Re: Fratelli d’Italia e la proposta di multare i forestierismi
Inviato: lun, 03 apr 2023 0:34
Se l’aspettativa è di eliminare l’uso occasionale di parole straniere (per lo più inglesi), sarà delusa. Da nessuna parte nel testo si parla dell’uso occasionale, cioè di un termine straniero all’interno di un testo in italiano.
Per motivi intuibili è prevedibile che la giurisprudenza si orienterà immediatamente su una lettura non rigida. Prendiamo l’art. 2 c. 1: «la lingua italiana è obbligatoria per la promozione e la fruizione di beni e servizi». Non crederemo certo che un claim(1) come «Eau de toilette ***: aumenta il tuo charme» possa davvero essere sanzionato da un giudice. O che simile sorte colpisca un docente di filosofia a cui sfugga Weltanschauung. La prima frase è in italiano e resta in italiano anche con una o due parole francesi; e il professore di filosofia avrà parlato in italiano, né un isolato termine tedesco può far dubitare. Insomma ci terremo barbarismi ben peggiori di quelli dei miei esempi.
Art. 4 c. 3 (in realtà non è un comma, ma pazienza). «I regolamenti interni delle imprese che operano nel territorio nazionale devono essere redatti in lingua italiana.»
Questo mi pare addirittura incostituzionale perché introduce un obbligo, e quindi una limitazione della libertà, che si presenta debole in un eventuale giudizio di bilanciamento tra tutele di diversi beni costituzionali: difesa della lingua contro libertà di decidere come esprimersi in privato. Ma, anticostituzionale o no, sembra certo illiberale.
Se almeno servisse a qualcosa. Ma non servirà: le aziende non potranno scrivere CEO o PDG per amministratore delegato sulla carta intestata o sul sito ufficiale. Lì infatti è vietato dall’art. 4 c. 2. Ma nei documenti interni, nella corrispondenza, nelle riunioni, si potrà continuare a parlare come al solito: in italiano con occasionali termini inglesi.
Infine, come già notato da altri, la sanzione è ridicola. Il minimo è sproporzionato: 5.000 euro di multa perché ho scritto sul sito che «la mission della nostra salumeria è portare sulle vostre tavole il patanegra sardo»? Suvvìa.
Il ddl si scontrerà con la realtà sul tema dei corsi universitari in inglese, non mi dilungo qui. Ma - non so se prima o poi - sarà necessario rivedere i testi legislativi preesistenti: non usiamo forse tutti i giorni question time o reverse charge? In proposito, si legga questo documento: https://www.senato.it/service/PDF/PDFSe ... 067665.pdf. Sono parole contenute in leggi: vorremo accettare una sanzione che è risparmiata invece al sanzionatore?
Già, perché è una legge ordinaria. Una legge anche successiva può disattenderla o violarla, e si può esser certi che il Parlamento non sarebbe sanzionabile in tal caso. Stessa cosa per i regolamenti ministeriali.
_________
(1) Vi chiedo scusa per l’anglismo. Certe iniziative legislative mi muovono alla disubbidienza. Sarà l’ultimo, lo prometto.
Per motivi intuibili è prevedibile che la giurisprudenza si orienterà immediatamente su una lettura non rigida. Prendiamo l’art. 2 c. 1: «la lingua italiana è obbligatoria per la promozione e la fruizione di beni e servizi». Non crederemo certo che un claim(1) come «Eau de toilette ***: aumenta il tuo charme» possa davvero essere sanzionato da un giudice. O che simile sorte colpisca un docente di filosofia a cui sfugga Weltanschauung. La prima frase è in italiano e resta in italiano anche con una o due parole francesi; e il professore di filosofia avrà parlato in italiano, né un isolato termine tedesco può far dubitare. Insomma ci terremo barbarismi ben peggiori di quelli dei miei esempi.
Art. 4 c. 3 (in realtà non è un comma, ma pazienza). «I regolamenti interni delle imprese che operano nel territorio nazionale devono essere redatti in lingua italiana.»
Questo mi pare addirittura incostituzionale perché introduce un obbligo, e quindi una limitazione della libertà, che si presenta debole in un eventuale giudizio di bilanciamento tra tutele di diversi beni costituzionali: difesa della lingua contro libertà di decidere come esprimersi in privato. Ma, anticostituzionale o no, sembra certo illiberale.
Se almeno servisse a qualcosa. Ma non servirà: le aziende non potranno scrivere CEO o PDG per amministratore delegato sulla carta intestata o sul sito ufficiale. Lì infatti è vietato dall’art. 4 c. 2. Ma nei documenti interni, nella corrispondenza, nelle riunioni, si potrà continuare a parlare come al solito: in italiano con occasionali termini inglesi.
Infine, come già notato da altri, la sanzione è ridicola. Il minimo è sproporzionato: 5.000 euro di multa perché ho scritto sul sito che «la mission della nostra salumeria è portare sulle vostre tavole il patanegra sardo»? Suvvìa.
Il ddl si scontrerà con la realtà sul tema dei corsi universitari in inglese, non mi dilungo qui. Ma - non so se prima o poi - sarà necessario rivedere i testi legislativi preesistenti: non usiamo forse tutti i giorni question time o reverse charge? In proposito, si legga questo documento: https://www.senato.it/service/PDF/PDFSe ... 067665.pdf. Sono parole contenute in leggi: vorremo accettare una sanzione che è risparmiata invece al sanzionatore?
Già, perché è una legge ordinaria. Una legge anche successiva può disattenderla o violarla, e si può esser certi che il Parlamento non sarebbe sanzionabile in tal caso. Stessa cosa per i regolamenti ministeriali.
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(1) Vi chiedo scusa per l’anglismo. Certe iniziative legislative mi muovono alla disubbidienza. Sarà l’ultimo, lo prometto.