Marco1971 ha scritto:Antistorico non mi pare: la storia c’insegna che in molte epoche si son levate voci di lamento per le sorti della lingua. Ma piú m’interesserebbe che lei esplicitasse il pericolo o i pericoli ai quali allude.
Non volevo dire che non si è mai parlato di bene o di male, riguardo alle sorti della lingua, ma che esse non sono categorie storiche.
Il pericolo, di cui abbiamo parlato varie volte, è di congelare la lingua, com’è accaduto in qualche periodo del nostro passato, per poi trovarsi, all’inevitabile scongelamento, a fare i conti con una realtà che si è allontanata per conto proprio. Con tutti gl’inevitabili traumi associati (che abbiamo vissuto nell’ultimo secolo e stiamo ancora vivendo).
Marco1971 ha scritto:Il francese antico è lingua altra dal francese moderno, tant’è vero che oggi risulta del tutto incomprensibile ai parlanti nativi.
Si potrebbe anche dire però: nonostante il francese antico sia incomprensibile ai parlanti moderni si può parlare sempre di una stessa lingua (come si fa per il latino arcaico rispetto al latino classico).
Marco1971 ha scritto:È una questione di misura. Vorrei chiederle, visto che è molto informato al riguardo, se in latino le parole greche venivano adoperate usualmente nella loro grafia originaria (coll’alfabeto greco) o se non venissero traslitterate e adattate. Io so soltanto che, tanto per fare un esempio, philosophia non solo s’è traslitterata, ma non è neanche in contrasto colla fonotassi latina.
Se è per questo, il latino nei confronti del greco è stato smisurato e difficilmente si troverà una lingua talmente infarcita di un’altra lingua.
La domanda sulla grafia originaria e la traslitterazione è, a mio parere, mal posta. Una cosa è l’alfabeto usato per esprimere i suoni di una lingua altra sono i suoni.
Anche noi traslitteriamo i termini di popoli che usano altri alfabeti, ma gl’inglesi usano il nostro stesso alfabeto (più o meno esteso).
Le parole greche in latino hanno subito gli adattamenti più vari da un minimo a un massimo: a seconda di varianti diastratiche, diatopiche e diacroniche.
Per rendere la marea di termini greci acquisiti in tutta la sua storia, il latino si è dovuto dotare di nuovi grafemi (ch, ph, th, x, y, z) e addirittura di nuove lettere: x, y, z.
Come vede, nel caso di
philosophia, vi è stato qualcosa di meno di una completa traslitterazione perché il termine (non questo in particolare, ovviamente, ma questa tipologia) ha comportato l’introduzione di un nesso estraneo. Anche la fonotassi di conseguenza è cambiata.
Marco1971 ha scritto:Quando vien meno del tutto la comprensibilità e le forme non sono neanche minimamente riconoscibili, allora per me si deve parlare di lingua diversa.
In genere la situazione non è mai così drastica. Noi, ad esempio, avvertiamo una certa familiarità col latino. Dico sempre che noi siamo i latini del duemila.
Marco1971 ha scritto:E perché non possiamo parlare di bene e di male? La lingua non è solo un inarcarsi piú o meno fluido di suoni articolati, è anche il patrimonio di tutt’un popolo e non si può ragionevolmente prescindere dai vincoli affettivi che legano gl’individui alla loro storia, personale e collettiva.
Non si può e
non si deve. Ma se uno è più aperto ai naturali cambiamenti della lingua e, soprattutto, se individua nella povertà culturale il vero nocciolo del problema (e di conseguenza il vero campo sul quale agire) non è che sia meno legato affettivamente alla propria storia, ecc.