«Blit[t]ri»

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Marco1971
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«Blit[t]ri»

Intervento di Marco1971 »

Curiosando nello Zibaldone leopardiano ho trovato questo (dicembre 1818...8 gennaio 1820, p. 43; le traslitterazioni dal greco sono dovute a questo sito):
Non si trova in verun Dizionario italiano ch’io abbia potuto consultare ma è comune fra noi la parola blitri o blittri o blitteri che significa, un niente, cosa da nulla ec. Questa casa è un blitri; questa città è un blitri a misurarla con Roma ec. ec. Ora questa parola è totalmente e interamente greca: blÛtri, che anche si diceva blÛturi e bl®turi e blÛthri (come anche noi) e forse anche brÛturi, e non significava nulla. V. Laerz. l.7. segm.57. e quivi le note del Casaub. e del Menag. e il Du Fresne Glossar. Graec. in blÛthri, e nell’appendice 1. in blÛthri parimente. Tutti gli altri libri immaginabili che poteano fare al caso sono stati da me consultati scrupolosamente, senza trovarci ombra di questa voce, e nominatamente i Dizionari Greci tutti quanti n’ho, dove manca affatto, in tutte le sue maniere.
La voce è nel GRADIT (a lemma blittri, varianti blettri, bliteri, blituri) e nel Battaglia (a lemma blittri, varianti blitri, blictri, blítteri). La mia domanda è: questa voce è (ancora) in uso in qualche parte d’Italia, in qualche dialetto? Grazie a chi soddisfarà la mia curiosità. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

blitri sm (veneto, nel padovano) "chiccheri chiaccheri, voci che non significan nulla, e dicesi di chi cicala assai e conchiude poco" (Prati 1968); (piemontese: blitri, blictri) "blictri (un), uno zero, un nulla, un acca.....an n'amporta un blictri, non me ne importa un'acca. A val un blictri, non vale un lupino, una lisca" (Di Sant'Albino 1859); (lombardo: blicter, bliter, blitar) "fantino, uomo raggiratore. talvolta anche semplicemente banderuola....uomo volubile, leggero (Cherubini 1839-56), "pizzichino, pochettino, cosa minuta" (Galli 1965); (emiliano blictar, blicter), 'bazzecola, minuzia', "voce usata nelle frasi an valer un blicter non valere un bagattino, cioè nulla, an contar un blicter essere cosa da nulla, valere zero" (Malaspina 1856-59); (siciliano bbiltri) 'persona da tenere in nessuna considerazione'.
Usato anche dal Parini nel Discorso sulle caricature: "Ridurre ogni cosa al blictri", il termine non deriva dal francese belître 'uomo da niente, abbietto o ignorante (a sua volta ricondotto al medio alto tedesco betelaere 'mendico'), tantomeno dal latino blictrum 'schiuma della birra'. E' invece parola del latino scolastico, blitri, blittri, voce tratta dal greco blityri che significa in primo luogo 'suono di una corda d'arpa', poi precisamente 'parola senza contenuto semantico', 'parola vuota, vana' (FEW; DEI SS.VV. blitri e biltri; Camporesi 1952; Spitzer 1955).
da Cortelazzo-Marcato "Dizionario etimologico dei dialetti italiani" UTET 2005
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Grazie mille! :D
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Prego Marco! Ogni tanto rendo qualcuno degli innumerevoli favori lessicali :D . Pare che il nostro termine non sia diffuso solo nei dialetti italiani:

brètol -a
[1803; d'origen incert, probablement del b. ll. escolàstic blityri, i aquest, del gr. blítyri 'home sense valor', canviat en *brituli]
m i f Persona sense escrúpols capaç de qualsevol mala acció.
Brazilian dude
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Intervento di Brazilian dude »

do Fr. bélître, blitre, esfarrapado, mendigo

s. m.,
homem vil;
patife.

Em português.

Brazilian dude
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Secondo il TLFi (s. v.) bélître (e quindi il portoghese biltre) non deriva dalla voce d’origine greca oggetto di questo filone – ciò che conferma anche la citazione riportata da u merlu rucà.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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