Video Società Dante Alighieri

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Moderatore: Cruscanti

Intervieni
Dario90
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Video Società Dante Alighieri

Intervento di Dario90 »

Buongiorno,

Avete visto questo splendido video dalla Società Dante Alighieri?

http://youtube.com/watch?v=nf53Qfc1OK0

Davvero bello....
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sí, è molto bello, grazie. :)

Un mondo senza l’italiano, purtroppo, io me l’immagino: ce lo stiamo costruendo pian pianino colle nostre stesse mani. :(
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Federico
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Intervento di Federico »

Senza dubbio è ben fatto, però non mi convince molto la conclusione:
È piú di una lingua | È un modo di vivere e di pensare | È uno strumento per comunicare con l'arte e la cultura | Riuscite a immaginare un mondo senza l'italiano?
Sembra quasi una di quelle tante pubblicità del made in Italy, o dell'italian style o italian way of life, quando mi sarei aspettato, soprattutto dopo la prima frase, e viste le immagini precedenti, una piú coraggiosa rivendicazione dell'importanza e bellezza della lingua (l'italiano) e della sua letteratura (Dante), intesa come emozione e passione vitale e universale, a prescindere dalle presunte necessità della globalizzazione (il modo di vivere, la comunicazione, il mondo).
Messa cosí è piuttosto demagogica e retorica, specie nell'ultima domanda; si sarebbe dovuto piuttosto chiedere: Riuscite a immaginare la vita senza Dante? Forse avrebbe fatto riflettere chi lo considera un'anticaglia.
Ma forse sono troppo severo, e questo messaggio è in parte contenuto nella terza frase.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Nessuno di noi, penso, vivrà abbastanza per vedere la scomparsa dell'italiano. La sua sopravvivenza, più o meno lunga, è legata al pessimo insegnamento dell'inglese nelle scuole italiane. Nel momento in cui l'inglese venisse insegnato decentemente, l'italiano medio inizierà a parlarlo con i figli perché ciò sarà indice di promozione sociale. In poche parole, l'italiano farà la fine dei dialetti.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Altrove avevo esposto la mia opposta convinzione (approvata da Luca Serianni), secondo la quale, invece, la miglior padronanza dell’inglese farebbe da freno all’anglolalía. Tesi sostenuta anche da Gisella Ravera Aira e Francesco Piazzi, nella loro ottima grammatica per le scuole medie, La norma e l’uso, Bologna, Paccagnella, 1986 [grassetto mio]:
Ci sono paesi poliglotti come la Svezia, il Belgio, la Svizzera. A questo noi rispondiamo con una situazione di arretratezza paurosa. Uno può dire: che c’entra? Invece c’entra direttamente. Infatti si deve all’ignoranza delle lingue la debole capacità media di reagire trovando l’equivalente del termine straniero. Per cui arriva l’espressione take away dell’organizzatore della catena di ristoranti americani, e ci si dimentica del «da portar via», che da sempre è nella nostra lingua. In altre parole: davanti al termine straniero, o c’è una reattività o creatività di massa legata alla buona conoscenza della lingua straniera, o si subisce l’infiltrazione: non servono i decreti. Vogliamo meno anglismi? Studiamo di piú l’italiano e l’inglese. (p. 124)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
methao_donor
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Intervento di methao_donor »

Marco1971 ha scritto:Altrove avevo esposto la mia opposta convinzione (approvata da Luca Serianni), secondo la quale, invece, la miglior padronanza dell’inglese farebbe da freno all’anglolalía. Tesi sostenuta anche da Gisella Ravera Aira e Francesco Piazzi, nella loro ottima grammatica per le scuole medie, La norma e l’uso, Bologna, Paccagnella, 1986 [grassetto mio]:
Ci sono paesi poliglotti come la Svezia, il Belgio, la Svizzera. A questo noi rispondiamo con una situazione di arretratezza paurosa. Uno può dire: che c’entra? Invece c’entra direttamente. Infatti si deve all’ignoranza delle lingue la debole capacità media di reagire trovando l’equivalente del termine straniero. Per cui arriva l’espressione take away dell’organizzatore della catena di ristoranti americani, e ci si dimentica del «da portar via», che da sempre è nella nostra lingua. In altre parole: davanti al termine straniero, o c’è una reattività o creatività di massa legata alla buona conoscenza della lingua straniera, o si subisce l’infiltrazione: non servono i decreti. Vogliamo meno anglismi? Studiamo di piú l’italiano e l’inglese. (p. 124)
Assolutamente d'accordo.
Lo scenario immaginato da u merlu rucà mi pare improbabile. Non escludo che sia possibile, ma ci vorrebbe quantomeno una politica attiva (e per lungo tempo) atta a indirizzare la popolazione in questo senso. Il che non mi sembra verosimile.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Abbiamo l'esempio storico del latino che ha soppiantato le lingue indigene (almeno nella parte occidentale dell'Impero Romano e nella Dacia, con l'eccezione del basco).
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Non mi sembra un paragone molto solido: le lingue indigene, a quei tempi, erano insegnate nelle scuole, avevano un’illustre e plurisecolare tradizione letteraria, erano lingue ufficiali riconosciute da Costituzioni? Non mi pare: erano lingue essenzialmente parlate, e la loro scomparsa era allora piú facile. Né gl’inglesi e gli americani stanno occupando fisicamente, come facevano i Romani, il nostro suolo.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
methao_donor
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Intervento di methao_donor »

Esatto.
Inoltre, come ho scritto più sopra, non mi sembra che ci sia (né, presumibilmente, che ci sarà) un impegno attivo (né esterno né interno) indirizzato a tal fine.
E trovo sinceramente improbabile che un tale processo avvenga spontaneamente.
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Federico
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Intervento di Federico »

Marco1971 ha scritto:Non mi sembra un paragone molto solido: le lingue indigene, a quei tempi, erano insegnate nelle scuole, avevano un’illustre e plurisecolare tradizione letteraria, erano lingue ufficiali riconosciute da Costituzioni?
Infatti: non è proprio la stessa cosa.
Marco1971 ha scritto:Né gl’inglesi e gli americani stanno occupando fisicamente, come facevano i Romani, il nostro suolo.
Bah, non so.
Seriamente: i galli cominciarono a subire l'influenza dei Romani nei costumi ben prima dell'invasione, grazie agli scambi commerciali colla Gallia Narbonese (come dice Cesare, man mano che ci si allontanava dalla Provincia i galli diventavano piú selvaggi, barbari): scambi e comunicazioni che non sono nemmeno comparabili a quelli esistenti oggi fra l'Italia e il mondo anglosassone.
Tuttavia, non so che cambiamenti abbia subito la lingua dei galli in questo periodo, prima della conquista della Gallia; immagino che sia ben difficile scoprirlo, proprio perché non c'è tradizione scritta, ma un po' di archeologia linguistica si fa (bisognerebbe controllare in quel libro di Hagège).
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u merlu rucà
Moderatore «Dialetti»
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Iscritto in data: mar, 26 apr 2005 8:41

Intervento di u merlu rucà »

L'etrusco era una lingua scritta e gli etruschi potevano vantare una supremazia culturale notevole nei confronti dei latini. L'etrusco è scomparso. I baschi erano un popolo piuttosto selvaggio, primitivo e ribelle: hanno mantenuto la loro lingua fino ad oggi.
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Marco1971
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Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Ma gli Etruschi non avevano l’Accademia della Crusca. :D
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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umanista89
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Iscritto in data: lun, 14 ago 2006 22:22

Intervento di umanista89 »

u merlu rucà ha scritto:L'etrusco era una lingua scritta e gli etruschi potevano vantare una supremazia culturale notevole nei confronti dei latini. L'etrusco è scomparso. I baschi erano un popolo piuttosto selvaggio, primitivo e ribelle: hanno mantenuto la loro lingua fino ad oggi.
Mi pare che la sua ricostruzione storica non sia molto esatta.

1) Gli Etruschi furono debellati dai Greci, e fu proprio questa circostanza a consentire l'espansione di Roma nell'Italia meridionale. Mi pare evidente che se un popolo invade un altro territorio inizierà a diffondervi la propria lingua; non è verisimile che gl'Inglesi intendano esautorarci dall'Italia, perciò non vedo come potrebbe verificarsi quanto accadde alla lingua etrusca.
2) In contesti bellici di quella portata la reciproca influenza è inevitabile. Nota (anche per via del Graecia capta ferum victorem cepit oraziano) è quella dei Greci sui Romani; ma innegabile è anche l'influsso che gli stessi Etruschi esercitarono sul popolo romano, a livello religioso (pare il culto della triade capitolina sia di origine etrusca), mitologico (il patrimonio leggendario dei Romani è pieno di riferimenti a personaggi estruschi, come gli stessi re Tarquinii) e, naturalmente, linguistico: l'alfabeto latino fu esemplato su quello etrusco (che a sua volta derivò da quella greco) e pare che il nome stesso di Roma derivi dall'etrusco (ma, poiché questo non è stato ancora decifrato, è solo una congettura).

Insomma (a prescindere dal fatto che analogie con momenti storici cosí lontani sono sempre azzardate) quello di cui parliamo è un fenomeno ben diverso dall'odierna affermazione dell'inglese come lingua veicolare di tutti i paesi: piú popoli si avversano per il predominio di un territorio, uno solo la spunta, ma la civiltà che ne viene fuori non può che essere il frutto della compenetrazione dei caratteri salienti delle popolazioni soggiogate, innestati, naturalmente, sulla struttura fondamentale del popolo vincitore. Ed è cosí (cioè assieme al popolo che lo parlava) che l'etrusco scomparve. Le pare che l'attuale contesto europeo possa riprodurre simili circostanze?
Avatara utente
u merlu rucà
Moderatore «Dialetti»
Interventi: 1337
Iscritto in data: mar, 26 apr 2005 8:41

Intervento di u merlu rucà »

Certamente i Greci arrestarono l'espansione etrusca nell'Italia meridionale, ma non furono i soli. Nell'Italia settentrionale ci hanno pensato i Galli. I Romani non hanno mai imposto il latino come lingua ufficiale, sono stati i vari popoli che, in epoche diverse, hanno finito per adottare il latino. Livio (XL, 43, 1) narra che "Quell'anno [il 180 a.C.] fu concesso ai Cumani, dietro loro richiesta, di usare il latino come lingua ufficiale e i banditori pubblici ebbero diritto di trattare le vendite in latino".
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

È vero, i Romani non imposero la loro lingua, ma fecero sí che fosse indispensabile. A ogni modo la situazione d’allora e quella odierna sono ben diverse: allora i Romani governavano e erano presenti fisicamente sul territorio; oggi gli americani non occupano militarmente il nostro territorio. Siamo noi stessi a comportarci volontariamente da sudditi, senza reale motivo se non quelli di sempre: pigrizia, inerzia, mancanza d’istruzione, fascino dell’esotismo, ecc.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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