«Studentessa»

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E se i promotori di pubblica *ministera facessero leva su precedenti ingiustificabili grammaticalmente (almeno nel momento del conio) come quello di studentessa, creato da don Ermenegildo Pistelli nel 1907 nel suo «Le pístole di Omero» (nei suoi scritti usò anche lo pseudonimo di Omero Redi), chissà per quali motivi? È l’unico participio presente che ha assunto il suffisso -essa (che mi venga in mente! Pronto a vedere un nutrito elenco tra i piú versati in linguistica tra voi) per il femminile... E ora è stabilmente usato.

Chiaro che un errore del passato divenuto norma non ne giustifica altri, per le ragioni già addotte da Infarinato: «dobbiamo (deve la Crusca) assecondare questa tendenza, che, nel caso di pubblica *ministera, non è nemmeno una tendenza, ma un uso molto marginale, che perdipiú si fonda s’un presupposto errato, o aspiriamo invece a educare a un uso piú consapevole della lingua?» (e nel 1908 e negli anni successivi l’uso di studentessa era senz’altro marginale).
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Re: «Studentessa»

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L’accostamento fra il tipo studentessa, presidentessa etc. e l’assurdità pubblica *ministera è quantomeno ardito.

Ricordiamo infatti che parole quali studente e presidente erano —almeno in origine— dei sostantivi maschili in italiano (ancorché modellati su participi latini ambigeneri; i participi italiani corrispondenti sono studiante e presiedente). Nell’uso antico —è vero— erano anche aggettivi, ma, in quanto tali, erano probabilmente già caduti in disuso nel momento in cui si sentí la necessità di coniare un femminile per i rispettivi sostantivi (ricorrendo al normalissimo suffisso nominale denominale -essa).

Se ne sarebbe potuto fare a meno? Senz’altro, ma non c’è davvero paragone con pubblica *ministera! Come le è già stato consigliato, cerchiamo di non fare di tutta l’erba un fascio. ;)
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Re: «Studentessa»

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Nell’uso antico —è vero— erano anche aggettivi, ma, in quanto tali, erano probabilmente già caduti in disuso nel momento in cui si sentí la necessità di coniare un femminile per i rispettivi sostantivi (ricorrendo al normalissimo suffisso nominale denominale -essa).
Non la seguo: per quale motivo si sarebbe sentita la necessità di femminilizzare studente e non paziente (anch’esso derivante da un participio presente latino)?

Comunque non mi torna neppure la datazione al 1907 del De Mauro per studentessa: su Google Libri si trovano facilmente attestazioni di gran lunga precedenti. Cosa mi sfugge?
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Re: «Studentessa»

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Canape lasco ctonio ha scritto: sab, 25 mar 2023 19:02 [P]er quale motivo si sarebbe sentita la necessità di femminilizzare studente e non paziente (anch’esso derivante da un participio presente latino)?
Secondo Lei? ;) Quante pazienti abbiamo avuto dagli albori della nostra lingua fino a oggi? E quante «studenti» (= studentesse), almeno fino a tempi relativamente recenti, quando si è finalmente sentita la necessità di rimarcare una tale novità? (…Senza contare il fatto che paziente è sempre rimasto anche un aggettivo.)
Canape lasco ctonio ha scritto: sab, 25 mar 2023 19:02 Comunque non mi torna neppure la datazione al 1907 del De Mauro per studentessa: su Google Libri si trovano facilmente attestazioni di gran lunga precedenti. Cosa mi sfugge?
Non lo so. Il GRADIT (editio maior del De Mauro) conferma, ma sul DELI non c’è nulla al riguardo: potrebbero aver preso un abbaglio (non sarebbe la prima volta).
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Re: «Studentessa»

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Se è codesto il motivo non doveva accadere lo stesso per discente?
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Re: «Studentessa»

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Non è ovviamente mai possibile generalizzare in casi come questo. Chiaramente, studente era (ed è) parola assai piú comune di discente (che comunque rimane anche aggettivo), e si è sentita la necessità di femminilizzare la prima, ma non la seconda.
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