Etimologia

Spazio di discussione dedicato alla storia della lingua italiana, alla sua evoluzione e a questioni etimologiche

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bubu7
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Re: «Diatopico»/«diacorico»

Intervento di bubu7 »

Infarinato ha scritto:Un «neologismo coniato da Amicus eius» non è ché da sempre lo usa il Canepàri. ;)
Allora un neologismo coniato da Canepari?
Una ricerca con Google di diacorica/o/i/he, dà pochissime occorrenze e tutte legate al nostro orticello... :)
Infarinato ha scritto:Direi, però, che normalmente/etimologicamente diatopico è al contempo piú puntuale e piú generico di diacorico
Mi scusi, non mi è molto chiaro. :(
Potrebbe farmi qualche esempio in cui, secondo lei, è preferibile usare diacorico al posto di diatopico e viceversa?
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Infarinato
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Re: «Diatopico»/«diacorico»

Intervento di Infarinato »

bubu7 ha scritto:Allora un neologismo coniato da Canepari?
Non credo. Mi sembra d’averlo trovato anche presso diversi altri autori: forse Castellani (storia della lingua), Renzi (filologia romanza)?
bubu7 ha scritto:
Infarinato ha scritto:Direi, però, che normalmente/etimologicamente diatopico è al contempo piú puntuale e piú generico di diacorico
Mi scusi, non mi è molto chiaro. :(
Potrebbe farmi qualche esempio in cui, secondo lei, è preferibile usare diacorico al posto di diatopico e viceversa?
Beh, provi a sostituire (sto semplificando -sia chiaro) diatopico con locale e diacorico con regionale, e capirà a cosa alludo.

Diatopico -l’ho detto- si usa «genericamente», ed è forse per questo che ha trovato spazio nei dizionari. Diacorico si usa soprattutto in dialettologia per indicare «varianti regionali» (dove per «regione» non s’intende, ovviamente, necessariamente la «regione politica/storica/geografica»)…
amicus_eius
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Re: «Diatopico»/«diacorico»

Intervento di amicus_eius »

Infarinato ha scritto:
bubu7 ha scritto:Allora un neologismo coniato da Canepari?
Non credo. Mi sembra d’averlo trovato anche presso diversi altri autori: forse Castellani (storia della lingua), Renzi (filologia romanza)?
bubu7 ha scritto:
Infarinato ha scritto:Direi, però, che normalmente/etimologicamente diatopico è al contempo piú puntuale e piú generico di diacorico
Mi scusi, non mi è molto chiaro. :(
Potrebbe farmi qualche esempio in cui, secondo lei, è preferibile usare diacorico al posto di diatopico e viceversa?
Beh, provi a sostituire (sto semplificando -sia chiaro) diatopico con locale e diacorico con regionale, e capirà a cosa alludo.

Diatopico -l’ho detto- si usa «genericamente», ed è forse per questo che ha trovato spazio nei dizionari. Diacorico si usa soprattutto in dialettologia per indicare «varianti regionali» (dove per «regione» non s’intende, ovviamente, necessariamente la «regione politica/storica/geografica»)…
La distinzione è esattamente quella a cui accenna Infarinato: il greco "topos" indica il concetto di determinazione-determinabilità spaziale in senso generico; le parole greche "chora" e "choros" e il verbo "choreo" che ne deriva (e significa far spazio, accogliere, cedere, ammettere) indicano uno spazio topologicamente (toponimicamente) definito sia in senso geografico, sia in senso (anche astrattamente) metrico. La variazione diatopica delle lingue è un concetto generico relativo al mutamento nello spazio (oltre che in diacronia, nel tempo) delle parlate umane. "Diatopico" (che varia nello spazio inteso in senso generico) è un termine che in qualche modo si trova in opposizione concettuale rispetto a "diacronico" (che varia nel tempo). Il concetto di variante diacorica è invece relativo a concreti riscontri di diversità linguistiche (di glottodiversità, parafrasando l'ecologia, e questo sì che è un mio conio :mrgreen: ) in determinati territori o regioni ("chorai", appunto).
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bubu7
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Re: «Diatopico»/«diacorico»

Intervento di bubu7 »

amicus_eius ha scritto:...glottodiversità, parafrasando l'ecologia, e questo sì che è un mio conio :mrgreen: )
Fossi in lei non sarei così sicuro...

A parte gli scherzi, se ho capito bene, le varianti diacoriche sarebbero un sottoinsieme di quelle diatopiche. È così?

Nel caso di "concreti riscontri di diversità linguistiche in determinati territori o regioni" non posso parlare, in maniera ugualmente corretta, di varianti/variazioni diatopiche?

Mi può fare un esempio di una variazione/variante diatopica che non è diacorica?

Mi piacerebbe sapere chi ha coniato e quando è stato coniato questo termine (diatopico, ad esempio, è stato introdotto da Coseriu, nel 1973, nelle sue Lezioni di linguistica generale).

Mi rende comunque perplesso l'inesistenza del termine sui dizionari, anche quello di linguistica del Beccaria (sarei felice se mi potesse segnalare qualche riscontro).
Poi m'insospettisce la parallela assenza del termine in una ricerca con Google. Perfino il termine glottodiversità ha una presenza più significativa su Internet.
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caixine
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Intervento di caixine »

Avendo notato una latente e manifesta ostilità e subito una sottile forma di “mobbing”,
e per ultimo costatato la grave e disonorevole violazione della riservatezza da parte del moderatore
ritengo che questo non sia affatto un forum di libertà e di rispetto delle altrui opinioni, idee e pensiero.
Pertanto prelevo i miei contributi alle discussioni e tolgo il disturbo.
Ultima modifica di caixine in data dom, 08 gen 2006 11:43, modificato 1 volta in totale.
Ke bela ke la xe la me lengoa veneta, na lengoa parlà co' piaser anca dal bon Dio!
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giulia tonelli
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Intervento di giulia tonelli »

caixine ha scritto:...la prima coppia umana, poniamo Eva e Adamo, oppure alle piú coppie che in origine possono aver generato, piú o meno simultaneamente, la specie umana in varie parti della terra.
Oltre alla linguistica, sarà meglio che si metta a studiare un po' di biologia...
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caixine
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Intervento di caixine »

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Alberto Pento
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Caro Caixine/Pento (…stia pur tranquillo che la sua identità ci era nota fin dall’istante in cui si è iscritto a questo forum),

innanzitutto la linguistica è una «scienza», seppur «umana»: basta leggere (senza preconcetti) anche soltanto la definizione del Treccani per rendersi immediatamente conto dei termini e degli àmbiti in cui essa applica il cosiddetto «metodo scientifico».

Ma soprattutto non ci garba questo suo usare ogni pretesto per fare della propaganda politica.

Mi dica un po’ cosa c’entra questa citazione
caixine ha scritto:Quindi non c'è niente di scientifico nella definizione dello status di "lingua", e il metodo della ricerca linguistica e dialettologica rinuncia in partenza a porre una definizione in tal senso! Una lingua è tale solo se ha un riconoscimento politico, non c'è altra definizione da dare. - La regione non ha nessun riconoscimento politico, perché tutti quegli organismi sovranazionali che hai citato non hanno alcun potere in materia…
…specialmente in un forum che dedica un’intera sezione ai «dialetti [italiani]», che li definisce súbito «lingue» (ché linguisticamente, appunto, non c’è alcuna differenza tra lingua e dialetto) e riporta a mo’ di manifesto la famosissima citazione del Weinreich in yiddish.

Se continuerà su questa strada, può star certo che i suoi interventi verranno cancellati e il suo conto sospeso a tempo indeterminato.

I Moderatori.
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caixine
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Intervento di caixine »

Avendo notato una latente e manifesta ostilità e subito una sottile forma di “mobbing”,
e per ultimo costatato la grave e disonorevole violazione della riservatezza da parte del moderatore
ritengo che questo non sia affatto un forum di libertà e di rispetto delle altrui opinioni, idee e pensiero.
Pertanto prelevo i miei contributi alle discussioni e tolgo il disturbo.
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Alberto Pento
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

caixine ha scritto:…per ultimo costatato la grave e disonorevole violazione della riservatezza da parte del moderatore…
Rispondo solo su questo (il resto si giudica da solo -anzi, non piú, ché, avendo Caixine [vigliaccamente] rimosso tutti i suoi interventi, non possiamo -ahinoi- dimostrare la giustezza dei nostri provvedimenti nei suoi riguardi, i quali -lo ricordiamo- si sono finora limitati a una semplice «ammonizione»): non è stato violato alcun diritto alla riservatezza, ché l’identità dell’utente in questione è facilmente reperibile da una pagina pubblica ed era già stata rivelata su questo forum da un altro utente… senza contare l’inconfondibilità di tono, linguaggio e argomentazioni del sig. Pento.

È ovvio che i moderatori cerchino di tutelarsi il piú possibile da ogni rischio eventualmente causato da utenti potenzialmente «problematici» e, visto la bella prova di sé che il sig. Pento ha dato sul forum dell’Accademia della Crusca, non può certo sorprendere il fatto che egli sia stato tenuto sotto controllo.
amicus_eius
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Intervento di amicus_eius »

Glissando sulla teterrima degenerazione di un dibattito che all'inizio sembrava potesse essere, almeno per una volta, continuato con più proficui risultati (ma a quanto pare ci eravamo sbagliati), rispondo brevemente a Bubu7, dal mio punto di vista, circa alcune parole che sono proclive a usare.

In tutta buona fede (giù batiscafi nella Fossa delle Marianne della mia ignoranza), davvero non sapevo che qualcuno avesse già avuto l'idea di coniare un monstrum come "glottodiversità": dalle sue attestazioni, il termine sembra in effetti riferisi a campi semantici di tangenza fra linguistica e politica.

Quanto al termine "diacoria" e al derivato "diacorico", essi ovviamente non sono miei conii, come qualcuno ha già spiegato, essendo anche io incline all'inizio a servirmi di "diatopico". Nell'ambito delle discussioni su questo, sul defunto forum della Crusca e su altri fora linguistici, ho cominciato a servirmi di "diacorico" nell'ambito delle discussioni relative a gruppi di lingue imparentate (lingue indeuropee, neolatine etc.).

Forse sarà una mia idiosincrasia terminologica, ma in linea tendenziale io sono incline a usare nomi astratti indicanti processo o "attitudine a..." (variazione e variabilità) in iuncturae con diatopico. il termine "variante", che indica un caso concreto di variazione, o una manifestazione della variabilità, tendo invece ad associarlo con diacorico.
Tendo cioè a parlare, in senso generico, di variazione o variabilità diatopica delle lingue (attitudine e tendenza delle lingue a variare nello spazio) in opposizione generica a variabilità e variazione diacronica (attitudine e tendenza delle lingue a variare nel tempo); mentre, in senso specifico, mi sento indotto a parlare di varianti diacoriche nel caso in cui si faccia allusione a concreti esempi di allomorfi o alloglossie regionali relativamente ad ambiti semantici, morfosintattici, fonetici comuni in parlate imparentate fra loro. Difficilmente, almeno in linea di principio, userei variazione o variabilità insieme a diacorico, o variante insieme a diatopico, questo in virtù dell'etimologia della parola (per quanto si rinvenga, non solo in italiano, l'uso di "varietà diatopica" di una lingua al posto dell'uso comune di "dialetto").

La fonte dell'uso dell'aggettivo "diacorico", per quanto mi riguarda, è rinvenibile qui:

www.achyra.org/infarinato/files/feft.pdf

In quel contesto, la parola è associata con il ben più diffuso aggettivo "diastratico", e l'uso sembra presupporre un riorientamento terminologico autoconsistente e fondato. I termini "diacorico" e "diastratico" sembrano precisare meglio la semplice e ben nota opposizione "diacronico-diatopico" (che a prima vista mi parrebbe meglio riferibile a stadi e configurazioni di variazioni sistemiche della "langue" astrattamente considerati, nel contesto di una mera analisi tecnica di variazioni e riassestamenti strutturali), mediante un chiaro riferimento alla dimensione concreta della regione come entità geograficamente definita e storicamente stratificata.

Certo, al di fuori del nostro "orticello" e delle aiole ad esso contigue la parola sembra non essere diffusa. Verosimilmente non è un conio di Canepari, ma nasce all'interno di un preciso filone di studi (dialettologici) e sembra introdurre una categoria che permette un miglior inquadramento dei problemi, facendo appunto riferimento con maggior precisione e specificità all'idea di variazione diatopica in relazione a e in funzione di identità regionali geograficamente date nel concreto.

Nella terminologia più vulgata abbiamo di fronte un sistema di opposizioni di questo tipo:

1) generica variazione nel tempo: diacronia-diacronico

2) variazione in e a partire da substrati e supestrati storicamente sovrapposti: diastraticità-diastratico (ed esiste poi "sinstraticità-sintratico" per indicare fenomeni linguistici determinati dall'azione reciproca di livelli e strati linguistici sovrapponentisi in un dato momento in una data società, regione etc.)

3) generica variazione nello spazio: diatopia-diatopico

4) variazione nell'ambito di aree geograficamente identificate: (diatopia-diatopico) -assenza di un termine proprio e specifico, dovendosi ricorrere a un'estensione di significato di 3) che mette in ombra alcuni problemi.

In effetti "diacoria-diacorico" va a precisare meglio il punto 4), relativamente a varianti di forme, lemmi e pronunce in relazione a entità geoetnolinguisticamente definite ... E si potrebbe a questo punto, in analogia con "sinstratico" coniare il termine "sincorico" per riferirsi a interazioni fra realtà linguistiche diverse in una stessa regione... Ma cum venit in mentem quorum consederis arvis, esitiamo a farlo, visto che qualcuno potrebbe quasi gridare allo scandalo -come si permettono degli sconosciuti internettari pseudonimati di tirare fuori dal cilindro animali siffatti :lol: ?

Scherzi e neoconii a parte, come ho già detto (mi scuso della mia ripetitiva perissologia, ma è più forte di me... :lol:), il sistema di termini "diacronico-diatopico, vs. sincronico-**sintopico vs. diacorico- diastratico vs. **sincorico-sinstratico" mi sembra versatile, autoconsistente e fondato, pertanto me ne sono appropriato senza entrare più di tanto nel merito delle precedenti autorevoli attestazioni.
Questa di non chiedere il certificato di nascita a una parola, quando funziona, può apparire (e forse per certi aspetti è) una presa di posizione. Ha i suoi pro e i suoi contro (glottodiversità docet).
Però, una volta che si sono chiariti i termini (:lol:) del problema, e ci si è capiti, penso che non ci sia altro da puntualizzare. Ognuno poi, fatte, ove d'uopo, le dovute elucidazioni sul piano metalinguistico, si regolerà come meglio gli aggrada.
marcri
Interventi: 39
Iscritto in data: ven, 05 nov 2004 22:06

Intervento di marcri »

Immagino che non ce ne sia bisogno, ma vorrei offrire solidarietà all'operato dei moderatori.
Spiace constatare che spazi come questo, o come quello che ci offriva l'Accademia della Crusca, siano violati in tal modo, senza criterio né buon senso; ciascuno di noi ha letto il forum della Crusca e i messaggi ora cancellati, non credo che occorrano ulteriori dimostrazioni.

Sarebbe invece auspicabile che le discussioni procedessero pacate, come nel salotto buono, in allegria ma con serietà.
Come può l'amore per la nostra lingua, dichiaratamente condiviso, generare alfine queste lacerazioni?
amicus_eius
Interventi: 131
Iscritto in data: ven, 10 giu 2005 11:33

Intervento di amicus_eius »

Infatti.

Avevo persino avuto l'impressione, nei primi momenti, che la discussione potesse essere portata su un piano di vero approfondimento dei problemi affrontati. Evidentemente non era così.
amicus_eius
Interventi: 131
Iscritto in data: ven, 10 giu 2005 11:33

Intervento di amicus_eius »

Una piccola puntatina di sguincio sull'argomento che ci interessava, comunque.

Sempre il buon Bubu7 ha scritto:
Mi sembra di capire a questo punto che per traccianti genetici lei stia intendendo la distribuzione del fattore Rh…
Se ho indovinato, l’alta percentuale del fattore Rh negativo presente nella zona basca, caucasica e nordeuropea non è spiegabile necessariamente come indizio di un’irradiamento da una zona determinata ma, in alternativa, come relitto di una distribuzione più ampia. In altre parole, tenuta ferma l’antichità dei baschi, i dati genetici non indicano necessariamente che essi si siano mossi provenendo da un’altra zona. Al contrario, le variazioni percentuali del fattore Rh positivo depongono a favore di una irradiazione in Europa delle popolazioni agricole mediorientali.
Non è automatica inoltre nessuna conclusione migratoria neanche dalle somiglianze (non casuali) del vocabolario basco con quello berbero o di alcune popolazioni caucasiche.
Forse le mie parole hanno dato àdito a un fraintendimento. Ovviamente l'alta percentuale del fattore Rh negativo è indizio di un substrato coperto dall'afflusso delle popolazioni venute da oriente. Quando parlo di due centri di irradiazione o di migrazione, non voglio intendere che fossero contemporanei. La diffusione della popolazione con il fattore Rh negativo è mesolitica; rispetto alla più tarda infiltrazione neolitica essa è ovviamente un substrato. Fra l'altro io ho sempre parlato della popolazione basca come di un relitto di popolazioni più antiche e diffuse prima degli indeuropei e prima del neolitico.

Perfino le loro tradizioni precristiane e la loro mitologia sembrano indicarlo. Attorniati da popolazioni con religioni patriarcali (indeuropee), i Baschi hanno una mitologia in cui le dee madri campeggiano. Il loro mito d'origine per eccellenza parla della grande dea madre Benzozia che si agita nel suo letto sotterraneo, squassa i ghiacci che attanagliavano il mondo al principio della creazione e nell'ambito di questo sommovimento di ghiaccio e vapori sotterranei nasce il popolo basco. Il mito sembra avere come elementi di fondo la dea madre (alla base delle raffigurazioni delle veneri steatopigiche del tardo paleolitico) e il continente europeo stretto nella morsa dei ghiacci, come a indicare che la prima identità culturale delle tribù basche si sia definita al volgere della fase finale dell'ultima glaciazione, in un'area dominata dal già citato "linguaggio della dea".
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Caro amicus_eius, la ringrazio nuovamente della sua gentilezza e della sua pazienza.
Finalmente ho capito tutto a proposito del termine diacorico.
Il termine mi sembra ottimo e servirebbe a riempire, con un termine ben costruito, uno spazio di significato attualmente occupato da diatopico.
Come lei sa, le lingue sono piene di queste imperfezioni, come lo sono gli organismi viventi, e questo, in entrambi i casi, costituisce, secondo me, buona parte del loro fascino.
L'unico ostacolo che mi si continua a frapporre all'uso di questo neologismo è che esso va contro il principale scopo di una lingua: permettere la comunicazione. Se una categoria di specialisti decide per convenzione di adottare un nuovo termine o di attribuire un particolare significato ad un termine preesistente, tutto questo mi trova favorevole, perché è fatto nell'intento dalla maggiore comunicabilità.
Altrimenti, mi sembra che l'esercizio sia controproducente. Meglio, secondo me, usare il termine generico, lasciando al contesto il compito di discriminare l'accezione.
Ovviamente, dopo la sua esauriente spiegazione, possiamo benissimo usare il termine, divenuto completamente trasparente, tra coloro che già lo adottano, ma il mio è un discorso generale.
Naturalmente possiamo diventare dei propagandisti del termine, premettendo ai nostri interventi rivolti a comunità più ampie, una definizione della parola, ma questo, sempre a mio parere, va contro principi di economia.

Non mi convince inoltre, la seguente opposizione:
amicus_eius ha scritto:Nella terminologia più vulgata abbiamo di fronte un sistema di opposizioni di questo tipo:

1) generica variazione nel tempo: diacronia-diacronico

2) variazione in e a partire da substrati e supestrati storicamente sovrapposti: diastraticità-diastratico (ed esiste poi "sinstraticità-sintratico" per indicare fenomeni linguistici determinati dall'azione reciproca di livelli e strati linguistici sovrapponentisi in un dato momento in una data società, regione etc.)...
Se ho capito bene la definizione del Gradit, diastratico, nella vulgata, non dovrebbe essere in opposizione a diacronico.
De Mauro nel Gradit ha scritto:diastratico:...relativo a variazioni linguistiche originate dalla diversità degli strati sociali cui appartengono i parlanti: varietà diastratica ...
Diastratico, dovrebbe indicare la generica variazione tra strati sociali.
Quello che lei indica come sinstratico si dovrebbe indicare volgarmente con diastratico in sincronia, mentre sinstratico credo che significhi, seguendo anche l'etimologia, 'nello stesso strato' e non 'nello stesso momento'.
Quello che lei indica come diastratico si dovrebbe indicare con diastratico in diacronia.

Sollecito, come al solito, la sua critica, per migliorare le mie conoscenze.
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