«Cyberpunk»

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Luke Atreides
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«Cyberpunk»

Intervento di Luke Atreides »

Che traducente proporreste per tradurre in italiano la parola inglese cyberpunk?
domna charola
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Re: «Cyberpunk»

Intervento di domna charola »

A me questa volta viene voglia di andare controcorrente. Che traduzioni adottano le altre lingue per il genere "opera", inteso opera lirica? Cosa c'entra l'opera lirica? è un genere, musicale in questo caso e non letterario, cosi originariamente italiano che è usato dappertutto.
Impelagarsi in tutti i sottogeneri letterari e altro che continuano a sbocciare, diffondersi, avere una loro storia e dignità momentanea lo vedo difficile e con scarsi buoni esiti. Il tempo e gli esperti e la critica letteraria probabilmente - spero . troveranno termini ufficialmente riconosciuti per quei grandi filoni che varrà la pena di denominare, discutere, tramandare ai posteri.

Fine della modalità "eretico in azione". Evitate i roghi, per favore, perché già fa caldo... :)

Modifica: ho letto solo dopo, nel filone successivo, secondo intervento:
viewtopic.php?t=2397

Fuori tema
E ora mi ripeterò: perché chi conosce o usa questi termini, o sente la necessità di trovare loro un traducente, non inizia dando un quadro succinto ma esauriente della questione? Perché più d'uno, credo, deve perdere tempo a gugolare per cercarsi tutte le sfaccettature del termine?
Poi per forza che vengono fuori le discussioni chilometriche sulla sfumatura: uno prova a proporre parole esistenti che appaiono sensate, poi man mano viene fuori che sono troppo generiche, inadeguate, che "nel linguaggio del settore di intende... quindi non va bene" etc. etc.
Allora partiamo sin dall'inizio con le idee un po' più chiare: ci sono i termini che ci martellano dall'esterno e vogliamo tradurre, e allora si metta il collegamento alla pagina dove viene usato estesamente, dove si è incontrato e ci ha fatto scattare la reazione di rifiuto. Ci sono termini che usiamo abitualmente perché fanno parte dei nostri interessi, e allora giusto chiedersi come tradurli, però sicuramente più produttivo chiarire i termini della questione a tutti i partecipanti.

Scusate lo sfogo... come sopra, fa caldoooo!
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
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Re: «Cyberpunk»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Fuori tema
domna charola ha scritto: lun, 25 lug 2022 11:32E ora mi ripeterò: perché chi conosce o usa questi termini, o sente la necessità di trovare loro un traducente, non inizia dando un quadro succinto ma esauriente della questione? Perché più d'uno, credo, deve perdere tempo a gugolare per cercarsi tutte le sfaccettature del termine?
Poi per forza che vengono fuori le discussioni chilometriche sulla sfumatura: uno prova a proporre parole esistenti che appaiono sensate, poi man mano viene fuori che sono troppo generiche, inadeguate, che "nel linguaggio del settore di intende... quindi non va bene" etc. etc.
Ha ragione. L’utente Luke Atreides ha aperto molti filoni su termini di nicchia come questo, senza fornire alcun contesto. Ne approfitto per ribadire che, per iscongiurare il rischio di discutere a vanvera, è buona norma fornire il contesto necessario per far capire agli altri utenti di cosa si sta parlando.
In quanto alla traduzione, sulla base della definizione
L’Enciclopedia Treccani in linea ha scritto:Genere narrativo in cui temi legati alla realtà delle società postindustriali (cibernetica, robotica, telematica, realtà virtuale, biotecnologie, clonazione) vengono elaborati fantasticamente nel segno di un’ideologia contestataria, di ribellione e critica sociale, analoga a quella del movimento punk o della musica punk rock.
io direi fantascienza tecnodistopica. Anche in questo caso, come in quello di steampunk, proposte simili sono piú chiose che veri e propri traducenti. Togliendo infatti la parola punk si elimina un riferimento fondamentale che lega i due generi (cyberpunk e steampunk). Alla voce «Steampunk» del Merriam-Webster in linea si legge (traduco):
Il dizionario Merriam-Webster alla voce «steampunk» ha scritto:«Penso che le storie fantastiche vittoriane saranno di grande tendenza in futuro, a patto che si possa trovare un termine collettivo appropriato per l’opera mia, di Tim Powers e di James Blaylock». Cosí scrisse lo scrittore di fantascienza K. W. Jeter, a cui si deve il termine steampunk, creato nel 1987 per descrivere una serie di romanzi fantastici ambientati in età vittoriana, nei quali si omaggiava la tecnologia dell’epoca, gran parte della quale era alimentata a vapore. Come denominazione e argomento, lo steampunk è l’antitesi del cyberpunk, un genere che si caratterizza per ambientazioni sinistre, futuristiche, dominate dai calcolatori. Da allora la popolarità dello steampunk è proseguita con le pellicole, la moda e persino coll’arredamento dei ristoranti.
Sempre il Merriam-Webster ci offre un’analoga descrizione del genere cyberpunk (qui sotto la mia traduzione):
Il dizionario Merriam-Webster alla voce «cyberpunk» ha scritto:Nell’ambiente della fantascienza, il cyberpunk è un genere spesso caratterizzato da antieroi intrappolati in un futuro ipertecnologico e disumanizzante. Le sue radici affondano nei romanzi a tema tecnologico degli anni Quaranta e Cinquanta, ma ci vollero anni prima della sua piena maturazione. La parola cyberpunk fu coniata dallo scrittore Bruce Bethke, che scrisse un racconto con questo titolo nel 1980. Il termine è una combinazione di cybernetics, la scienza che si occupa della sostituzione delle funzioni umane con controparti computierizzate, e punk, la musica gracchiante e la sensibilità nichilistica sorte nella cultura giovanile negli anni Settanta e Ottanta. Cyberpunk si affermò come termine e come genere soltanto a partire dal 1984, anno in cui William Gibson pubblicò il romanzo Neuromancer.
Avatara utente
Carnby
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Re: «Cyberpunk»

Intervento di Carnby »

Ciberghenga, ma solo perché da piccolo, a Carnevale, quelli vestiti da punk, ignaro di cosa fossero, li chiamavo gangsters.
domna charola
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Re: «Cyberpunk»

Intervento di domna charola »

RIguardandomi i due filoni comparati, alla fine il nodo primario da sciogliere mi sembra il traducente per punk, che non mi pare sia ancora compreso nella lista dei traducenti di forestierismi.
Risolto questo, la cibernetica in italiano mi pare che esista senza problemi... parecchi decenni fa usava il termine ad esempio un noto compositore di testi per canzoni, in una sigla di cartone animato, senza troppi scandali. Quindi non si potrebbe usare per tutta una serie di composti, come in effetti si fa già*?

Il problema è il secondo termine, forse intraducibile. Ma anche non adattabile?

* Ah, no... quando in ufficio parlo di cibersicurezza mi guardano come un marziano, e la capa mi coregge "saiber, si dice saiber..."
Avatara utente
andrea scoppa
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Re: «Cyberpunk»

Intervento di andrea scoppa »

domna charola ha scritto: lun, 25 lug 2022 18:39 RIguardandomi i due filoni comparati, alla fine il nodo primario da sciogliere mi sembra il traducente per punk...
Se n'è parlato qui. Dalla proposta dell'Infarinato ci si trae *ciberpinco.
È cosí piana e naturale e lontana da ogni ombra di affettazione, che i Toscani mi pare, pel pochissimo che ho potuto osservare parlando con alcuni, che favellino molto piú affettato, e i Romani senza paragone.
brg
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Re: «Cyberpunk»

Intervento di brg »

Colgo l'occasione per sottolineare, come avevo già fatto riguardo al ciberspazio di Gibson, che nel "cyberpunk" la cibernetica non c'entra nulla. Il prefisso "ciber-" è stato usato tanto da Gibson, quanto da Bethke, perché suonava futuribile, tecnologico, evocativo ed alla moda. Si potrebbe dire che qui vale "tecno-", cioè serve a sottolineare, in maniera del tutto connotativa, la natura radicalmente tecnologica dell'oggetto designato.

Inoltre, seppure il termine sia stato coniato da Bethke, il manifesto del "cyberpunk" è il Neuromante di Gibson. Il termine è stato riutilizzato per descrivere il genere soprattutto perché suonava bene e poi perché effettivamente si attagliava al tema del racconto di Gibson, pieno di "punk" e di "cibercose".

Ultima nota: il "punk" di cui parliamo qui, forse, non è più quello della controcultura degli anni '70, ma quello della moda di massa degli anni '80. Non dei Sex Pistols e dei Buzzcocks, ma dei Duran Duran e degli Spandau Ballet.
Per cui anche l'idea, che mi era passata per la mente, di utilizzare il termine "sciatto" in vece di "punk" per la resa italiana è probabilmente inadeguata.
domna charola
Interventi: 1633
Iscritto in data: ven, 13 apr 2012 9:09

Re: «Cyberpunk»

Intervento di domna charola »

andrea scoppa ha scritto: mar, 26 lug 2022 18:57
domna charola ha scritto: lun, 25 lug 2022 18:39 RIguardandomi i due filoni comparati, alla fine il nodo primario da sciogliere mi sembra il traducente per punk...
Se n'è parlato qui. Dalla proposta dell'Infarinato ci si trae *ciberpinco.
Vero. Avendo sollevato la questione dopo aver controllato la lista dei traducenti, ma essendo troppo pigra per aprire anche un filone, G.M. aveva prontamente provveduto a colmare la lacuna. In effetti, si tratta di tre termini su cui stiamo discutendo in parallelo, di cui due sono derivati / contengono il terzo. Mi sa che sarà un continuo riportare riferimenti da un filone all'altro...
domna charola
Interventi: 1633
Iscritto in data: ven, 13 apr 2012 9:09

Re: «Cyberpunk»

Intervento di domna charola »

brg ha scritto: mer, 27 lug 2022 12:22 Colgo l'occasione per sottolineare, come avevo già fatto riguardo al ciberspazio di Gibson, che nel "cyberpunk" la cibernetica non c'entra nulla. Il prefisso "ciber-" è stato usato tanto da Gibson, quanto da Bethke, perché suonava futuribile, tecnologico, evocativo ed alla moda. Si potrebbe dire che qui vale "tecno-", cioè serve a sottolineare, in maniera del tutto connotativa, la natura radicalmente tecnologica dell'oggetto designato.

Inoltre, seppure il termine sia stato coniato da Bethke, il manifesto del "cyberpunk" è il Neuromante di Gibson. Il termine è stato riutilizzato per descrivere il genere soprattutto perché suonava bene e poi perché effettivamente si attagliava al tema del racconto di Gibson, pieno di "punk" e di "cibercose".

Ultima nota: il "punk" di cui parliamo qui, forse, non è più quello della controcultura degli anni '70, ma quello della moda di massa degli anni '80. Non dei Sex Pistols e dei Buzzcocks, ma dei Duran Duran e degli Spandau Ballet.
Per cui anche l'idea, che mi era passata per la mente, di utilizzare il termine "sciatto" in vece di "punk" per la resa italiana è probabilmente inadeguata.
... mi sono persa... Se per cibernetica intendiamo l'originario significato, legato all'ambito materiale delle "macchine" concrete - non virtuali - e alle loro relazioni, analogie, modalità di funzionamento rispetto ai corpi biologici viventi, da un lato sì, il significato si è spostato nel tempo e oggi viene comunemente usato pensando all'informatica, alle reti e ai mondi virtuali.
Però a livello di narrativa e di pellicole cinematografiche riemerge anche la matrice originaria: accanto agli operatori informatici e al famigerato ciberspazio, coesistono anche personaggi umani, umanoidi, modificati, con pezzi tecnologici inseriti... e via di fantasia, sempre nell'intento di evidenziare le mostruosità a cui il progresso tecnologico spinto senza controlli può portare. Tutti questi personaggi sono rappresentazioni dell'uomo-macchina, essere ibrido e deviante capace da sempre di generare inquietudini e attrazione nei lettori.

Poi è vero anche che il significato di tutti questi termini muta molto rapidamente, perché rapido è il cambiare degli scenari, si pensi alla fantascienza del dopoguerra che magari propone un ipotetico futuro dell'anno 2000, che per noi non è più futuro né ipotetico, e soprattutto, non è andata così... Il campo e l'immaginario dei narratori si sposta, però quello che resta vivo e "costante" è il respiro di fondo, l'ansia, l'inquietudine per un futuro tecnologico che sfugge di mano.

Alla fin fine, secondo me, quello che conviene è mantenere un termine il più vicino possibile all'originale - cioè un adattamento - in modo tale che rimandi direttamente a questo, allo scrittore capostipite, al romanzo-manifesto della corrente etc. etc.
In tal modo, seguirebbe automaticamente tutte le sfumature e le modifiche che il termine originario subisce nel tempo, evitandoci di dovere ogni volta ridiscutere il traducente, correggerlo, adeguarlo per tornare a cogliere la precisa sfumatura che l'originale intanto ha assunto.
brg
Interventi: 494
Iscritto in data: mer, 12 gen 2022 20:53

Re: «Cyberpunk»

Intervento di brg »

domna charola ha scritto: mer, 27 lug 2022 13:01 [...]
Però a livello di narrativa e di pellicole cinematografiche riemerge anche la matrice originaria: accanto agli operatori informatici e al famigerato ciberspazio, coesistono anche personaggi umani, umanoidi, modificati, con pezzi tecnologici inseriti... e via di fantasia, sempre nell'intento di evidenziare le mostruosità a cui il progresso tecnologico spinto senza controlli può portare. Tutti questi personaggi sono rappresentazioni dell'uomo-macchina, essere ibrido e deviante capace da sempre di generare inquietudini e attrazione nei lettori.
[...]
Questo di cui parla è però un tema ricorrente, che serpeggia per tutta la storia della fantascienza e non può dirsi caratteristico del "cyberpunk". Il tema dell'umanità, dell'uomo-macchina e della macchina-uomo, della coscienza è diffuso e si ritrova in autori tanto diversi quanto Asimov e Dick, per esempio.
Ad essere peculiare del "cyberpunk" rispetto alla fantascienza classica è l'aspetto del futuro. Nella fantascienza classica, quella del secondo dopoguerra, il futuro è tendenzialmente ordinato, pulito, progredito in ogni senso, tecnologico e sociale; magari può essere, anzi spesso è, tanto vasto da disorientare, come gli abissi d'acciaio di Asimov o lo spazio profondo di Clarke, ma c'è sempre ordine e organizzazione, se uno guarda attentamente. Il futuro dei "cyberpunk" è caotico, sporco, suburbano, claustrofobico: anche dove c'è apparentemente pulizia ed ordine, sotto c'è disordine e sporcizia.

Lei ha citato un robottone la cui sigla menzionava la cibernetica: quel robottone è un esempio di fantascienza classica, come tutti i suoi coevi, incluso quel "Jeeg robot d'acciaio", il cui protagonista era un uomo-macchina. Così pure Capitan Harlock, che ricompare alla deriva nello spazio nella "Corazzata Spaziale Yamato", secoli dopo le vicende che l'hanno visto protagonista, ancora "vivo" perché mezzo tramutato in macchina, solo, in mezzo ad un equipaggio di sole macchine. Se si cerca un esempio di "cyberpunk", invece, bisogna guardare ad "Akira", con la sua immensa megalopoli fuori controllo e chiusa in sé stessa, i ragazzini teppisti ed il culto millenarista.

Certamente il "cyberpunk" non è nato per germinazione spontanea: l'opera di Dick, in particolare, ha avuto una sicura influenza sugli autori tecnosciatti e la pellicola "Blade Runner" ne ha influenzato l'immaginario. Tuttavia ciò mi pare insufficiente a dire che il "cyberpunk" sia nato prima degli anni '80: è come dire che Luciano di Samosata già scriveva di fantascienza.

Confesso quindi di essere stato tentato di adattare il termine con "tecnosciatto" o "cibersciatto", tuttavia mi pare che questa sciatteria "punk" sia una precisa scelta estetica pure a livello letterario. Quindi non propriamente sciatta.
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