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Un articolo di G.L. Beccaria

Inviato: lun, 20 ago 2007 1:57
di Fausto Raso
Nessun mese ha bisogno di esser difeso. Si difendono tutti da soli dalle idee balzane degli uomini. Tranne uno: settembre. Occorre fare qualcosa per lui, prima che sia tardi. Qualche politico in vena di protagonismo s'è fatto avanti con delle proposte sul calendario scolastico. «Andiamo - dice - è tempo di studiare». In Europa (ma anche in Grecia? anche in Spagna?) la scuola comincia ai primi di settembre, perciò anche noi dobbiamo adeguarci ai calendari di Svezia, Polonia e Regno Unito.

Settembre: e pensare che è già un mese difficile! Ci aspettano i soliti nuovi aumenti, dalla spazzatura alla merendina, e frotte di psicologi pronti a spiegarci come affrontare i disagi della ripresa. È un mese che tende a tingersi di attese malinconiche. E perché allora vogliamo far precipitare anche loro, i ragazzi, facendoli andare a scuola dieci giorni prima! Nel nostro paese, che sta al centro del Mediterraneo dal dolce clima, non se ne vede la ragione. Per chi ama le vacanze al mare, le prime settimane di settembre sono le più dolci. Anche la montagna, la collina, la campagna trovano i loro colori e le loro paci più splendide. I ragazzi in genere stracarichi di compiti delle vacanze possono ultimarli in pace. Nel Sud le giornate sono ancora calde. Costa anche meno andare in giro.

Che se ne faranno gli studenti di vacanze più lunghe a febbraio? Servono a minoranze ricche che possono permettersi settimane bianche. Gli altri se ne staranno a casa a guardare la tv e a chattare, pensando agli amici privilegiati sulle nevi o alle Maldive. Dobbiamo proprio costringere tutti, padri e madri compresi, a far vacanze in agosto? A riempire, o meglio a paralizzare strade e autostrade, a inzeppare pizzerie e pensioni diventate in quel mese più care e rumorose, peggio servite, in attesa di apocalittici rientri, dopo l'esodo?

Non è che iniziando una settimana prima raddrizzeremo le sorti della scuola. Occorrerebbero mutamenti ben più radicali. Ricordo Manganelli, una sua pagina assai bella: scriveva che ci deve essere qualcosa di guasto in un insegnamento che in otto anni non riesce a far di un allievo un lettore agiato e disteso dei classici di una qualsiasi lingua. In otto anni si impara il cinese, con il sanscrito per buona giunta… Salviamo almeno i primi dieci giorni di settembre!

(dal quotidiano "La Stampa" in Rete)

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Mi permetto qualche piccola osservazione di carattere orto-sintattico-grammaticale:

1) il verbo “chattare” lo scriverei come si legge (ciattare); la grafia usata da Beccaria è ‘bastarda” non essendo né italiana né inglese;

2) “ai primi di settembre” è un settentrionalismo (correttamente: i primi di settembre);

3) “iniziando” è male adoperato in senso intransitivo e va sostituito con “cominciando” o “incominciando”;

4) la preposizione con in “con delle proposte” va sostituita con “alcune”: non è corretto l’uso del partitivo dopo la preposizione ‘con’.

Inviato: lun, 20 ago 2007 11:30
di Bue
Sarà interessante leggere le correzioni che Beccaria farà a lei quando pubblicheranno i suoi articoli su "La Stampa".

Inviato: lun, 20 ago 2007 11:43
di Fausto Raso
Gentile Bue,
non ho mai scritto e non scrivo articoli per "La Stampa". :!:

Inviato: lun, 20 ago 2007 15:18
di giulia tonelli
Dal Garzanti Online:

ironia

Sillabazione/Fonetica [i-ro-nì-a]

Etimologia Dal lat. ironi¯a(m), che è dal gr. eiro¯néia 'dissimulazione, finzione'

Definizione s. f.
1 particolare modo di esprimersi che conferisce alle parole un significato contrario o diverso da quello letterale, con intento critico o derisorio: ironia fine, pungente, grossolana | la figura retorica corrispondente; p. e. Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande / che per mare e per terra batti l'ali, / e per lo 'nferno tuo nome si spande! (DANTE Inf. XXVI, 1-3)

Inviato: lun, 20 ago 2007 15:23
di Fausto Raso
Gentile Giulia, mi perdoni: non vedo il nesso (ironia) con quanto ho scritto.
Cordialmente

Inviato: lun, 20 ago 2007 16:08
di Marco1971
Fausto Raso ha scritto:1) il verbo “chattare” lo scriverei come si legge (ciattare); la grafia usata da Beccaria è ‘bastarda” non essendo né italiana né inglese;

2) “ai primi di settembre” è un settentrionalismo (correttamente: i primi di settembre);

3) “iniziando” è male adoperato in senso intransitivo e va sostituito con “cominciando” o “incominciando”;

4) la preposizione con in “con delle proposte” va sostituita con “alcune”: non è corretto l’uso del partitivo dopo la preposizione ‘con’.
1) Sono d’accordo. Ma il Beccaria qui si conforma all’uso imperante, disgraziatamente avallato dai dizionari.

2) Non mi pare. D’Annunzio, che settentrionale non era ma attentissimo alla forma: Io ho conosciuto Ugo Trim ai primi di luglio, in una stazione estiva elegantissima, fuori d’Italia.

3) È un uso ormai ammesso. Dice il Treccani in linea: È ormai anche molto diffuso (soprattutto per l’influsso analogico di cominciare) l’uso intr. senza la particella pron. (aus. essere): lo spettacolo inizia alle ore 21; è iniziata la primavera; la corsa dell’autobus inizia a piazza Cavour. E il Gabrielli bivolume: Come intr. (aus. essere), spesso con la partic. pronom. (iniziarsi), avere principio. La conferenza è appena iniziata. Le repliche del balletto si iniziano domani. (Tengo in serbo un esempio boccacciano, casomai servisse.)

4) Ne abbiamo già parlato. La rimando alla grammatica di Luca Serianni (IV.62). Non si tratta, a ogni modo, d’un errore. Semmai di gusto discutibile.

Inviato: lun, 20 ago 2007 17:17
di Freelancer
Marco1971 ha scritto:
Fausto Raso ha scritto:1) il verbo “chattare” lo scriverei come si legge (ciattare); la grafia usata da Beccaria è ‘bastarda” non essendo né italiana né inglese;
1) Sono d’accordo. Ma il Beccaria qui si conforma all’uso imperante, disgraziatamente avallato dai dizionari.
Mi sembra che questa affermazione equivalga a dire: io e pochi altri happy few non siamo d'accordo con tutti gli altri milioni di parlanti, però abbiamo ragione noi.
:wink:

Inviato: lun, 20 ago 2007 17:42
di Marco1971
Freelancer ha scritto:Mi sembra che questa affermazione equivalga a dire: io e pochi altri happy few non siamo d'accordo con tutti gli altri milioni di parlanti, però abbiamo ragione noi. :wink:
You got it, you fox! ;) We are an eletta. 8)

Ne pas penser comme les autres, cela veut dire simplement que l’on pense. Les autres, qui croient penser, adoptent, en fait, sans réfléchir, les slogans qui circulent, ou bien, ils sont la proie de passions dévorantes qu’ils se refusent d’analyser. (Eugène Ionesco)

Inviato: lun, 20 ago 2007 18:29
di Teo
Marco1971 ha scritto:
Fausto Raso ha scritto:1) il verbo “chattare” lo scriverei come si legge (ciattare); la grafia usata da Beccaria è ‘bastarda” non essendo né italiana né inglese;

2) “ai primi di settembre” è un settentrionalismo (correttamente: i primi di settembre);

3) “iniziando” è male adoperato in senso intransitivo e va sostituito con “cominciando” o “incominciando”;

4) la preposizione con in “con delle proposte” va sostituita con “alcune”: non è corretto l’uso del partitivo dopo la preposizione ‘con’.
1) Sono d’accordo. Ma il Beccaria qui si conforma all’uso imperante, disgraziatamente avallato dai dizionari.

2) Non mi pare. D’Annunzio, che settentrionale non era ma attentissimo alla forma: Io ho conosciuto Ugo Trim ai primi di luglio, in una stazione estiva elegantissima, fuori d’Italia.

3) È un uso ormai ammesso. Dice il Treccani in linea: È ormai anche molto diffuso (soprattutto per l’influsso analogico di cominciare) l’uso intr. senza la particella pron. (aus. essere): lo spettacolo inizia alle ore 21; è iniziata la primavera; la corsa dell’autobus inizia a piazza Cavour. E il Gabrielli bivolume: Come intr. (aus. essere), spesso con la partic. pronom. (iniziarsi), avere principio. La conferenza è appena iniziata. Le repliche del balletto si iniziano domani. (Tengo in serbo un esempio boccacciano, casomai servisse.)

4) Ne abbiamo già parlato. La rimando alla grammatica di Luca Serianni (IV.62). Non si tratta, a ogni modo, d’un errore. Semmai di gusto discutibile.
Su chattare sono d'accordo anch'io. Su 3), ormai l'uso ha consacrato anche iniziare intransitivo, ma sostanzialmente anch'io lo eviterei in una prosa molto sorvegliata. L'esempio boccacciano penso sia quello citato nel Battaglia-Barberi Squarotti, o sbaglio? Su 2) e 4) mi sembra francamente che Fausto Raso esageri. Comunque, a giudicare dai suoi interventi e dal suo sito, mi pare che Raso rappresenti un po' l'ala estrema del "purismo". Certe sue osservazioni, mi perdoni l'autore se sono così franco, a mio parere sono piuttosto di nocumento che di giovamento alla causa del ristabilimento di un italiano il più possibile scevro da forestierismi. Ad esempio, nel suo sito si legge:
http://www.manuscritto.it/Lingua/Che_li ... rli_1.html
“E finiamo queste modeste noterelle con una considerazione "linguistico-patriottica". Il verbo "eliminare" che ricalca pari pari il latino valeva in origine (e dovrebbe valere tuttora) "cacciare dalla soglia di casa" (è composto, infatti, con "ex" (da) e "limen" soglia). Fu introdotto nella nostra lingua dai filosofi e dai matematici e dovrebbe restare confinato in quelle scienze. Oggi, invece, viene adoperato - come fanno i Francesi - nel significato di "sopprimere", "rimuovere" e simili. Non se ne abusi e tutte le volte che sia possibile si ricorra ad un verbo "più appropriato". C' è l'imbarazzo della scelta: scacciare; elidere; allontanare; escludere; rimuovere; togliere di mezzo; scartare; toglier via e simili. Perché "copiare" i nostri cugini francesi?”
Beh, arrivare a censurare un verbo di schietta origine latina come "eliminare" (tra l'altro le considerazioni sono tratte dal pregevole ma per vari aspetti obsoleto Dizionario dello stile corretto di Aldo Gabrielli) solo perché echeggerebbe un uso francese, mi sembra francamente assurdo e non conforme ai principi del neopurismo glottotecnico di Migliorini e Castellani, ma solo a un certo purismo nazional-sentimentale, come lo definiva Giacomo Devoto. Ma suvvia, chi oggi prenderebbe sul serio chi volesse bandire dalla lingua italiana verbi come "eliminare", "controllare", "funzionare", "depistare", "decollare", ecc., come pure pretendevano Gabrielli, Palazzi e altri ancora negli anni '60? Secondo me, al neopurismo funzionale e strutturale ha nociuto proprio il fatto che spesso veniva confuso con posizioni che invece si basavano soltanto sul rifiuto pregiudiziale di vocaboli derivati dal francese e dall'inglese. Così oggi, a causa del ridicolo di cui si erano coperte quelle posizioni, non si possono facilmente contrastare gli anglicismi del gergo informatico, compresi quelli ibridi, come downloadare, chattare, bootstrappare, e compagnia brutta.

Inviato: lun, 20 ago 2007 18:35
di Marco1971
Teo ha scritto:L'esempio boccacciano penso sia quello citato nel Battaglia-Barberi Squarotti, o sbaglio?
Non isbaglia, è quello. Lo riporto qui:

O sommo Giove, ...
...da cui tutta inizia
l’alta virtú per cui si vive e muove.

Inviato: lun, 20 ago 2007 19:19
di Marco1971
Teo ha scritto:Ma suvvia, chi oggi prenderebbe sul serio chi volesse bandire dalla lingua italiana verbi come "eliminare", "controllare", "funzionare", "depistare", "decollare", ecc., come pure pretendevano Gabrielli, Palazzi e altri ancora negli anni '60?
Concordo in toto. E cito – come sempre – Giacomo Leopardi:
Si condannino (come e quanto ragion vuole) e si chiamino barbari i gallicismi, ma non (se cosí posso dire) gli europeismi, che non fu mai barbaro quello che fu proprio di tutto il mondo civile, e proprio per ragione appunto della civiltà, come l’uso di queste voci che deriva dalla stessa civiltà e dalla stessa scienza d’Europa.
Osservate p.e. le parole genio, sentimentale, dispotismo, analisi, analizzare, demagogo, fanatismo, originalità ec. e tante simili che tutto il mondo intende, tutto il mondo adopera in una stessa e precisa significazione, e il solo italiano non può adoperare (o non può in quel significato), perché? perché i puristi le scartano, e perché i nostri antichi, non potendo aver quelle idee, non poterono pronunziare né scrivere quelle parole in quei sensi. Ma cosí accade in ordine alle stesse parole, a tutte le lingue del mondo che pur non hanno scrupolo di adoperarle. Piuttosto avrebbero scrupolo e vergogna di non saper esprimere un’idea chiara per loro, e chiara per tutto il mondo civile, mentre per la espressione delle idee chiare son fatte e inventate e perfezionate le lingue.
(Zibaldone, 26 giugno 1821)
Da notare che la forma degli esempi leopardiani non è génie, sentimental, despotisme, analyse, analyser, démagogue, fanatisme, originalité.
Teo ha scritto:Secondo me, al neopurismo funzionale e strutturale ha nociuto proprio il fatto che spesso veniva confuso con posizioni che invece si basavano soltanto sul rifiuto pregiudiziale di vocaboli derivati dal francese e dall'inglese. Così oggi, a causa del ridicolo di cui si erano coperte quelle posizioni, non si possono facilmente contrastare gli anglicismi del gergo informatico, compresi quelli ibridi, come downloadare, chattare, bootstrappare, e compagnia brutta.
È vero. Ma almeno – per il comun salvamento – si scrivessero secondo l’ortografia italiana: daunlodare, ciattare, bu(t)strappare.

Inviato: gio, 23 ago 2007 21:16
di Teo
Marco1971 ha scritto:
Fausto Raso ha scritto: 4) la preposizione con in “con delle proposte” va sostituita con “alcune”: non è corretto l’uso del partitivo dopo la preposizione ‘con’.
4) Ne abbiamo già parlato. La rimando alla grammatica di Luca Serianni (IV.62). Non si tratta, a ogni modo, d’un errore. Semmai di gusto discutibile.
Mi dispiace per Fausto Raso, ma non solo è correttissimo, ma trova eccellenti esempi in ottimi autori (e quindi, non per contraddire più di tanto anche lei, non è "di gusto discutibile"). Proprio oggi, leggendo in quel di Stresa un vecchio manuale di logica di un rosminiano, tale Giuseppe Morando, vi ho trovato la seguente citazione:
"Non basta aver che fare con degli avversari che abbiano torto: bisogna aver ragione" (Alessandro Manzoni, Dialogo dell'Invenzione). Cfr. il testo in rete:
http://www.classicitaliani.it/manzoni/invenzione.html
E di fronte a Manzoni potrete citare tutti i Fanfani, Arlia, Gabrielli e Palazzi del mondo, ma penso che, se in questi fatti di lingua c'è un minimo di principio di autorità, lo scrittore milanese sia senz'altro più affidabile. Ciò non toglie che io non userei, pace Manzoni stesso e la Castellani Pollidori, il costrutto "aver che fare", usato nello stesso passo manzoniano, ma preferirei "avere a che fare", ormai consacratissimo dall'uso.
Mi aspetto un po' di polemiche...

Inviato: gio, 23 ago 2007 21:30
di Marco1971
Il gusto è discutibile, caro Teo, e certamente Manzoni non adopera costantemente e meccanicamente il partitivo colle preposizioni che l’ammettono. Se si dice solo che un costrutto abusato è corretto si rischia d’incoraggiare la sua espansione; se si dice che, per esempio, è stato criticato dai puristi ma ve ne sono ottime attestazioni presso scrittori di grande gusto, finezza e stile, allora chi ci sta ad ascoltare ha maggiori informazioni per poter fare eventuali scelte proprie.

Lei stesso, pur conoscendo il lustro della locuzione aver che fare, preferisce il suo stravolgimento, ormai sancito e benedetto dagli «ospizi ufficiali di nostra favella»; ma lei lo fa per gusto personale e con cognizione di causa. In queste stanze, rivolte non solo agli studiosi ma anche a chi s’accosta da principiante allo studio dell’italiano, noi intendiamo guidare appunto chi ci legge verso un uso quanto piú consapevole possibile di questo meraviglioso strumento che è la nostra lingua.

Inviato: gio, 23 ago 2007 22:42
di Fausto Raso
Marco1971 ha scritto:Il gusto è discutibile, caro Teo, e certamente Manzoni non adopera costantemente e meccanicamente il partitivo colle preposizioni che l’ammettono. Se si dice solo che un costrutto abusato è corretto si rischia d’incoraggiare la sua espansione; se si dice che, per esempio, è stato criticato dai puristi ma ve ne sono ottime attestazioni presso scrittori di grande gusto, finezza e stile, allora chi ci sta ad ascoltare ha maggiori informazioni per poter fare eventuali scelte proprie.

Lei stesso, pur conoscendo il lustro della locuzione aver che fare, preferisce il suo stravolgimento, ormai sancito e benedetto dagli «ospizi ufficiali di nostra favella»; ma lei lo fa per gusto personale e con cognizione di causa. In queste stanze, rivolte non solo agli studiosi ma anche a chi s’accosta da principiante allo studio dell’italiano, noi intendiamo guidare appunto chi ci legge verso un uso quanto piú consapevole possibile di questo meraviglioso strumento che è la nostra lingua.
Faccio mie TUTTE le parole di Marco. :)

Inviato: ven, 24 ago 2007 10:19
di bubu7
Teo ha scritto: Mi aspetto un po' di polemiche...
Non mi sembra che ci sia molto da polemizzare caro Teo.

Marco ha risposto benissimo sia prima (negando l'errore e aggiungendo un "semmai" a mitigare il senso del periodo successivo) sia nel suo ultimo intervento.

Aggiungerei solo che alla discutibilità di certe scelte moderne, discutibili soprattutto per la loro inconsapevolezza, si somma la discutibilità di certe posizioni puristiche, come lei stesso ha più sopra rilevato.