Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

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Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

Intervento di G. M. »

Un pensiero curioso che mi gira in testa da un po' e che penso possa interessarvi, o almeno divertirvi :), riguarda il fenomeno dell'i prostetica. Un breve ripasso, dalla Grammatica italiana di Serianni (§ I.71):

Prostesi

71. La prostesi è il fenomeno per il quale una parola assume in posizione iniziale un elemento non etimologico. Interessa l'italiano contemporaneo — anche se ormai limitatamente — la prostesi di i davanti a s complicata (detta anche, non bene, «s impura») in parole precedute da un'altra parola con terminazione consonantica (ciò per evitare una sequenza consonantica non abituale nell'italiano del fondo ereditario): scrivonon iscrivo, studioper istudio, scuolain iscuola.
Il fenomeno, che è sempre stato molto oscillante (Rᴏʜʟꜰs 1966-1969: 187) è oggi in forte regresso, tranne che nelle locuzioni in iscritto, per iscritto (cfr. Sᴀʙᴀᴛɪɴɪ 1985: 157). In passato la possibilità di una i prostetica (anticamente anche e) era spesso sfruttata dai poeti per ragioni metriche: «per escusarmi e vedermi dir vero», accanto a «Ciò che vedesti fu perché non scuse» (Dante, Paradiso, XIV 136 e Purgatorio, XV 130).
In epoca più vicina a noi questa norma è stata attentamente osservata da Manzoni nei Promessi Sposi; per esempio: «a non iscriver nulla» IX 75, «è cosa che non istà bene» VI 36, «per istrascinarlo» XXXII 10. Esempi occasionali anche in scrittori contemporanei, come Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini: in ispagnolo 41, per istrada 183.


Ciò che ha catturato la mia attenzione è che il modo in cui rappresentiamo graficamente questo fenomeno costituisce quasi un'eccezione, per il fatto di andare praticamente all'opposto di ciò che facciamo per gli altri fenomeni simili della nostra lingua.

In tutti —o quasi: si veda sotto— gli altri casi in cui la vicinanza di due parole implica o può implicare una trasformazione a causa dell'incontro dei fonemi, infatti, nella scrittura è sempre la prima parola quella che "cambia forma", non la seconda: sia nei casi dove ciò è "obbligato" (far[∅] vedere, caval[∅] donato) sia in quelli dove si può ipotizzare senza difficoltà la soluzione opposta: uno straniero (non *un ostraniero), ed ecco (non *e decco), ad esempio (non *a desempio), e similmente per forme oggi desuete, come ned or né poscia (non *dor né poscia), sur un alto pioppo (non *su run alto pioppo), eccetera... Così, secondo il modello per il resto generale, non sarebbe (stato) sensato scrivere quest'i attaccata alla prima parola, anziché alla seconda? *Peri scritto; *ini spagnolo; *ini Svizzera; *a noni scriver nulla. Sembra strano di primo acchito, ma non mi sembra così strano se guardato cogli occhi "della logica" più che con quelli "dell'abitudine". In qualche caso si ridurrebbero le possibili ambiguità sulla seconda parola (in non iscrivere questo iscrivere è 'scrivere' o 'iscrivere'?) ma è una considerazione secondaria (in qualche caso si potrebbero invece introdurre delle ambiguità).

Di recente ho trovato una considerazione che non si spinge così in là ma va nella stessa direzione in G. Tognatti (Criteri per la trascrizione di testi medievali latini e italiani, Quaderni della rassegna degli Archivi di stato, Roma 1982, p. 28), il quale di passaggio osservava che in teoria nello scrivere l'i prostetica non sarebbe illogico mantenere la maiuscola «alla prima lettera della parola in forma normale», e scrivere quindi, per esempio, iSpagna anziché Ispagna.

Casi in cui la "trasformazione" per ragioni di suono riguarda la seconda parola —non solo nella rappresentazione grafica ma proprio nel fatto fonematico— sono quelli in cui abbiamo la caduta della vocale iniziale della seconda: sì che ’l piè fermo sempre era ’l più basso (Inferno, I, v. 30), là onde ’nvidia prima dipartilla (ivi, v. 111).
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Ferdinand Bardamu
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Re: Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

Intervento di Ferdinand Bardamu »

G. M. ha scritto: mar, 01 nov 2022 21:19Di recente ho trovato una considerazione che non si spinge così in là ma va nella stessa direzione in G. Tognatti (Criteri per la trascrizione di testi medievali latini e italiani, Quaderni della rassegna degli Archivi di stato, Roma 1982, p. 28), il quale di passaggio osservava che in teoria nello scrivere l'i prostetica non sarebbe illogico mantenere la maiuscola «alla prima lettera della parola in forma normale», e scrivere quindi, per esempio, iSpagna anziché Ispagna.
Non sarebbe illogico, ma violerebbe la coerenza della grafia, che prevede la maiuscola soltanto per la lettera iniziale, senza vantaggi significativi, ché parole come Ispagna o Isvizzera non sono equivocabili.
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Re: Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

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Ferdinand Bardamu ha scritto: mar, 01 nov 2022 22:45 Non sarebbe illogico, ma violerebbe la coerenza della grafia, che prevede la maiuscola soltanto per la lettera iniziale [...]
Sì e no; se questo è chiaramente vero per la maggior parte dei casi in generale, non lo è in un caso di "composizione" relativamente simile, quello delle enclitiche reverenziali: desidero comunicarLe (non *desidero Comunicarle), per mandarVi i nostri auguri (non *per Mandarvi i nostri auguri).
G. M. ha scritto: mar, 01 nov 2022 21:19 In tutti —o quasi: si veda sotto— gli altri casi in cui la vicinanza di due parole implica o può implicare una trasformazione a causa dell'incontro dei fonemi, infatti, nella scrittura è sempre la prima parola quella che "cambia forma", non la seconda: sia nei casi dove ciò è "obbligato" [...] sia in quelli dove si può ipotizzare senza difficoltà la soluzione opposta [...]
Casi in cui la "trasformazione" per ragioni di suono riguarda la seconda parola [...] sono quelli [...]
Provo a riorganizzare e riformulare tutto il pensiero in maniera (spero) più logica ed efficace. Abbiamo due casi:
  1. L'incontro di due parole genera o può generare la caduta di uno o più fonemi, alla fine della prima o all'inizio della seconda: in tal caso, non si può che modificare la scrittura della parola in cui il suono cade: la scelta è obbligata.
    • Nel caso speciale in cui il suono che cade si trova sia alla fine della prima parola sia all'inizio della seconda, si può immaginare anche la soluzione contraria: l'amica ~ *la 'mica: ma sarebbe una complicazione inutile, visto che la cosa può essere adeguatamente rappresentata nel modo generale senza introdurre una regola apposita per questo caso speciale.
      La cosa è ancora più evidente se immaginiamo di far cadere una vocale che nella seconda parole è accentata, ipotizzando scritture "assurde" nelle regole attuali dell'italiano: l'arpa ~ *la 'rpa, con la seconda che —mi pare— oggi non potrebbe che pronunciarsi /larpa̍(*)/
  2. L'incontro di due parole genera o può generare l'inserimento di un fonema tra le due, senza che venga tolto nulla alla prima o alla seconda parola. Dal punto di vista della rappresentazione del suono, mi pare che sia indifferente attaccare la lettera aggiunta alla parola che precede o a quella che segue.
    1. Nel caso dell'i prostetica, questa viene attaccata alla parola che (la) segue.
    2. In tutti gli altri casi, la lettera viene attaccata alla parola che (la) precede.
Non so bene come incasellare i casi di trasformazione più ampia, come i ~ gli o il ~ lo. Forse ci vorrebbe un terzo caso a parte: anche perché, considerando l'etimologia, non è ovvio (almeno per me) che ci sia una forma "più normale" e una forma "speciale" della parola (come anche per un/uno < lat. unus), come invece mi sembra chiaro dove il suono inserito è, appunto, non etimologico (come in ispirito < lat. spiritus).

Due osservazioni:
  1. Rimovendo i casi come uno e lo, mi pare che nel punto 2.a ricada l'unico caso vocalico, mentre nel punto 2.b. tutti i casi consonantici.
  2. Si potrebbe ipotizzare [in conseguenza del punto 1 qui sopra] che la scrittura tradizionale dell'i prostetica sia più sensata perché rendendola epitetica si genererebbe un allungamento vocalico (fonetico) che la grafia tradizionale previene: noni = ?[ˈnoːni], ini = ?[ˈiːni]. In realtà ho il sospetto che sia un problema che non si pone, o detto altrimenti «il fatto non sussiste», dato che questi elementi sono/sarebbero esclusivamente proclitici (?) e quindi "non cambia nulla".
Viste le recenti incomprensioni avute con altri membri del fòro, nel discutere di quest'argomento voglio precisare, come nel caso di samurai(o), che non sto sostenendo che si debba scrivere in iSpagna o ini Spagna: sto solo ragionando della sensatezza di una simile possibilità, almeno in senso teorico: capire se la grafia tradizionale è, o no, anche quella più ragionevole e giustificabile.
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Re: Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

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G. M. ha scritto: mer, 02 nov 2022 15:31
Ferdinand Bardamu ha scritto: mar, 01 nov 2022 22:45 Non sarebbe illogico, ma violerebbe la coerenza della grafia, che prevede la maiuscola soltanto per la lettera iniziale [...]
Sì e no; se questo è chiaramente vero per la maggior parte dei casi in generale, non lo è in un caso di "composizione" relativamente simile, quello delle enclitiche reverenziali: desidero comunicarLe (non *desidero Comunicarle), per mandarVi i nostri auguri (non *per Mandarvi i nostri auguri).
A dire il vero questo caso non mi sembra nemmeno relativamente simile all’i prostetica. È un’eccezione soltanto apparente, e anzi conferma la regola: la maiuscola si usa pure nei casi in cui il clitico non forma un corpo unico con la parola anche graficamente, es. Le comunico; è reverenziale, e non serve a distinguere graficamente il clitico; è quindi soltanto una maiuscola sull’iniziale della parola. Scrizioni come *iSpagna e *iSvizzera, invece, sono arbitrarie, e non trovano una ragion d’essere nemmeno in una possibile dissoluzione dell’ambiguità con altre parole (che non c’è).

Data la natura eufonica del suono /i/, scrivere *iSpagna sarebbe un po’ come scrivere sport-e o film-e per sport e film, al fine di mantenere graficamente evidente la composizione della parola, colla base inglese e l’e epitetica.
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Re: Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

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Non sono molto convinto da queste obiezioni. Rispondo a ognuna singolarmente.
Ferdinand Bardamu ha scritto: mer, 02 nov 2022 15:46 [...] la maiuscola si usa pure nei casi in cui il clitico non forma un corpo unico con la parola anche graficamente, es. Le comunico [...]
Indubbiamente, ma non ho sostenuto il contrario, né lo troverei sensato. :) È lo stesso per Spagna: non scriviamo spagna colla minuscola se manca l'i prostetica.
Ferdinand Bardamu ha scritto: mer, 02 nov 2022 15:46 [...] è reverenziale, e non serve a distinguere graficamente il clitico [...]
Anche qui mi pare di trovarmi d’accordo... :) ma mi sembra lo stesso per la maiuscola di Spagna: è motivata in quanto “reverenziale” (si usa per un nome proprio) e non per distinguere una Spagna maiuscola da un'ipotetica spagna minuscola.
Ferdinand Bardamu ha scritto: mer, 02 nov 2022 15:46 Data la natura eufonica del suono /i/, scrivere *iSpagna sarebbe un po’ come scrivere sport-e o film-e per sport e film, al fine di mantenere graficamente evidente la composizione della parola, colla base inglese e l’e epitetica.
Non mi sembra la stessa cosa: nel caso di quegli adattamenti, coll’aggiunta dell’e epitetica si costituisce a tutti gli effetti in italiano una nuova entità “indivisibile”, con sporte e filme non diversi da forte o palmo: non è un’e epitetica “mobile” che si mette o toglie secondo il suono della parola che segue, un puro "suono"; diventa a tutti gli effetti una terminazione regolare, col suo normale plurale, sporti, filmi.
È invece il contrario per l’i prostetica (o ogni altra lettera inserita per eufonia di quelle viste sopra), mobile: che si mette(va) o no secondo il contorno fonematico.
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Re: Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

Intervento di Ferdinand Bardamu »

G. M. ha scritto: mer, 02 nov 2022 16:21
Ferdinand Bardamu ha scritto: mer, 02 nov 2022 15:46 Data la natura eufonica del suono /i/, scrivere *iSpagna sarebbe un po’ come scrivere sport-e o film-e per sport e film, al fine di mantenere graficamente evidente la composizione della parola, colla base inglese e l’e epitetica.
Non mi sembra la stessa cosa: nel caso di quegli adattamenti, coll’aggiunta dell’e epitetica si costituisce a tutti gli effetti in italiano una nuova entità “indivisibile”, con sporte e filme non diversi da forte o palmo: non è un’e epitetica “mobile” che si mette o toglie secondo il suono della parola che segue, un puro "suono"; diventa a tutti gli effetti una terminazione regolare, col suo normale plurale, sporti, filmi.
È invece il contrario per l’i prostetica (o ogni altra lettera inserita per eufonia di quelle viste sopra), mobile: che si mette(va) o no secondo il contorno fonematico.
Che /i/ sia mobile o no è del tutto irrilevante. Anche la e epitetica è «mobile»: è chiaramente distinta come tale nei registri piú bassi diastraticamente e diafasicamente, si riduce a un suono «indistinto» negli altri. Il caso, invece, mi sembra proprio analogo a quello di iSpagna: si tratta anche qui di una vocale d’appoggio anetimologica che forma con la parola a cui si unisce una «nuova entità indivisibile» (tu divideresti Ispagna separando l’i prostetica?), e anche in un ipotetico *sport-e, come in *iSpagna, manca un’esigenza pratica forte per segnalare col trattino la forma originaria della parola e s’introduce una consuetudine grafica che víola la coerenza dell’ortografia nel suo complesso.
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Re: Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

Intervento di Lorenzo Federici »

Fuori tema
Non so se sia per qualche influenza regionale, ma a me viene naturale dire /noskri̍vere/ invece di /nonskri̍vere/ o /ispa̍ɲɲa/ per in Spagna. In caso fosse una forma accetabile — ma dubito — non si potrebbero adoperare direttamente le forme i' Spagna, no' scrivere e simili?

Comunque, combinazioni "difficili" come /nstr/, /nspr/ e /nskr/ nell'italiano contemporaneo esistono, aggiungere una /i/ e di conseguenza una sillaba come si faceva un tempo mi sembra un appesantimento che, per quanto possa essere piacevole pell'orecchio, risulta (o, almeno, io ho quest'impressione) pesante nel parlato e anche nello scritto informale. È un po' come sur un e s'un, oggi la seconda prevale sulla prima nel parlato per quanto la prima sia un'alternativa valida. Spero di essermi spiegato bene.
Ultima modifica di Lorenzo Federici in data gio, 03 nov 2022 12:57, modificato 1 volta in totale.
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Re: Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

Intervento di G. M. »

Ferdinand Bardamu ha scritto: mer, 02 nov 2022 16:49 Che /i/ sia mobile o no è del tutto irrilevante. Anche la e epitetica è «mobile»: è chiaramente distinta come tale nei registri piú bassi diastraticamente e diafasicamente, si riduce a un suono «indistinto» negli altri. [...]
Mi pare che stiamo confondendo cose diverse, o forse sono io che non sto ben capendo il tuo discorso (:oops:): nel mio intervento precedente intendevo l'-e anche "ufficializzata" dalla grafia, senza nulla di diverso da qualsiasi altra terminazione /-(C)e/ scritta come pronunciata, con suono certo non indistinto (la -e di pane, forte, palme, vere, ecc.); non —come mi sembra che intenda tu ora— l'e spontanea aggiunta nel parlato (chiaramente non in tutte le regioni) anche quando non (i)scritta, che può sfumare in uno scevà o giù di lì.
Fuori tema
Lorenzo Federici ha scritto: mer, 02 nov 2022 20:57 [...] a me viene naturale dire /noskri̍vere/ invece di /nonskri̍vere/ o /ispa̍ɲɲa/ per in Spagna. In caso fosse una forma accetabile — ma dubito — non si potrebbero adoperare direttamente le forme i' Spagna, no' scrivere e simili?

Comunque, combinazioni "difficili" come /nstr/, /nspr/ e /nskr/ nell'italiano contemporaneo esistono, aggiungere una /i/ e di conseguenza una sillaba come si faceva un tempo mi sembra un appesantimento [...]
Mi pare che Canepari abbia proposto proprio la stessa cosa (se non ricordo male però senz'apostrofo, *i Spagna, *no scrivere), ma ora non riesco a ritrovare dove (anche se credo che fosse qui :?).

Questo esula comunque dalla questione del filone (relativo alla rappresentazione grafica del fenomeno com'è[ra]), per cui, per non divagare con un fuori tema potenzialmente molto ampio, proporrei di aprire un nuovo filone apposito. :wink:
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Re: Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

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Fuori tema
G. M. ha scritto: mer, 02 nov 2022 21:50
Lorenzo Federici ha scritto: mer, 02 nov 2022 20:57 [...] a me viene naturale dire /noskri̍vere/ invece di /nonskri̍vere/ o /ispa̍ɲɲa/ per in Spagna. In caso fosse una forma accetabile — ma dubito — non si potrebbero adoperare direttamente le forme i' Spagna, no' scrivere e simili?
Mi pare che Canepari abbia proposto proprio la stessa cosa (se non ricordo male però senz'apostrofo, *i Spagna, *no scrivere), ma ora non riesco a ritrovare dove (anche se credo che fosse qui :?).
Si veda anche (e soprattutto ;)) qui, ma non allunghiamo ulteriormente il fuori tema.
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Re: Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

Intervento di Ferdinand Bardamu »

G. M. ha scritto: mer, 02 nov 2022 21:50
Ferdinand Bardamu ha scritto: mer, 02 nov 2022 16:49 Che /i/ sia mobile o no è del tutto irrilevante. Anche la e epitetica è «mobile»: è chiaramente distinta come tale nei registri piú bassi diastraticamente e diafasicamente, si riduce a un suono «indistinto» negli altri. [...]
Mi pare che stiamo confondendo cose diverse, o forse sono io che non sto ben capendo il tuo discorso (:oops:): nel mio intervento precedente intendevo l'-e anche "ufficializzata" dalla grafia, senza nulla di diverso da qualsiasi altra terminazione /-(C)e/ scritta come pronunciata, con suono certo non indistinto (la -e di pane, forte, palme, vere, ecc.); non —come mi sembra che intenda tu ora— l'e spontanea aggiunta nel parlato (chiaramente non in tutte le regioni) anche quando non (i)scritta, che può sfumare in uno scevà o giù di lì.
Uhm, quale sarebbe però la differenza tra le due? Nel parlato piú spontaneo di certe regioni, chi aggiunge al parlato una vocale prostetica «piena» la considera solo vocale d’appoggio e non una terminazione assimilabile ai sostantivi uscenti in -e al singolare? Non mi sembra, sinceramente. Diciamo cosí: una vocale prostetica, che nasce per agevolare la pronuncia, è poi (immediatamente, direi) interpretata anche come morfema, e quindi la parola viene pluralizzata regolarmente.

Ma tutto questo, come dicevo su, mi sembra irrilevante ai fini della discussione. Insomma, qui il paragone è tra due vocali d’appoggio, una posta all’inizio, l’altra alla fine. Certo, la vocale finale può essere rinterpretata anche come morfema, tuttavia la questione verteva sulla grafia, e su questo ho già detto la mia. Di là dal mio paragone —che, comincio a credere, è infelice e un pochino fumoso, dato che non riusciamo a intenderci—, continuo a non trovare una giustificazione convincente per accettare scrizioni come *iSpagna o *iSvizzera.
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Re: Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

Intervento di valerio_vanni »

Ferdinand Bardamu ha scritto: ven, 04 nov 2022 9:30 Uhm, quale sarebbe però la differenza tra le due? Nel parlato piú spontaneo di certe regioni, chi aggiunge al parlato una vocale prostetica «piena» la considera solo vocale d’appoggio e non una terminazione assimilabile ai sostantivi uscenti in -e al singolare? Non mi sembra, sinceramente.
Il fatto che questa vocale finale riesca a vincere agevolmente la resistenza di una penultima sillaba chiusa alla risalita dell'accento (resistenza, di per se, abbastanza forte) mi fa sospettare che quella vocale goda di uno statuto non proprio ordinario.
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Re: Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

Intervento di Ferdinand Bardamu »

valerio_vanni ha scritto: ven, 04 nov 2022 11:01Il fatto che questa vocale finale riesca a vincere agevolmente la resistenza di una penultima sillaba chiusa alla risalita dell'accento (resistenza, di per sé, abbastanza forte) mi fa sospettare che quella vocale goda di uno statuto non proprio ordinario.
A che parole pensava? Làpisse?
valerio_vanni
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Re: Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

Intervento di valerio_vanni »

Esatto, pensavo a casi del genere.
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Re: Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

Intervento di G. M. »

Ferdinand Bardamu ha scritto: ven, 04 nov 2022 9:30 Uhm, quale sarebbe però la differenza tra le due? Nel parlato piú spontaneo di certe regioni, chi aggiunge al parlato una vocale prostetica «piena» la considera solo vocale d’appoggio e non una terminazione assimilabile ai sostantivi uscenti in -e al singolare? Non mi sembra, sinceramente. Diciamo cosí: una vocale prostetica, che nasce per agevolare la pronuncia, è poi (immediatamente, direi) interpretata anche come morfema, e quindi la parola viene pluralizzata regolarmente.
Oggi ho provato a sfogliare un po' i miei libri ma non ho trovato molte informazioni. Mi sembra che il MaPI tratti l'argomento solo di sfuggita (§ 5.1.1 alla fine), in modo non risolutivo. Ma sicuramente potrà aiutarci l'esperienza pratica degli altri membri del fòro che hanno questo fenomeno nel proprio italiano regionale (visto che non è il caso né mio né tuo).
Per gl'interessati: se pronunciate ad alta voce le sequenze che sono scritte «un film straordinario» e «due film straordinari»,
  1. dopo film usate una chiara /-e/ nel primo caso e una chiara /-i/ nel secondo, indistinguibili dalle terminazioni di palme (straordinarie) e palmi (straordinari)? (O, detto altrimenti, pronunciate le due sequenze esattamente come pronuncereste le sequenze scritte «un filme straordinario» e «due filmi straordinari»?).
  2. Oppure usate uno stesso suono in entrambe le frasi, "invariabile" ([e ~ ə], o giù di lì)?
Rispondo intanto per entrambe le possibilità:
  1. Se i due concetti («l'-e anche "ufficializzata" dalla grafia, senza nulla di diverso da qualsiasi altra terminazione /-(C)e/ scritta come pronunciata» e «l'e spontanea aggiunta nel parlato (chiaramente non in tutte le regioni) anche quando non (i)scritta, che può sfumare in uno scevà o giù di lì») sono semplicemente la medesima cosa, allora no (al «tu divideresti [...]?»), in questo momento non vedo motivo di dividere filme e sporte, perché appunto indistinguibili da qualsiasi altra parola "normale".
  2. Se invece si tratta di due cose distinte, allora sì, per il secondo non troverei assurdo —se ve ne fosse per qualche motivo la necessità— segnalarlo graficamente, nel voler riportare nello scritto in modo inequivoco quest'elemento dell'oralità, magari per mostrare elementi regionali nella trascrizione di un modo di parlare. (Probabilmente cercherei comunque una soluzione alternativa all'uso del trattino, che oggi mi farebbe leggere film-e più o meno /[ˌ]film[ʔ]e̍/ o almeno /f.i̍lm[(ʔ)ˌ]e/... :P).
Ma tornando al tema maggiore (*ini S-...), finora non toccato...
Infarinato ha scritto: mer, 02 nov 2022 22:44 Si veda anche (e soprattutto ;)) qui [...]
Noto che Castellani scrive prostetica l'i secondo la regola tradizionale, ma fa tranquillamente il contrario per l'e nella stessa posizione (pere stare, none stare), come se fosse la scelta più spontanea in mancanza d'una codificazione già fissata; interessante.
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Ferdinand Bardamu
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Re: Sull’«i» prostetica, o… epitetica?

Intervento di Ferdinand Bardamu »

G. M. ha scritto: ven, 04 nov 2022 22:54Oggi ho provato a sfogliare un po' i miei libri ma non ho trovato molte informazioni. Mi sembra che il MaPI tratti l'argomento solo di sfuggita (§ 5.1.1 alla fine), in modo non risolutivo. Ma sicuramente potrà aiutarci l'esperienza pratica degli altri membri del fòro che hanno questo fenomeno nel proprio italiano regionale (visto che non è il caso né mio né tuo).
Non conosco il dialetto di Parma; posso però dirti che nel mio dialetto se sport è adattato in spòr, perché è ammessa /r/ in posizione finale (nella mia variante non sarebbe proprio cosí, visto che, per esempio, gl’infiniti sono mantenuti integri, magnare, ciamare, pitufiare, ecc. ma è una terminazione comunque famigliare, essendo propria di molte varianti contermini, ed essendo comuni troncamenti sintattici come ocór farlo, occorre farlo), film è adattato in filme, non potendosi scorciare in *fil né in *fim e non essendo possibile la sequenza /lm/ in finale di parola.
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