La differenza più rilevante rispetto alle forme dell’Imperfetto nell’it. mod. riguarda la 1. pers. sing.: l’it. ant. presentava la terminazione in -a, uguale alla 3. sing. (in realtà vocale tematica), che l’it. mod. ha sostituito con la terminazione -o, emersa proprio alla fine del Duecento per analogia con la 1. sing. del Presente. Ess.: ....s’accorse che io dubitava... (Bono Giamboni, Libro, cap. 76, par. 13), ...ed io sorridendo li guardava... (Dante, Vita Nuova, cap. 4, par. 3); ...com’io credeva (Novellino, 75, r. 40). Ma anche: …mi diè Bonsi fior. d'oro diece; (…) prima n’avevo renduto uno... (Quaderno di Fillipo Cavalcanti, p. 14, rr. 9-10).
Nel resto della flessione, la I coniug. mostra lo stesso schema flessivo dell’it. mod. Ess.: 2. sing. cacciavi (Brunetto Latini, Rettorica, p. 177, r. 17), parlavi (Guido Cavalcanti, 41, v. 7), ecc. (è possibile, ma poco documentata, anche la terminazione -e, più diffusa, come si è visto, nel Presente: mostrave (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 2575) e pensave (Bono Giamboni, Libro, cap. 60, par. 4)); 3. sing. adomandava (Novellino, 25, r. 10), parlava (Dante, Vita Nuova, cap. 16, par. 3), ecc.; 1. pl.. stimavamo (Dino Compagni, Cronica, L. 2.13, p. 164, r. 20 [1310-12]); 2. pl. mostravate (Novellino, 59, rr. 50-51), pensavate (Dante, Vita Nuova, cap. 35, par. 6, v. 5); 3. pl. adoravano (Bono Giamboni, Libro, cap. 40, par. 9), guardavan (Bono Giamboni, Libro, cap. 51, par. 8), con apocope di -o finale.
La 1 e 2. pl. della II coniug. presentano quasi sempre come vocale tematica del tema primario la -a analogica su quella della I coniug.: ad ess. avavamo (Bono Giamboni, Trattato, cap. 31, par. 12, Libro di Lapo Riccomanni, p. 533, r. 3, ecc.; ma un caso di avevamo (Libro di Baldovino Riccomanni, p. 436, r. 31)), dovavamo (Registro di S.M. di Cafaggio, p. 182, r. 2, ecc.; e un caso di dovevamo (Registro di S.M. di Cafaggio, p. 183, r. 18)), volavamo (Lettera di Consiglio de’ Cerchi, ecc., II, p. 601, r. 11; e un caso di volevamo (Brunetto Latini, Pro Ligario, p. 181, r. 2)), potavamo (Brunetto Latini, Pro Ligario, p. 178, r. 13), intendavate (Brunetto Latini, Pro Ligario, p. 180, r. 28), avavate (Lettera di Consiglio de’ Cerchi, ecc., I, p. 598, r. 2).
Per la III coniug., data la ristrettezza del corpus, le attestazioni della 1. pl. sono tutte lievemente successive al 1300 e presentano la vocale tematica -i: uscivamo (Leggenda Aurea, cap. 100, p. b860, r. 25 [XIV sm.]), sentivamo (Boccaccio, Filocolo, L. 3, cap. 60, p. 338, r. 29 [1336-38]), ecc.
Nella 2. pl. la forma doveva essere certamente -ivàte, anche se le prime attestazioni sono abbastanza tarde: pativate (Deca terza di Tito Livio, L. 5, cap. 38, p. 79, r. 26 [1400]), tradivate (Deca terza di Tito Livio, L. 8, cap. 27, p. 334, r. 9 [1400]).
Nelle coniug. II e III, nelle forme in cui l’accento si trova sulla vocale tematica del tema primario, c’è alternanza tra tema con e senza -v-, alle volte anche nella stessa opera. Ess.:
II coniug.: vedeva / vedea (Novellino, 1, r. 50 e 99, r. 7), uccideva / uccidea (Brunetto Latini, Rettorica, p. 34, r. 19; p. 23, r. 22); avevi (Brunetto Latini, Rettorica, p. 185, r. 19) / avei (Chiaro Davanzati, canz. 47, v. 48), volevi / volei (Novellino, 36 r. 26, e 9, r. 26) (e anche volee (Fiori e vita di filosafi, cap. 24, r. 210), unico caso di 2. pers. in -e di coniug. diversa dalla I); avevano / aveano (Cronica fiorentina, p. 88, r. 23; p. 98, r. 23, ecc.), credevano (Novellino, 18, r. 63) / credean(o) (Guido Cavalcanti, 22, v. 13; Fiori e vita di filosafi, cap. 13, r. 3), ecc.
III coniug.: ardiva / ardia (Novellino, 43, r. 6; 41, r. 12), veniva / venia (Cronica fiorentina, p. 95, r. 24; p. 150, r. 4); uscivano / uscian (Dante, Vita Nuova, cap. 34, par. 5, e par. 11, v. 12), morivano / moriano (Cronica fiorentina, p. 127, r. 10; p. 129, r. 36). Nella 2. sing. l’unica terminazione è -ivi: fuggivi (Guido Cavalcanti, 41, v. 6).
Le terminazioni -ìa, ìano possono essere estese in qualche caso anche ai verbi di II coniug.: avia (Bono Giamboni, Libro, cap. 52, par. 1), vivia (Dante, Vita Nuova, cap. 31, par. 9, v. 8), ridia (Dante, Vita Nuova; cap. 24, par. 7, v. 6); aviano (Bono Giamboni, Libro, cap. 61, par. 5, ecc.), doviano (Libro di Castra Gualfredi, p. 208, r. 9), mettiano (Bono Giamboni, Libro, cap. 44, par. 1).
Le forme in -ìa(no) alternano con forme in -ìe(no), di origine toscano-orientale e senese: ad es. dicie (Lettera di Consiglio de’ Cerchi, ecc., I, p. 597, r. 13), avie (Guido Cavalcanti, 41, v. 8); potieno (Brunetto Latini, Rettorica, p. 22, r. 15); gli ess. sono numerosissimi nei testi di Bono Giamboni (combattieno (Vegezio, L. 1, cap. 12, p. 19, r. 7), avieno (Libro, cap. 7, par. 1), ecc.).
Nella 3. pl. è possibile anche la terminazione -ro (per cui v. X.2.4) al posto di -no (come per il Presente Indicativo e Congiuntivo): davaro (Libricciolo di Bene Bencivenni, II, p. 379, r. 4, ecc.), stavaro (Gatto lupesco, v. 114), bagnavaro (Distruzione di Troia, p. 184, r. 18), ragionavaro (Bono Giamboni, Libro, cap. 63, par. 1); dovearo (Libricciolo di Bene Bencivenni, I, p. 293, r. 22; Libro Guelfo, p. 173, r. 24, ecc.; anche doviaro (Libricciolo di Bene Bencivenni, I, p. 299, r. 25, ecc.)), aviaro (Libricciolo di Bene Bencivenni, II, p. 422, r. 22), potiero (Bono Giamboni, Libro, cap. 51, par. 8); veniaro (Bono Giamboni, Libro, cap. 59, par. 3).
Perdonate le faccine: che è successo? ...8 finale seguíto da parentesi tonda chiusa è stato preso per faccina. Ma come si fa per impedirlo?