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«Flexicurity»

Inviato: gio, 24 mag 2007 17:11
di Decimo
Ornella Cilona in [url=http://www.rassegna.it/2003/lavoro/articoli/atipici/eiro.htm]questo articolo[/url] ha scritto:Non a caso, lo studio usa un neologismo inglese intraducibile in italiano, flexicurity, che è la somma di due termini: flexibility e security.
La flexicurity è spesso usata per designare un sistema sociale che combina una grande facilità di licenziamento per le imprese (flessibilità) ad indennità lunghe ed importanti per i lavoratori dipendenti congedati (sicurezza).
Dopo esserci chiesti per quale divina intercessione l'intraducibile termine ha quasi per magia un equivalente francese, flexicurité (ovviamente l'ironia è rivolta all'autrice dell'articolo), domando: è il caso di trovare un traducente italiano?

Ci sono proposte meno grottesche di flessicurezza o flessicurità?

Inviato: gio, 24 mag 2007 17:43
di Marco1971
Per quanto mi riguarda, non vedo nulla di grottesco nella parola flessicurezza (585 ricorrenze gugoliane), che preferisco a flessicurità non solo perché ha solo due occorrenze gugoliane, ma anche perché sicurità è una variante rarissima di sicurtà, già di per sé letteraria.

Inviato: gio, 24 mag 2007 22:03
di Freelancer
Quando qualcuno dice "...intraducibile in italiano" vuole dire in realtà: "non riesco a pensare a un traducente" oppure "non mi soddisfa nessuno dei possibili traducenti esistenti o che riesco a immaginarmi". Intraducibile non ha mai un significato universale e oggettivo, ha sempre un carattere di soggettività, di non conformità al gusto di chi considera il termine originale.

Aggiungo che in questo caso particolare l'autrice dell'articolo dimostra una certa ignoranza, dato che flessicurezza, che mi sembra ottimo data la sua trasparenza, compare già in documenti della Comunità Europea.

Inviato: ven, 25 mag 2007 12:43
di Decimo
Marco1971 ha scritto:non vedo nulla di grottesco nella parola flessicurezza
Chiedo scusa e correggo il mio punto di vista: flessicurezza sia.

Inviato: lun, 28 mag 2007 22:58
di Federico
Be', è un calco abbastanza chiaro, mi sembra; ma non ne avevamo parlato? O forse avevo solo letto un articolo di De Mauro... provo a guardare.

Eccolo:
FLESSICUREZZA
Come workfare ecco una nuova parola macedonia, che rassicura e apre prospettive magnifiche fondendo due parole e concetti tradizionalmente opposti: sicurezza del posto di lavoro e sua flessibilità, cioè instabilità. In Italia di recente una psicanalista, Simona Argentieri, ha pronunziato la parola aggiungendo «non mi piace», e non pensava certo a ragioni estetiche.
Da tempo flexicurityi si è affermata in inglese, e in Gran Bretagna con questa parola ha spazio il concetto di lavoro instabile caro all'economista Anthony Giddens e a Tony Blair. In Francia flexecurité è più rara di flessicurezza in testi italiani.
In saggi e articoli sull'argomento si cita di continuo il «modello danese»: chi perde il posto (ma attenzione: là con preavviso di mesi) trova una robusta rete di assistenza che sorregge i disoccupati e anche giovani studenti e anziani. Il danese pare non avere un equivalente di flessicurezza. Dagli anni Sessanta conosce e usa solo velféerd «benessere» e velféerdstat. Ovvero: le cose si fanno, e bene, ma non si dicono.
(Dizionarietto di parole del futuro, 22 luglio 2005)

Inviato: lun, 24 set 2007 19:18
di Marco1971
Flessicurezza è ormai entrato nel Garzanti 2008 (neologismo della settimana su Garzanti linguistica).

Inviato: mer, 26 set 2007 22:10
di Federico
E io conservavo l'illusione che quei neologismi fossero solo per il sito.
Be', questo è ineccepibile.

Inviato: lun, 23 mar 2015 20:48
di Ferdinand Bardamu
Incollo qui la schermata della banca dati IATE con i traducenti italiani, francesi, spagnoli, portoghesi e rumeni:

Immagine

Tutte le lingue sorelle scelgono l’adattamento dell’originale inglese, del resto formato di elementi latini, perciò famigliare. La questione, quindi, è chiusa: in italiano si dovrebbe dire e scrivere flessicurezza.

Mi chiedo però quanto sia accettabile questa parola macedonia, stante anche la condanna che Bruno Migliorini espresse verso coniazioni di questo tipo. Ricordo, per esempio, che, nell’esaminare il linguaggio dei piccoli annunci nei quotidiani, scrisse: «Sono nate da questa necessità anche alcune parole (possiamo ancora chiamarle così?) che non hanno fortunatamente avuto sufficiente forza espansiva per uscire dall’ambito di questa lingua specialissima: militesente, esentasse» («La lingua contemporanea e le condizioni del suo svolgimento», in La lingua italiana nel Novecento, Firenze, «Le Lettere», 1990, p. 10; sottolineature mie).

L’inglese, come sappiamo, è molto piú «spregiudicato» nel creare nuove parole: per esempio, da phone e tablet si è fatto phablet. Gl’inglesi possono coniare nuovi sostantivi segmentando arbitrariamente le parole. Noi, invece, dovremmo seguire rigide regole di derivazione servendoci di materiale linguistico greco o latino, oppure, in alternativa, ricorrere a perifrasi di sostantivo e aggettivo.

Intendiamoci: sto cercando il pelo nell’uovo. Se mi capitasse l’occasione di adoperare il termine, direi e scriverei flessicurezza senza troppe esitazioni.

Inviato: lun, 23 mar 2015 22:31
di valerio_vanni
Ferdinand Bardamu ha scritto: Mi chiedo però quanto sia accettabile questa parola macedonia, stante anche la condanna che Bruno Migliorini espresse verso coniazioni di questo tipo. Ricordo, per esempio, che, nell’esaminare il linguaggio dei piccoli annunci nei quotidiani, scrisse: «Sono nate da questa necessità anche alcune parole (possiamo ancora chiamarle così?) che non hanno fortunatamente avuto sufficiente forza espansiva per uscire dall’ambito di questa lingua specialissima: militesente, esentasse»
A me pare che queste due parole, nel loro ambito, abbiano avuto fortuna. La prima è obsoleta da quando la leva non è più obbligatoria.

Però non mi sembra che potessero uscire da quell'ambito.