http://www.treccani.it/magazine/lingua_ ... a_689.html
Che le pronunce italiane "locali" - del tutto indipendentemente dalla latitudine - non siano neutre è fatto scontato e risaputo. Da sempre. Anche perché la scuola insegna - quando l'insegna - a scrivere, ma non a pronunciare adeguatamente. Conosco alcuni docenti universitari di Storia della lingua italiana. Alcuni sono in pensione, ma hanno conservato la pronuncia locale - con tutte le sue "caratteristiche" - appresa in famiglia e "confermata" - questa è la verità "storica" - dalla scuola pubblica di ogni ordine e grado. Però, se ci si mettesse a elencare "verbatim" tutte le differenze che intercorrono - a una determinata latitudine - rispetto alla pronuncia neutra, il relativo compito non avrebbe mai fine. E rischierebbe di essere soltanto un elenco.
Perché in Italia la dialettologia ottocentesca - e le sue continuazioni - hanno completamente sviscerato la pronuncia del napoletano, del milanese ecc. a partire dal valore dei fonemi vocalici - e consonantici - del latino, ad esempio.
Ma nel caso delle pronunce locali dell'italiano - che, pur influenzate dal dialetto, sono altra cosa - gli studi seri permangono rari e scarsa ne risulta l'attendibilità. A mio modestissimo avviso, dato che le varianti locali, rispetto all'italiano neutro, risultano infinite di numero - elevato, a sua volta, a infinito, date tutte le località della penisola -, ne risulterebbe un impegno enorme, che nessun lettore riuscirebbe a seguire. Soprattutto se non risultano disponibili principi ispiratori e motivazioni esplicative del materiale lessicale fornito.
Chi s'è occupato di ciò è il Canepari. Nei suoi manuali e nei suoi libri. Redigendo pure brevi elenchi dei casi di difformità più evidenti. Trattando, ovviamente, anche il Meridione e il napoletano. Mediante un'impostazione "scientifica" di tutto rispetto. Relativa ai dialetti e alla pronuncia locale dell'italiano.
Certo, neppure il Canepari ci azzecca sempre, ma ciò non dipende da lui. O meglio, dipende da come è stato individuato il campione che avrebbe dovuto essere rappresentativo di una determinata località. Perché non siamo più nell'800 e non è più vero che, ad es., a Milano o a Bologna la pronuncia sia effettivamente uniforme.
Non sempre, ma il Canepari fornisce alcuni tentativi di spiegazione.
Si può leggere quanto l'autore ha scritto in merito alla Campania e a Napoli e scrivergli se si riscontrassero incongruenze: "Manuale di Pronuncia Italiana" (con due audiocassette).
Ho scritto perché si sappia ciò che è attualmente già disponibile e da tutti consultabile. Solo un lavoro prodotto con maggiore profondità e attendibilità potrebbe rappresentare un vero valore aggiunto che varrebbe la pena della divulgazione... Ma non so quanto ciò potrebbe essere realistico se si considera l'opera del Canepari...
Altrimenti si rischia d'impegnarsi in una descrizione senza fine, di cui non si riuscirebbero a comprendere le motivazioni e che rischierebbe di non poter essere seguita dai lettori.
Per altro, nessun "meridionale" o "nordico" ha - in concreto - alcuna difficoltà articolatoria effettiva a produrre i "suoni" vocalici - aperti o chiusi che siano - dell'italiano neutro. Si tratta soltanto di aspetti socio-linguistici - altrettanto risaputi -, ma che non credo costituiscano l'oggetto del fòro. Cioè la decisione personale di continuare a parlare la propria lingua semplicemente come automatismo iperappreso o di rendere maggiormente consapevoli le modalità di pronuncia del proprio linguaggio.
Tenendo conto che tutti - e non soltanto i lettori del fòro - sanno benissimo che, in Italia, non esistono situazioni della vita sociale in cui sia effettivamente richiesta una pronuncia neutra. Basta assistere alle sessioni di laurea - pubbliche - in qualsiasi disciplina. Come a quelle degli esami di Stato. Al tempo stesso rimane vivo - in moltissimi ambienti - un tipo di "controllo sociale" che accetta - con la massima tolleranza - qualsiasi tipo di pronuncia da parte di chi non è del posto, mentre continuerebbe a manifestare "perplessità" se un tipo di pronuncia neutra venisse adottato da chi appartiene alla locale "comunità sociale". Come a voler fare "lo strano" o "il diverso" ... o quello che si sente "superiore" ...
Tutti "meccanismi" che frenano la "variazione" linguistica.
Ma siamo nell'ambito delle difficoltà di tipo psicologico, relazionale, socio-linguistico ...
Non certamente di tipo articolatorio ... L'italiano neutro non è certamente paragonabile né all'inglese né al francese ...