Un paio di domande
Inviato: mer, 01 ago 2007 12:01
Alle pagine 59 e 60 della Prima lezione di grammatica, Editori Laterza, di Luca Serianni, l'autore porta un esempio di materiale studentesco scritto male, da lui corretto, a dimostrare e che pure chi sia iscritto a una facoltà umanistica non è detto che sia in grado di scrivere correttamente nella propria lingua materna, e che quindi la grammatica è necessaria ecc. ecc. ecc. Il materiale studentesco riportato e corretto dice che (non lo riporto tra virgolette perché altrimenti non me lo visualizza; non ne capisco il perché) il frate si invaghisce di Lisetta e decide di sfruttare le peculiarità della donna per poter avere rapporti piu intimi con lei.
La novella (ch'è del Decamerone) riassunta - ricordandola colle stesse parole di Luca Serianni - <<narra di un frate che, approfittando della vanità e della stupidità di una donna andata a confessarsi da lui, le fa credere di essere desiderata dall'arcangelo Gabriele il quale, sotto le spoglie del frate, la visiterà e si congiungerà carnalmente con lei>>. Quindi Luca Serianni spiega che il riassunto dello studente è inaccettabile, sia per quel peculiarità, ch'è oscuro, o proprio insensato; sia, e anzitutto, per quel rapporti piú intimi. Perch'esso paio di parole è una bell'e cristallizzata unità polirematica, cioè un sintagma dal senso indipendente da quello significato dai singoli termini che lo compongono (in questo caso, il sostantivo rapporti, e l'aggettivo intimi) ecc. ecc.; il cui senso è 'rapporti sessuali'. Quindi, è come se lo studente avesse scritto, in luogo di rapporti piú intimi, rapporti piú sessuali, ch'è affatto insensato. Ma quello che mi chiedo io è: e se lo studente avesse considerato le parole rapporti e intimi a sé stanti, indipendenti nel loro significato?, se le avesse considerate non per il sintagma polirematico (forse proprio ingorato, o sconosciuto) che formano, ma per quel che possono significare indipendentemente, cioè, ad esempio, 'rapporti di conoscenza meno superficiale'; avendo voluto cosí sia alludere a una certa sessualità di tali rapporti, sia esprimerla con un'allusività assai leggera e, per cosí dire, velata (anche se forse superfluamente, da che, stando alla novella, l'allusione se pur "ironica", eufemistica al fatto sessuale va bene fino a un certo punto che non sia ingenuo, perché all'ultimo il frate se la porta al letto, e questo lo sapeva il Boccaccio non meno che Luca Serianni e lo studente da lui corretto)? O basta che le parole rapporti e intimi s'imbattano per i righi d'un foglio, e addio che si cristallizzano immodificabilmente (come dice Luca Serianni, precisando che una volta che si congelano tra loro due o piú parole in una unità polirematica non c'è proprio verso di scongelarle)? Non so se mi spiego...
In ogni caso, cambiando argomento: sfogliando le Operette Morali del Leopardi, leggo, nel Dialogo della Natura e di un Isalndese, << ... piú che io mi ristringeva e quasi mi contraeva in me stesso, a fine d'impedire che l'esser mio non desse noia né danno a cosa alcuna del mondo; meno mi veniva fatto che le altre cose non m'inquietassero e tribolassero [...]>>. Perché tra non m'inquetassero e tribolassero ci sta una e, e non una cong. copulativa negativa né, o l'equivalente e non?
Grazie, a rileggervi.
P.S Se il testo presenta interruzioni spazi bianchi ecc. non so da cosa sia dovuto.
La novella (ch'è del Decamerone) riassunta - ricordandola colle stesse parole di Luca Serianni - <<narra di un frate che, approfittando della vanità e della stupidità di una donna andata a confessarsi da lui, le fa credere di essere desiderata dall'arcangelo Gabriele il quale, sotto le spoglie del frate, la visiterà e si congiungerà carnalmente con lei>>. Quindi Luca Serianni spiega che il riassunto dello studente è inaccettabile, sia per quel peculiarità, ch'è oscuro, o proprio insensato; sia, e anzitutto, per quel rapporti piú intimi. Perch'esso paio di parole è una bell'e cristallizzata unità polirematica, cioè un sintagma dal senso indipendente da quello significato dai singoli termini che lo compongono (in questo caso, il sostantivo rapporti, e l'aggettivo intimi) ecc. ecc.; il cui senso è 'rapporti sessuali'. Quindi, è come se lo studente avesse scritto, in luogo di rapporti piú intimi, rapporti piú sessuali, ch'è affatto insensato. Ma quello che mi chiedo io è: e se lo studente avesse considerato le parole rapporti e intimi a sé stanti, indipendenti nel loro significato?, se le avesse considerate non per il sintagma polirematico (forse proprio ingorato, o sconosciuto) che formano, ma per quel che possono significare indipendentemente, cioè, ad esempio, 'rapporti di conoscenza meno superficiale'; avendo voluto cosí sia alludere a una certa sessualità di tali rapporti, sia esprimerla con un'allusività assai leggera e, per cosí dire, velata (anche se forse superfluamente, da che, stando alla novella, l'allusione se pur "ironica", eufemistica al fatto sessuale va bene fino a un certo punto che non sia ingenuo, perché all'ultimo il frate se la porta al letto, e questo lo sapeva il Boccaccio non meno che Luca Serianni e lo studente da lui corretto)? O basta che le parole rapporti e intimi s'imbattano per i righi d'un foglio, e addio che si cristallizzano immodificabilmente (come dice Luca Serianni, precisando che una volta che si congelano tra loro due o piú parole in una unità polirematica non c'è proprio verso di scongelarle)? Non so se mi spiego...
In ogni caso, cambiando argomento: sfogliando le Operette Morali del Leopardi, leggo, nel Dialogo della Natura e di un Isalndese, << ... piú che io mi ristringeva e quasi mi contraeva in me stesso, a fine d'impedire che l'esser mio non desse noia né danno a cosa alcuna del mondo; meno mi veniva fatto che le altre cose non m'inquietassero e tribolassero [...]>>. Perché tra non m'inquetassero e tribolassero ci sta una e, e non una cong. copulativa negativa né, o l'equivalente e non?
Grazie, a rileggervi.
P.S Se il testo presenta interruzioni spazi bianchi ecc. non so da cosa sia dovuto.