Il Tommaseo-Bellini in CD-Rom

Spazio di discussione su questioni di lessico e semantica

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Marco1971
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Il Tommaseo-Bellini in CD-Rom

Intervento di Marco1971 »

Desidero [con una bella “s sorda” :wink:] comunicare al pubblico di Cruscate che è uscito ultimamente in versione elettronica il Dizionario della Lingua Italiana che tradizionalmente va sotto il nome di Tommaseo-Bellini — o, piú alla spiccia, di Tommaseo.

Si tratta d’un dizionario importantissimo nella nostra storia, e tuttora consultabile. Fu pubblicato tra il 1865 e il 1879: oltre 7300 pagine in quattro enormi volumi suddivisi in otto tomi. Basti dire che il Carducci ne tessé le lodi nella sua recensione apparsa su «La Nazione» il 26 luglio 1861, e che D’Annunzio vi attinse a piene mani, anzi se lo leggeva in cerca d’ispirazione lessicale.

Sembra però che Nicolò Tommaseo non amasse molto il Leopardi :( : sentite quel che si legge alla voce procombere:

«[T.] V. n. Cadere dinnanzi o Cadere per, dal lat. pretto, l’adopra un verseggiatore [sott. mia] moderno, che per la patria diceva di voler incontrare la morte: Procomberò. Non avend’egli dato saggio di saper neanco sostenere virilmente i dolori, la bravata appare non essere che rettorica pedanteria.»

Vabbè, anche i piú grandi possono dare giudizi oppugnabilissimi…

Riferimento bibliografico esatto: (per chi fosse interessato)

DIZIONARIO DELLA LINGUA ITALIANA di Nicolò Tommaseo e Bernardo Bellini in CD-ROM per Windows, Bologna, Zanichelli, 2004.

Ordinabile anche dal sito: www.zanichelli.it/dizionari

Ne approfitto per augurare a tutti sin d’ora un felice Anno Nuovo.
Max
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Tommaseo e "improvvisità"

Intervento di Max »

Grazie della segnalazione! Come autoregalo natalizio tardivo potrebbe proprio andar bene…

Approfitto per chiederti se nel Tommaseo o in altri dizionari prestigiosi in tuo possesso è riportato il sostantivo “improvvisità”, sentito di recente in almeno un paio di occasioni in frasi come “l'improvvisità degli eventi catastrofici…”, riferite agli eventi apocalittici del Sudest asiatico.

Ricambio il Buon Anno!
Max
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Marco1971
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«improvvisità»

Intervento di Marco1971 »

Il termine improvvisità è assente dai nostri maggiori lessici. Dal punto di vista morfologico, possiamo dire che ha le carte in regola: come da preciso si ha l’obsoleto (e inutile) precisità, registrato dal GRADIT (ma sembra essere l’unica parola in –isità).

Ora, dal punto di vista semantico, non vedo quale sfumatura apporterebbe ai già esistenti repentinità e subitaneità... Ma come sempre, solo l’uso deciderà se tale parola avrà pieno diritto di cittadinanza nei nostri vocabolari.

Una curiosità: in Parole degli anni novanta (materiali e ricerche per il Devoto-Oli, Firenze, Le Monnier, 1992) si trova una parola simile, imprevedutezza:

«Abbandono al caso e alla fantasia: luoghi che hanno in sé ancora l’impronta di chi c’è vissuto, magari secoli prima, e vi ha lasciato il segno dell’illusione, dell’imprevedutezza, della follia, della spensieratezza, dell’amore (G. Bárberi Squarotti, Stampa 23-2-89).» [sott. mia]

Non so se nell’ultima edizione del Devoto-Oli abbiano dedicato un’entrata a questo termine, ma una cosa è certa: noi siamo liberi di derivare parole nuove da quelle esistenti per mezzo di prefissi e suffissi, purché usati a proposito. Tuttavia, mi pare buona norma domandarsi prima se il vocabolo cosí coniato abbia sufficiente autonomia semantica rispetto a eventuali sinonimi già esistenti.

Ancora Buon Anno!

P.S. Preciso che Max e io ci diamo del tu per mutuo consenso.
Moxnox
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Desiderio

Intervento di Moxnox »

Salve a tutti! Sono un novizio del forum.
Riguardo al richiamo di Marco1971 a pronunciare sorda la s di desiderio, mi chiedo (e vi chiedo) come sia possibile che il Disc ammetta anche la sonorità della consonante.
Rifacendosi al bellissimo etimo della parola (sidus,sideris) credo che non ci possano essere dubbi al riguardo.
Non trovate anche voi meraviglioso che, quando si scorge :roll: una meteora (stella cadente) solcare il cielo, s'esprima un desiderio?

Marco Ghetta
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Intervento di Marco1971 »

Nella mia edizione del DISC (2002) è indicata solo la pronuncia con esse sorda. Persino il GRADIT dà solo quella. Mi può assicurare che nell'ultima edizione del DISC sia data la pronuncia con esse sonora? Grazie in anticipo.
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Incarcato
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Intervento di Incarcato »

In una conferenza veneziana cui assistetti un paio d'anni fa, Umberto Galimberti sfatò l'etimo del verbo desiderare come derivato da de sidero, «privare delle stelle», da cui «sentire la mancanza», adducendo fondate motivazioni per sostenere che quell'etimologia era sbagliata, sebbene affascinante.
Ora non chiedete ragioni a me, perché in quell'occasione non potevo prendere appunti, ne ormai mi ricordo nel merito cosa disse, ma ricordo che mi convinse: del resto, alquanto spesso gli etimi che i dizionarî indicano non sono del tutto pacifici e/o comunemente accettati.
Quanto alla pronuncia, se l'etimo deriva da de sidero, l'esse deve essere per certo sorda, altrimenti... :roll:
Moxnox
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Desiderio

Intervento di Moxnox »

Gentile Marco1971, possiedo il DISC(2004) e le confermo che la s è riportata come Ŝ (è sormontata da un pallino ma non lo so riprodurre) che, secondo la simbologia adottata, corrisponde a " s sorda o anche sonora". Quanto all'etimo, caro Incarcato, le credo: spesso le etimologie son troppo belle per essere vere. In ogni modo il fatto di esprimere un desiderio alla vista di una stella cadente mi ha sempre affascinato.
Qualcuno mi sa dire cosa pensa al riguardo il DELI, di cui sono privo?
Grazie
Marco G.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Eh sí, per quanto riguarda la pronuncia, non ci sono dubbi, poiché cosí ci è giunta per tradizione orale ininterrotta nella varietà assurta a lingua nazionale.

Riguardo invece all’etimologia di desiderare e derivati, sembra che gli specialisti siano concordi (anche l’Oxford English Dictionary e il Trésor de la langue française danno la stessa spiegazione): dal latino desiderare, «sentire la mancanza o il rimpianto di». Il DELI precisa: «‘cessare di contemplare le stelle a scopo augurale’, quindi ‘bramare’, (da sidus, genit. sideris ‘stella’; cfr. considerare)».

Ora, può benissimo darsi che gli studiosi sbaglino, e sarebbe interessante conoscere la teoria di Umberto Galimberti, teoria che, a ogni modo, non può essere ritenuta verace solo perché convincente: è facile infatti convincere, piú difficile dimostrare in modo inconfutabile — cosa forse impossibile in fatto di etimologia.
Moxnox
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Intervento di Moxnox »

Grazie Marco.
A dir poco, tempestivo.
P.S.:la virgola della riga precedente è meglio ometterla?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Grazie a lei, Moxnox. Infatti io ho il DISC 2002 versione cartacea e l'edizione 2004 (solo) in CD, nella quale avevo visto il pallino di cui lei parla, senza però capirne la valenza (non so dove sia spiegata). Grazie quindi di avermela svelata. Si tratta dunque, secondo ogni evidenza, di ossequio alla pronuncia settentrionale...

P.S. L'uso della virgola è personalissimo in molti casi; a me piace quella che ha usato lei, ce l'avrei messa anch'io! :wink:
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Incarcato
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Intervento di Incarcato »

Ho interrogato alcuni miei amici che erano con me alla conferenza per aiutare un po' la mia memoria, ma nessuno si ricorda alcunché (comunque, il tema della conferenza era il Fedone, e Galimberti si limitò ad un breve excursus a proposito).

Hai ragione, Marco: convincere non basta, ma è già qualcosa – e non è sempre facile –, specie in questioni spinosamente etimologiche.
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«Desiderare»

Intervento di Infarinato »

Una piccola chiosa su desiderare.

Pronuncia. La pronuncia con /z/ (“s sonora”) non ha [ovviamente] cittadinanza nell’ortoepia «tradizionale» (fiorentina/toscana [DOP]), ancorché oggigiorno sia abbastanza diffusa anche in Toscana. Tuttavia, trovo giusto che un dizionario dei giorni nostri registri questa variante, che il Canepàri dà addirittura come prima nel suo DiPI (pronuncia cosiddetta «moderna»)…
Sia chiaro: la mia pronuncia è rigorosamente con /s/ (“s sorda”), e trovo che essa rappresenti a tutt’oggi la dizione piú raccomandabile, ma non si possono addurre a giustificazione della medesima ragioni d’ordine morfologico. Queste valgono davvero solo quando la composizione con l’affisso[ide] sia ancora pienamente avvertita dal parlante medio, come in «[egli] presente» /-s-/ (che si oppone infatti a «[egli] è presente» /-z-/)… Lo stesso esempio dimostra come questo criterio non sia generalmente valido, ché, etimologicamente/morfologicamente, anche l’aggettivo presente dovrebbe avere /s/, e ha invece /z/.
In conclusione, l’unica giustificazione di una pronuncia di desiderare con /s/ è, come sempre (o quasi), una tradizione orale ininterrotta.

Etimo. Premetto che non conosco la posizione del Galimberti e ignoro se vi siano sviluppi recenti sulla questione in oggetto. Tuttavia l’«editio maior» dell’Oxford English Dictionary (http://dictionary.oed.com, purtroppo non gratuitamente consultabile) si mostra piuttosto cauta: desire, v., rimanda a desiderate, v., dove si legge: «f. L. desiderat-, ppl. stem of desiderare to miss, long for, desire, f. de- (DE- I. 1, 2) + a radical also found in con-siderare, perhaps connected with sidus, sider- star, constellation; but the sense-history is unknown: cf. CONSIDER» (sottolineature mie).
Da qui si rimanda ulteriormente a consider, v., dove troviamo: «a. F. considérer (14th c. in Littré), ad. L. considerare to look at closely, examine, contemplate, f. con- + a radical (found also in de-siderare to miss, desire), according to Festus, derived from sidus, sider- star, constellation. The vb. might thus be originally a term of astrology or augury, but such a use is not known in the Lat. writers»… È proprio questo il punto: uno s’aspetterebbe di riscontrare questo «significato primo» in qualche scrittore latino [arcaico]… Dubbi sul «noto etimo» di desidero sono sollevati anche da Lewis & Short.
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u merlu rucà
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Intervento di u merlu rucà »

Largu de farina e strentu de brenu.
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