Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

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G. M.
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Re: Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

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Fuori tema
L'uscita -rt è normale nel mio dialetto (tòrt 'torto', fòrt 'forte'); non mi vengono in mente parole in -lm (e le parole italiane in -̀lmo solitamente finiscono in -̀lom), ma lo conosco troppo poco per rispondere con sicurezza... so solo che in generale il parmigiano tollera sequenze consonantiche che in italiano sarebbero "spaventose": sfogliando ora un dizionario, /-nt k l-/ (intànt ch' la corra 'mentre corre'), /-ls km-/ (dóls cme 'dolce come'), /-r d zb-/ (bagnär 'd zbavàcia 'sbavare, bagnare di bava'), /bk-/ (bcón 'boccone'), /tɲ-/ (tgnir 'tenere')... e certo con un po' di pazienza si può trovare di "peggio" :D.
Mi riferivo, comunque, non al dialetto ma ai nostri italiani regionali, che come sappiamo non sono necessariamente una "media aritmetica" tra l'italiano normale e il dialetto. :)
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G. M.
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Re: Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

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G. M. ha scritto: mar, 01 nov 2022 21:19 [...] si può ipotizzare senza difficoltà la soluzione opposta: uno straniero (non *un ostraniero), ed ecco (non *e decco), ad esempio (non *a desempio), e similmente per forme oggi desuete, come ned or né poscia (non *dor né poscia), sur un alto pioppo (non *su run alto pioppo), eccetera...
G. M. ha scritto: mer, 02 nov 2022 15:31
  1. L'incontro di due parole genera o può generare l'inserimento di un fonema tra le due, senza che venga tolto nulla alla prima o alla seconda parola. Dal punto di vista della rappresentazione del suono, mi pare che sia indifferente attaccare la lettera aggiunta alla parola che precede o a quella che segue.
Devo correggermi perché mi rendo conto d'avere scritto una grossa stupidaggine (la mia natura di settentrionale è impossibile da celare :lol:): mi sono scordato completamente il raddoppiamento fonosintattico! :oops:

Dove il fonema inserito è una consonante, ovviamente c'è una differenza tra l'attaccarlo alla prima o alla seconda parola: nel primo caso il suono è scempio, nell'altro caso si raddoppia, perché questi monosillabi sono cogeminanti: e/*/, a/*/, o/*/, che/*/, su/*/, /*/...
Ed ecco /ed ɛ̍kko/ ≠ *e decco /e ddɛ̍kko/!

Scusate la sbadataggine. Sono un po' lento... a volte mi tornano in mente le cose e mi accorgo improvvisamente di errori in testi che ho scritto mesi o anni prima. 🤦‍♂️
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Re: Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

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G. M. ha scritto: ven, 04 nov 2022 22:54 Noto che Castellani scrive prostetica l'i secondo la regola tradizionale, ma fa tranquillamente il contrario per l'e nella stessa posizione (pere stare, none stare), come se fosse la scelta più spontanea in mancanza d'una codificazione già fissata; interessante.
Piú che «interessante», direi che è naturale: in mancanza di una tradizione ortografica che giustifichi una scrizione quale estare (e forse anche per non richiamare una variante antica, che qui rischierebbe solo d’ingenerare confusione), è naturale usare una grafia [piú] fonetica visto che la sillabazione [fonetica, appunto] di un nesso /VsC/ (con C ≠  semiconsonante/legamento/«approssimante») è ovviamente /Vs.C/: non potendosi [ortograficamente] staccare la s da stare, si mette almeno la e dalla parte giusta. ;)
G. M. ha scritto: sab, 05 nov 2022 13:28 Devo correggermi perché mi rendo conto d'avere scritto una grossa stupidaggine (la mia natura di settentrionale è impossibile da celare :lol:): mi sono scordato completamente il raddoppiamento fonosintattico! :oops:

Dove il fonema inserito è una consonante, ovviamente c'è una differenza tra l'attaccarlo alla prima o alla seconda parola: nel primo caso il suono è scempio, nell'altro caso si raddoppia, perché questi monosillabi sono cogeminanti: e/*/, a/*/, o/*/, che/*/, su/*/, /*/...
Ed ecco /ed ɛ̍kko/ ≠ *e decco /e ddɛ̍kko/!
Codesto è vero, ma non è certo la ragione storica per cui non si è adottata la seconda opzione.

Tornando a bomba, si potrebbe dire che la pro[s]tesi dell’i (graficamente intesa) è preferibile per la compresenza di varianti antiche come istoria o —in taluni casi— per una maggiore aderenza all’antecedente latino come in Ispagna, o anche per solidarietà con la e prostetica di lingue sorelle quali spagnolo e francese (in quest’ultima, la /s/ è poi addirittura caduta)… Si potrebbe, ma in realtà le cose sono molto piú semplici. In effetti, l’intervento d’apertura di questo filone si fonda s’un sillogismo, dov’è tutta la premessa a essere —si legga con la voce di Quèlo— sbagliata:P
G. M. ha scritto: mar, 01 nov 2022 21:19 Ciò che ha catturato la mia attenzione è che il modo in cui rappresentiamo graficamente questo fenomeno costituisce quasi un'eccezione, per il fatto di andare praticamente all'opposto di ciò che facciamo per gli altri fenomeni simili della nostra lingua.

In tutti —o quasi: si veda sotto— gli altri casi in cui la vicinanza di due parole implica o può implicare una trasformazione a causa dell'incontro dei fonemi, infatti, nella scrittura è sempre la prima parola quella che "cambia forma", non la seconda: sia nei casi dove ciò è "obbligato" (far[∅] vedere, caval[∅] donato) sia in quelli dove si può ipotizzare senza difficoltà la soluzione opposta: uno straniero (non *un ostraniero), ed ecco (non *e decco), ad esempio (non *a desempio), e similmente per forme oggi desuete, come ned or né poscia (non *dor né poscia), sur un alto pioppo (non *su run alto pioppo), eccetera... Così, secondo il modello per il resto generale, non sarebbe (stato) sensato scrivere quest'i attaccata alla prima parola, anziché alla seconda? *Peri scritto; *ini spagnolo; *ini Svizzera; *a noni scriver nulla. Sembra strano di primo acchito, ma non mi sembra così strano se guardato cogli occhi "della logica" più che con quelli "dell'abitudine". In qualche caso si ridurrebbero le possibili ambiguità sulla seconda parola (in non iscrivere questo iscrivere è 'scrivere' o 'iscrivere'?) ma è una considerazione secondaria (in qualche caso si potrebbero invece introdurre delle ambiguità).

[…]

Casi in cui la "trasformazione" per ragioni di suono riguarda la seconda parola —non solo nella rappresentazione grafica ma proprio nel fatto fonematico— sono quelli in cui abbiamo la caduta della vocale iniziale della seconda: sì che ’l piè fermo sempre era ’l più basso (Inferno, I, v. 30), là onde ’nvidia prima dipartilla (ivi, v. 111).
L’allomorfo originario dell’articolo indeterminativo è infatti uno, non un (del resto, a scuola non ci hanno sempre detto che si tratta di un caso di troncamento?), cosí come quello dell’articolo determinativo è lo, da cui si sviluppa —in determinati contesti fonetici— ’l (che, quindi, etimologicamente si dovrebbe piuttosto scrivere l), e da questo infine il con vocale d’appoggio: un altro bel caso di prostesi! ;)

Quanto a ed, ad, od, ched e ned, non è certo la preoccupazione di un raddoppiamento sintattico (comunque mai sistematicamente rappresentato sul piano grafico neanche in epoca antica) ad aver impedito lo sviluppo di grafie quale *e decco, ma è il fatto che essi continuano —a parte l’ultimo, che è chiaramente di origine analogica— i loro antecedenti latini (con sonorizzazione della /t/ intervocalica nel primo e nel terzo, direttamente nel secondo e nel quarto).

Quindi qual è la «regola» che spiega tutte queste forme in un botto solo? L’etimologia: la «scelta» ortografica è pertanto obbligata. ;)

E la convenzione ortografica per la rappresentazione di fenomeni anetimologici quali prostesi ed epitesi ben si sposa con la regola empirica che si può estrarre dall’allomorfia di cui sopra e [ancor piú] dalla «pacifica» rappresentazione di fenomeni fonetici sincronici quali apocope e aferesi: «cambia la parola problematica». :)
Avatara utente
G. M.
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Re: Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

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Grazie mille, Infarinato, come sempre. :) Giusta l'osservazione sulla divisione sillabica fonetica, cui non avevo pensato (...o, almeno, non consciamente :P).

Riesco a seguire tutto il suo discorso, che mi sembra filare liscio senza punti oscuri. Il mio cervellaccio non trova obiezioni, però istintivamente continua a faticare un po' ad accettare la conclusione, anche per la maggior naturalezza appunto osservata. Devo dargli un po' di tempo per macinare le informazioni e accettare le cose... :mrgreen:
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