perché al di là della pubblicità, che deve convincerci ad acquistare, dire che una pietanza "sa di dado" equivale a dire che non sa di niente e che non è stata nemmeno fatta con tutti gli ingredienti dovuti, risparmiando sul loro uso e ricorrendo al dado. Un brodo di carne che sa di dado è chiaramente un non-brodo, e molti cuochi italiani sottolineano che un vero cuoco - nella nostra cucina - non ha bisogno di dado, anzi, di diffidare di chi lo usa.
Quindi non mi sembra bello che decine di scienziati abbiano lavorato per capire e individuare una nuova sensazione gustativa, e noi italianofili la liquidiamo con un banae "ma va, è il sapore di dado"!
Che poi, appunto, il termine è quasi accettabile come forma nell'italiano.